1° Maggio a Trieste/ Foto e report

davanti1 Nonostante la fitta pioggia che ha influito negativamente sul corteo (che ha contato su circa millecinquecento partecipanti complessivi), buona è stata la partecipazione allo spezzone indetto dal Coordinamento Libertario Regionale in solidarietà alla lotta in kurdistan: “Solidarietà senza confini alla resistenza curda” era scritto in italiano e in sloveno sui due striscioni di apertura. Almeno 150 persone hanno partecipato al nostro settore di corteo che, come ormai accade da alcuni anni, è sempre il più colorato e animato: slogan, tamburi e interventi al microfono hanno scandito tutte fasi del corteo. 

 

Tantissime come sempre le bandiere: rossonere, della FAI e dell’USI-AIT, curde, notav, nomuos…

Durante tutto il percorso è stato diffuso il volantone bilingue preparato per l’occasione (vedi in fondo all’articolo) e ovviamente il nuovo numero di Germinal. Erano presenti compagni e compagne da tutta la regione ma anche dalla slovenia e ovviamente i compagni curdi triestini. Ma oltre a noi, come sempre accade in questa occasione, il nostro spezzone è diventato la “casa” di tante individualità e situazioni non facenti parte del nostro movimento come in questo caso un gruppo di rifugiati del gambia che protestavano contro le violenze del dittatore del loro paese. Arrivati alla fine del corteo in piazza unità anche quest’anno si è scelto di marcare la nostra autonomia dai sindacati confederali proseguendo fino a piazza della borsa, dove vi sono stati gli ultimi interventi al microfono anche per ricordare le origini storiche del primo maggio. A quel punto a concludere degnamente la giornata ci ha pensato il coro sociale “Voci arcutinate”, che dopo aver già cantato durante il corteo, si è esibito in numerosi canti che hanno coinvolto molti dei presenti. Generale la soddisfazione dei presenti per l’iniziativa che è riuscita nonostante il maltempo. La giornata di oggi è un ulteriore tappa del percorso di mobilitazione e solidarietà alla lotta curda per il confederalismo democratico che da oltre un anno e mezzo vede impegnato attivamente il movimento anarchico regionale.

Info-action reporter

Rassegna stampa: Il PiccoloTrieste Prima

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Testo del volantone diffuso:

Solidarietà senza confini

Con la resistenza curda

In Siria le grandi potenze stanno giocando una partita cruciale per il controllo politico ed economico del Medio Oriente. Una partita che ogni giorno provoca numerosi morti tra la popolazione, mentre migliaia di persone sono costrette a lasciare le proprie case, di cui non resta nemmeno una pietra.

In questo quadro di guerra e terrore che dura dal 2011, c’è un baluardo di resistenza in cui sta accadendo qualcosa di impensabile: una rivoluzione sociale che sta mettendo in crisi gli equilibri dei vari stati in lotta fra loro per la supremazia del territorio e allo stesso tempo sta dimostrando con la pratica che una società diversa è possibile e realizzabile.

In Rojava, in territorio siriano ai confini con la Turchia, una comunità di donne e uomini liberi, in gran parte curdi ma anche arabi, assiri, caldei, turcomanni, armeni e ceceni, stanno ponendo le basi per una società basata sui principi di autogoverno, femminismo, ecologia sociale, economia orizzontale. A questo modello sociale hanno il nome di confederalismo democratico.

Per difendere queste forme di sperimentazione sociale e di autogoverno territoriale le forze di autodifesa popolari della Rojava (YPG/YPJ) hanno dovuto combattere le truppe di Al-Nusra e dello Stato Islamico (Daesh o Isis), hanno dovuto scontrarsi con le truppe siriane fedeli ad Assad e, contemporaneamente, difendersi dagli attacchi quotidiani dell’esercito turco, che sostiene con armi e rifornimenti l’Isis. Stati Uniti e Russia, che intervengono direttamente nella regione, cercano invece di conquistarsi, anche sulla pelle delle popolazioni della Rojava, posizioni favorevoli di influenza per l’accesso alle risorse e la futura gestione politica della pacificazione; inoltre vi sono potenze regionali, come l’Arabia Saudita e l’Iran, che su fronti opposti sono coinvolte nelle strategie di dominio. Infine l’Unione Europea continua a fare affari con i paesi coinvolti direttamente o indirettamente nel conflitto siriano: Turchia (di cui l’Italia è uno dei principali partner, in particolare nel commercio di armi), Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti ed Egitto. Inoltre ha stretto un accordo da sei miliardi di euro con il governo turco finalizzato al respingimento dei profughi, garantendo così un cospicuo gettito a Erdogan.

