Martedì 26 gennaio 2016, “Trieste Antifascista-Antirazzista” è scesa in piazza per contestare la rapida visita pre-elettorale del leader della Lega Salvini, uno dei principali seminatori d’odio e paure connesse alla propaganda retrograda e violenta di politiche razziste, xenofobe, omofobe, sessiste e generalmente discriminatorie.
Alle ore 15 – all’iniziare dell’adunata leghista – alcune decine di attivisti si sono dati appuntamento in prossimità della via San Nicolò, armati di pericolose trombette e di un temibile striscione, con l’intento di contestare l’evento e di sostenere il flash-mob inscenato da un piccolo gruppo di teatranti; poco prima, un altro lungo striscione con il messaggio “Salvini is not welcome” era stato srotolato dalle finestre di un esercizio commerciale, nei pressi del ritrovo fascio-leghista.
La pacifica contestazione ha tuttavia dovuto quasi immediatamente fronteggiare il duro attacco da parte dei reparti della celere, schierati in tenuta antisommossa e provenienti da diverse parti d’Italia per tutelare l’odio e il razzismo della piazza del Carroccio. L’attacco è stato ripetuto a tre ondate violente, repressive, gratuite; nello stesso momento, un esponente del SAP (sindacato di polizia tristemente noto per i suoi attacchi alla madre di Federico Aldrovandi) denunciava a Salvini e alla stampa l’assenza di mezzi a disposizione della polizia.
Pochissimo tempo dopo l’inizio della contestazione cominciava la prima carica, che rischiava di spingere i manifestanti sotto le automobili ancora in transito. Nessun contatto, nessuna provocazione fisica, nessun oggetto d’offesa nella disponibilità dei partecipanti, soltanto alcune decine di manifestanti a volto scoperto, privi di caschi o di qualunque altro strumento di difesa: l’uso della violenza da parte della celere è stato evidentemente premeditato con finalità squisitamente politiche. A breve distanza, poi, la seconda carica e infine la terza, la più violenta e folle fra tutte, giunta nel momento in cui si preparava lo spostamento in piazza Borsa. La polizia ha rincorso i manifestanti per più di un centinaio di metri e gli si è scagliata contro rabbiosamente facendoli cadere a terra e rimanere bloccati fra gli arredi dei bar e in mezzo ai motorini parcheggiati, accerchiandoli in tre o quattro alla volta, menando pesanti manganellate volontariamente dirette alle parti del corpo maggiormente esposte e sensibili, come la nuca e i genitali. I video che girano in rete documentano anche questo accanimento gratuito in maniera inequivocabile.
Alla fine dell’aggressione si registrano tra i manifestanti diversi feriti. Dai referti del Pronto Soccorso risultano 5 persone contuse con prognosi rispettivamente di 7 (più altri 7 giorni di riposo per contusioni ad una gamba), 6 e tre persone con 5 giorni ciascuna, di cui due minorenni.
Successivamente la manifestazione si è spostata a pochi metri di distanza, dove numerose persone hanno cominciato a confluire e a riempire piazza della Borsa.
Il presidio di contestazione, previsto per le ore 17, è stato così animato da circa 300 persone che hanno dato vita a contributi politici e momenti di riflessione, in un clima di grande apertura e solidarietà.
Alla partecipazione di tutte le componenti della nostra Assemblea, nata in occasione della manifestazione antifascista goriziana del 23 maggio scorso, si è anche affiancata la presenza di un gruppo di curdi residenti a Trieste, che hanno esposto le bandiere del Pkk e delle Ypg.
Si è trattato di un momento significativo, tanto per la capacità di organizzare una mobilitazione importante in appena 6 giorni quanto per la profondità dimostrata nel rispondere alla rabbia, alla paura e all’odio, fomentati dai leghisti salviniani.
La piazza di martedì è stata infatti in grado di proporre una visione alternativa all’ondata di razzismo e discriminazione fascioleghista e di opporre alla dinamica della “guerra fra poveri” – cavalcata strumentalmente da Lega e non solo – la lotta alle logiche del profitto e dello sfruttamento, l’idea di una società differente, meticcia, per l’affermazione di frammenti di realtà nei quali siano garantite l’uguaglianza, il rispetto della diversità e l’inclusione sociale di tutte e tutti, al di là del genere, della nazionalità o dell’identità sessuale.
Superando la retorica contrapposizione fra “buonisti” e “cattivisti”, il presidio è stato occasione per condensare persone ed esperienze in maniera differente da quella imposta dalle etichette, diffuse dal pensiero dominante (siano esse quelle di “gay”, “immigrato”, “no global”, “antagonista”).