In particolare nel Bakûr – il Kurdistan settentrionale in territorio turco – si è scatenata la repressione dello stato e del suo apparato militare. Coprifuoco, rastrellamenti, bombardamenti, omicidi, arresti e torture, carri armati nelle strade e assedio di quartieri e villaggi insorti. Le vittime tra la popolazione civile, i militanti politici e gli attivisti sindacali sono state migliaia solo negli ultimi mesi.

Quanto avviene in Rojava – il Kurdistan occidentale in territorio siriano – ci mostra invece un’esperienza alternativa e rivoluzionaria. Sotto la spinta del movimento rivoluzionario curdo la popolazione sta sperimentando nuove forme di organizzazione politica e sociale.

Per questo siamo a fianco della resistenza curda in Turchia e in Rojava: perché siamo con tutti coloro che hanno deciso di mobilitarsi in prima persona contro il dominio e la guerra e allo stesso tempo cercano di costruire una società diversa, basata sul confronto e non sulla sopraffazione, sulla solidarietà e non sul dominio, sulla ricchezza nelle differenze culturali e non sull’odio per chi è diverso.

Sosteniamo la lotta per la libertà del popolo curdo.

Lottiamo contro la guerra e il militarismo, contro tutti gli Stati e tutti i padroni.

 

Brezmejna solidarnost‭
s kurdskim odporom

V Siriji velesile igrajo ključno igro za politični in ekonomski nadzor Bližnjega vzhoda.‭ ‬Igro,‭ ‬ki dnevno povzroča‭ ‬mrtve,‭ ‬na tisoče pa jih je prisiljenih zapuščati‭ ‬svoje porušene domove.

V tem okviru vojnega stanja in terorja,‭ ‬ki traja od leta‭ ‬2011‭ ‬pa obstaja‭ ‬branik odpora,‭ ‬ki si ga‭ ‬v tem kontekstu‭ ‬stežka‭ ‬predstavljamo:‭ ‬družbena revolucija,‭ ‬ki postavlja v krizni položaj ravnovesje med različnimi državami v boju za prevlado in obenem‭ ‬v dnevni praksi dokazuje,‭ ‬da je možno vzpostaviti drugačno družbo.
V Rojavi,‭ ‬na‭ ‬ozemlju Sirije na meji s Turčijo,‭ ‬skupnost svobodnih žensk in moških,‭ ‬povečini Kurdov a tudi Arabcev,‭ ‬Kaldejcev,‭ ‬Tagalošev‭ ‬,‭ ‬Armencev in‭ ‬Čečenov polagajo temelje družbe osnovane na principih‭ ‬ozemeljskega‭ ‬samoupravljanja,‭ ‬feminizma,‭ ‬socialne ekologije in horizontalne ekonomije.‭ ‬Ta družbeni model so poimenovali demokratični konfederalizem.‭

Da bi obranili naštete oblike družbene eksperimentacije in‭ ‬ozemeljsko samoupravljanje,‭ ‬so se morale samoorganizirane ljudske moči iz Rojave‭ (‬YPG/YPJ‭) ‬boriti proti‭ ‬vojakom Al-Nusra in Islamske države‭ (‬Deash oz.‭ ‬Isis‭)‬,‭ ‬spopasti z vojsko zvesto Assadu in vsakodnevno braniti pred napadi turške vojske,‭ ‬ki‭ ‬obenem materialno podpira Isis.‭ ‬ZDA in Rusija,‭ ‬ki ravno tako neposredno intervenirajo v regijo in si s tem skušajo zagotoviti ugodne strateške položaje za dostop do resursov in bodočega političnega procesa pacifikacije,‭ ‬to počno na račun ljudi iz Rojave‭; ‬ravno tako ne smemo zanemariti regionalne politične velesile,‭ ‬na primer Saudske Arabije in Irana,‭ ‬ki so sicer na nasprotnih bregovih vpletene v strategije nadvlade.‭ ‬Nenazadnje Evropska unija še naprej sklepa posle z državami ki so posredno ali neposredno vpletene v konflikt v Siriji:‭ ‬s Turčijo‭ (‬Italija je‭ ‬ena od‭ ‬ključnih‭ ‬partnerjev v trgovini z orožjem‭)‬,‭ ‬Saudsko Arabijo,‭ ‬Arabskimi emirati in Egiptom.‭ ‬Povrh vsega je EU sklenila dogovor s Turčijo vrednim‭ ‬6‭ ‬milijard evrov,‭ ‬ki so namenjeni prisilnemu vračanju beguncev,‭ ‬in s tem zagotovila znaten prihodek Erdoganu.

Državna represija s svojim vojaškim aparatom se je sprožila‭ ‬z vso močjo predvsem v Bakûrju‭ ‬-‭ ‬severni Kurdistan,‭ ‬na ozemlju Turčije.‭ ‬Policijske ure,‭ ‬racije,‭ ‬bombni napadi,‭ ‬umori,‭ ‬aretacije in mučenje,‭ ‬tanki na ulicah‭ ‬ter obleganje uporniških sosesk in vasi.‭ ‬Žrtve med civilisti,‭ ‬političnimi in sindikalnimi aktivisti štejejo na tisoče zgolj v zadnjih nekaj mesecih.

To kar se dogaja v Rojavi‭ ‬-‭ ‬vzhodni‭ ‬Kurdistan,‭ ‬na ozemlju‭ ‬Sirije‭ ‬-‭ ‬pa nam govori o alternativni in revolucionarni izkušnji.‭ ‬S podporo revolucionarnega kurdskega gibanja,‭ ‬tam živeči preizkušajo nove oblike političnega in družbenega organiziranja.‭
Zato podpiramo kurdski odpor v Turčiji in Rojavi:‭ ‬ker stojimo ob strani z vsemi,‭ ‬ki so se osebno mobilizirali zoper nadvlado in vojno a istočasno gradijo temelje drugačne družbe,‭ ‬družbe ki temelji na konfrontaciji in ne‭ ‬na‭ ‬zatiranju,‭ ‬na solidarnosti‭ ‬in‭ ‬ne na nadvladi,‭ ‬na bogatosti kulturne raznoličnosti in ne na mržnji do drugačnih.

Podprimo kurdski osvobodilni boj.
Uprimo se zoper vojno in militarizacijo,‭ ‬proti vsem Državam in vsem gospodarjem.

Gruppo Anarchico Germinal‭ ‬– germinalts.noblogs.org‭
v.del bosco‭ ‬52/a vsak‭ ‬četrtek med‭ ‬18‭ ‬in‭ ‬20
Unione Sindacale Italiana Usi-Ait di Trieste e Gorizia‭ ‬– www.usi-ait.org
v.cunicoli‭ ‬11‭ ‬vsak ponedeljek med‭ ‬18‭ ‬in‭ ‬20
Assemblea Libertaria

1.‭ ‬maj nastane leta‭ ‬1885‭ ‬kot dan mednarodne borbe za dosego‭ ‬8‭ ‬urnega delavnika.‭ ‬ S tem ciljem migrantski delavci v ZDA‭ ‬za nedoločen čas‭ ‬razglasijo splošno stavko.

Policija je streljala na protestnike in jih mnogo ubila.‭ ‬A delavski boj se ni umiril in represivni organi so‭ ‬obsodili na smrt najbolj prepričane delavce.‭ ‬Tako so na koncu leta‭ ‬1887‭ ‬obesili‭ ‬4‭ ‬anarhiste.‭

V kolektivni memoriji svetovnega proletariata bodo postali prepoznani kot‭ «‬Čikaški mučeniki‭»‬.‭ ‬Od‭ ‬1889‭ ‬leta se‭ ‬splošna stavka z revolucionarnimi cilji‭ ‬razširi‭ ‬po vseh kontinentih.‭ ‬Za‭ ‬vedno se vtisnejo besede anarhista Fischerja,‭ ‬izrečene pred sodniki:‭ «‬Če me morate obesiti za voljo moje ljubezni do svobode in človečnosti,‭ ‬mirno razpolagajte z mojim življenjem‭!»‬

TUDI‭ ‬S SPOMINOM NA SOBORCE,‭ ‬KI‭ ‬STA JIH UBILA‭ ‬KAPITALIZEM IN DRŽAVA,‭ ‬POSVEČAMO‭ ‬TA PRVI MAJ KURDSKIM TOVARIŠEM.

 