A sera ormai inoltrata, la piazza ha cominciato a svuotarsi, lasciando tutte le antirazziste e gli antirazzisti con la consapevolezza di aver risposto a chi diffonde l’odio e a chi, dalle tastiere di casa, stigmatizza la contestazione in nome di una presunta “libertà di espressione”, difendendo il “diritto” a diffondere disprezzo, ideali di diseguaglianza, discriminazione e di negazione della dignità delle persone.
La violenza, l’aggressione e le molte contusioni riportate dai manifestanti nel corso del primo pomeriggio – con il già annunciato seguito di repressione giudiziaria – non hanno dunque fermato quella parte di città che ancora una volta si dimostra nei fatti aperta, solidale e libera dalla paura.
Trieste Antifascista-Antirazzista
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RISPOSTA ALLE INESATTEZZE E FALSITA’
Alla luce dell’aggressione senza precedenti subita da alcuni militanti di Trieste Antifascista-Antirazzista ad opera degli agenti in divisa, e alla luce delle falsità diffuse dalla questura e dalla destra cittadina, utilizzando alcuni organi di stampa locali, crediamo necessario rispondere alle più gravi bugie diffuse in queste ore:
• “Le prime cariche sono state alleggerimenti per impedire lo sfondamento del cordone di polizia”
FALSO. Nelle immagini diffuse dai media si può notare la totale assenza di caschi, oggetti d’offesa, protezioni o volti coperti – a testimonianza delle intenzioni pacifiche dei manifestanti; l’evidente e massiccia militarizzazione della via non avrebbe inoltre mai permesso velleità di sfondamento a nessuna persona con un minimo di esperienza di piazza. Gli “alleggerimenti”, infine, sono consistiti nello spingere i manifestanti in mezzo alla strada, mentre le automobili continuavano a passare, senza che ci fosse stato alcun tipo di contatto con la celere.
• “La maggiore violenza della terza carica era giustificata dalla necessità di mantenere l’ordine pubblico”
FALSO. La terza carica è arrivata quando i manifestanti stavano preparando il trasferimento in piazza della Borsa: molte botte sono infatti arrivate a nuche o schiene e lo striscione era appena stato arrotolato. I video diffusi dalla stampa mostrano chiaramente la rincorsa dei celerini per l’intera lunghezza della via (più di 100 metri) contro i manifestanti disarmati e l’accanimento verso alcuni compagni inermi, bloccati dai tavolini del bar o rimasti a terra, circondati da tre o quattro aggressori in divisa e raggiunti da innumerevoli manganellate, dirette anche alla testa e ai genitali.
• “La terza carica è partita a causa del tentato lancio di un fumogeno e dell’aggressione a un agente”
FALSO. La carica è partita al tentativo (fallito) del questore vicario di strappare di mano un fumogeno ad un manifestante, senza alcun tipo di aggressione da parte dei nostri. Lo stesso funzionario è stato poi travolto dal violentissimo attacco della celere. Non esiste nella maniera più assoluta alcuna prova del fatto che il suddetto manifestante stesse per lanciare il fumogeno in mezzo alla folla di Salvini né alla polizia. I processi alle intenzioni ci sembrano completamente fuori luogo.
• “I manifestanti erano armati e violenti, ecco perché hanno danneggiato il bar retrostante”
FALSO. Come sopra: la riconoscibilità dei presenti coincide con la totale assenza di armi, fra le file dei manifestanti; la maggioranza degli arredi del bar ribaltati è infatti causata dalla precipitosa ritirata conseguente all’aggressione indiscriminata della celere. Il tentativo di difesa, con mezzi di fortuna quali le aste delle bandiere, ci pare ampiamente giustificato di fronte alle bestie in scudo, casco e manganello, pronte a tutto pur di menare il colpo. Chi non crede alla dinamica dell’aggressione può, ancora una volta, prendere visione dei video ufficiali. In ogni caso anche “Il Piccolo” di oggi scrive nell’articolo che non è stato registrato alcun danno ai locali della zona.
• “I poliziotti, bravi ragazzi, rischiano la propria incolumità in assenza di mezzi adeguati, per tutelare l’ordine pubblico e la libertà di tutti”
FALSO. Aggredire, armi alla mano, manifestanti disarmati non richiede un grosso investimento di mezzi, specie quando ciò avviene sotto l’ala protettiva dei media e nella sicurezza della perenne impunità. Che dichiarazioni del genere siano diffuse dal sindacato conosciuto per le offese alla madre di Aldrovandi, è fatto ancora più grave.