Dal piccolo del 03/05/16
«Un’economia globale, cioè senza barriere, non deve diventare un’economia senza regole, senza attenzione all’occupazione e alla disoccupazione, senza sollecitudine per i disagi delle persone e delle famiglie». Lo ha affermato l’arcivescovo di Trieste, Giampaolo Crepaldi, nell’omelia della messa per il Primo Maggio. «Il popolo è troppo spesso tradito nelle sue legittime aspettative», ha detto Crepaldi, riferendosi «al popolo dei risparmiatori bistrattato da assetti bancari imprudenti e voraci che ha visto andare in fumo i risparmi di una vita, costretto ancora una volta a pagare il prezzo di irresponsabili gestioni che restano sempre a galla, profumatamente pagate». L’arcivescovo ha quindi fatto riferimento ai «lavoratori alle prese con le dure logiche capitalistiche del profitto per il profitto e in dinamiche globali incomprensibili», citando ad esempio «il caso tutto triestino della Wärtsilä che vive un momento serio di difficoltà» ed esprimendo «solidarietà e sostegno ai lavoratori e ai dirigenti». In tal senso Crepaldi ha rimarcato l’esigenza di «far prevalere sulle logiche degli interessi corporativi la logica della solidarietà, che è la base della vita associata».di Francesco Cardella Una stella rossa, emblema dell’ex Jugoslavia, collocata sulla fontana alla sommità della Scala dei Giganti. All’indomani delle celebrazioni del Primo maggio Trieste si è ritrovata a fare i conti con i simboli del regime di Tito. Non è una novità ma stavolta il manufatto spuntato dal nulla aveva tratti decisamente originali: la stella rossa, in legno compensato, era di proporzioni ragguardevoli e non passava inosservata vista la posizione scelta. Proprio sopra piazza Goldoni. L’esposizione è durata poche ore. Giusto il tempo di scatenare la “controffensiva” di alcuni cittadini e di alcuni politici. Sul posto, oltre ai rappresentanti della Digos, sono infatti intervenuti sia Fabio Tuiach, l’ex campione italiano di pugilato dei pesi massimi ora candidato alle comunali con la Lega, sia il forzista Gabriele Cinquepalmi. I due hanno dato vita a un’inedita alleanza provvedendo alla rimozione della “stellona rossa”. «Ho deciso immediatamente di voler togliere quella vergogna e, fortunatamente, non ero solo. Tante persone erano indignate e sono accorse subito» ha raccontato Tuiach. E ha aggiunto: «C’era anche Cinquepalmi con cui ho materialmente rimosso quella provocazione. La stella era piuttosto grossa e anche fatta bene se vogliamo. Ho pensato anzi di portarmela a casa, tingerla di giallo e usarla il prossimo Natale» ha ironizzato l’ex pugile. Non ci sono state rivendicazioni. E nemmeno denunce. Critiche, quelle, non sono mancate. In prima fila Claudio Giacomelli di Fratelli d’Italie e Roberto Dubs di Forza Italia. La Questura di Trieste ha circoscritto l’accaduto come una coda della manifestazione del Primo maggio e dei suoi tradizionali colori e simboli. La festa del lavoro, anche quest’anno, ha ospitato all’interno del corteo cittadino varie bandiere corredate dalle stelle rosse. Un giovane, nel corso della manifestazione, ha manifestato il suo dissenso nazionalista. Ma l’intervento delle forze dell’ordine ha placato sul nascere la schermaglia verbale durata pochi minuti e priva di ogni accenno di scontro fisico. Il corteo del Primo maggio di quest’anno ha visto la presenza di poco più di un migliaio di partecipanti, numero inferiore rispetto a quello dello scorso anno. A influire almeno in parte è stato il meteo quasi autunnale, con una pioggia lieve ma insistente che ha accompagnato l’intero percorso, quello classico da Piazza San Giacomo a Piazza Garibaldi, da Piazza Barriera alle Rive, sino all’approdo in Piazza Unità dove i manifestanti armati di ombrelli, e ormai ridotti a poche centinaia, hanno assistito agli interventi sul palco degli esponenti sindacali. Lavoro, produttività, pensioni e rilancio, ma non solo. Uno dei temi portanti della manifestazione del Primo maggio a Trieste, come altrove, è stato il forte ricordo di Giulio Regeni, il giovane ricercatore rapito in Egitto e trovato ucciso lo scorso 2 febbraio. Una vicenda rievocata nel corso della manifestazione non solo dallo striscione targato Amnesty International ma anche dall’appello lanciato dal palco di Piazza Unità dove, oltre al grido di dolore, si è sollecitato un concreto impegno rivolto alla ricerca della verità e della giustizia. Non sono mancati nel corso della manifestazione riferimenti ai conflitti internazionali in corso. In particolare gli echi provenienti dal Barkur, zona del Kurdistan settentrionale all’interno del territorio turco, e quelli dal Rojava, area siriana ai confini con la Turchia, entrambi teatri della resistenza del popolo curdo. Il cuore dell’evento, il lavoro, è stato al centro degli interventi sul palco dei rappresentanti di Cgil, Cisl e Uil. Il sindacalista Antonio Rodà ha sottolineato come Trieste, e il suo rilancio, non possono che passare attraverso la valorizzazione del Porto, il recupero e il riuso del Porto Vecchio e la tutela di realtà industriali come la Wärtsilä.Â