Né con l’Ucraina Né con la Russia

 


Contro tutti i fascismi, contro tutti gli Stati, per la Rivoluzione Sociale

 

Solidarizziamo con tutte le iniziative antifasciste e contro la guerra, ma vogliamo essere chiari e dire che schierarsi contro il governo fascista di Kiev non vuol dire essere costretti ad appoggiare i filorussi e Putin

Purtroppo il principio dell’autodeterminazione politica di tutti i popoli si trova sempre di più intrecciato con follie nazionaliste, religiose e strategie imperialiste di vario genere, fino ad essere completamente snaturato.

La lotta di classe di tutti gli sfruttati di qualsiasi etnia, nazione, lingua, cultura e genere è certamente il riferimento basilare per discernere fra le scelte giuste e quelle sbagliate, ma è necessario anticipare le strumentalizzazioni integraliste, nazionaliste, borghesi e imperialiste attraverso il riconoscimento dell’autonomia decisionale basata  sull’autogestione, il federalismo e la solidarietà di classe.

Un esempio di un’approccio avanzato delle lotte di liberazione nazionale ed emancipazione sociale è quella del popolo Kurdo che attraverso il comunalismo di ispirazione bookchiniana sta indicando nuove strade da seguire.

Infoaction Udine
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l’evento fb del presidio di Udine di sabato 18 ottobre
https://www.facebook.com/events/302809066592051/

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da anarkismo
http://www.anarkismo.net/article/27010

 

da Inform-azione

Guerra – Né con l’Ucraina, né con la Russia

Riceviamo e diffondiamo la versione italiana di un testo pubblicato su Tridni Valka. Segue un estratto dall’introduzione dei compagni che ne hanno curato la traduzione:

Diserzioni di massa, proteste contro l’invio delle truppe al fronte, manifestazioni contro la guerra e contro il peggiorare delle condizioni di vita, scioperi di minatori difesi anche con le armi. Gli episodi raccontati nel testo che segue appartengono a un conflitto che non è certo nato qualche mese fa in Ucraina, ma accompagna praticamente da sempre la storia dell’umanità,
intrecciandosi, o meglio, tentando di resistere e opporsi alle guerre che di volta in volta contrappongono gli Stati ma anche potenze dai tratti meno formali. La lotta di classe. Di questo conflitto, di questa resistenza proletaria alla guerra non vi è alcuna traccia nella mole di informazioni sulla vicenda ucraina che da mesi ci sommerge. E non è certo un caso. Per questo,
nonostante non ne condividiamo completamente l’analisi di fondo, abbiamo deciso di tradurre e presentarvi questo testo, pubblicato sul blog di un gruppo di compagni cechi chiamato “Tridni Valka”, Guerra di Classe.

Né con l’Ucraina, né con la Russia [.pdf]

Dom, 31/08/2014 – 21:51

Diserzioni di massa, proteste contro l’invio delle truppe al fronte,

manifestazioni contro la guerra e contro il peggiorare delle condizioni di vita,

scioperi di minatori difesi anche con le armi. Gli episodi raccontati nel testo

che segue appartengono a un conflitto che non è certo nato qualche mese fa in

Ucraina, ma accompagna praticamente da sempre la storia dell’umanità,

intrecciandosi, o meglio, tentando di resistere e opporsi alle guerre che di

volta in volta contrappongono gli Stati ma anche potenze dai tratti meno

formali. La lotta di classe. Di questo conflitto, di questa resistenza proletaria

alla guerra non vi è alcuna traccia nella mole di informazioni sulla vicenda

ucraina che da mesi ci sommerge. E non è certo un caso. Per questo,

nonostante non ne condividiamo completamente l’analisi di fondo, abbiamo

deciso di tradurre e presentarvi questo testo, pubblicato sul blog di un gruppo

di compagni cechi chiamato “Tridni Valka”, Guerra di Classe.

Perché le uniche chiavi di lettura di quanto sta accadendo tra Kiev e

Donetsk, proposte tanto dai giornali mainstream quanto da una certa sinistra

militante, nascondono l’invito, più o meno esplicito, a prendere le parti di uno

dei due contendenti, l’esercito governativo filo-occidentale o quello

separatista filo-russo.

Dovremmo farlo in nome del diritto di uno Stato a non subire ingerenze

esterne, oppure del diritto di un popolo all’autodeterminazione, ammantato

per di più in questo caso da nostalgie tardosovietiche o presunte priorità

antifasciste. Oppure, molto più modestamente, dovremmo farlo in nome di un

male minore, la cui entità viene però troppo spesso valutata attraverso sfocate

lenti ideologiche piuttosto che sulla base delle reali condizioni di vita di chi

poi si trova a soffrire questo male.

Schiacciati dalle truppe governative e separatiste, e dai loro alleati, i

proletari ucraini stanno cercando di resistere e difendersi come possono.

Questa resistenza è lo schieramento, composito e contraddittorio, che

dobbiamo sostenere. Darle voce è certamente importante e ci auguriamo

quindi che altri testi, simili a questo, possano aiutarci a comprendere meglio

quanto sta accadendo in Ucraina. Come poi sostenerla praticamente è un

problema certamente non da poco che richiederebbe, e meriterebbe, uno

sforzo di cui per ora non ci sembra ci sia alcuna traccia. Ma non è possibile

farlo, lo ripetiamo, se non a partire dalla semplice scelta di campo “Nè con

l’Ucraina né con la Russia”.

 

 

Né con l’Ucraina né con la Russia!

Ampliamo il nostro fronte, quella della rivoluzione sociale.*

Quando, mesi fa, abbiamo scritto sul nostro testo, “Preparativi per la guerra tra Ucraina e

Russia – show o realtà?”1, che le condizioni per una nuova guerra stavano maturando in Ucraina,

molti compagni hanno espresso dei dubbi o anche un aperto disaccordo con un’affermazione così

categorica. Ora possiamo dire che il conflitto in Ucraina è chiaramente passato dalla fase

“fredda” a quella “calda” e che ciò a cui assistiamo in questo momento nell’est del paese è una

guerra vera e propria. Da Lugansk, lungo il confine con la Russia, a Mariupol, sul Mar Nero, due

schieramenti militari si affrontano quotidianamente nel tentativo di estendere il proprio controllo

sul territorio; combattono su terra come in aria, nelle campagne come nelle zone industrializzate;

l’artiglieria bombarda i villaggi, l’aviazione bombarda le città (con il pretesto che i loro nemici

utilizzano gli abitanti come scudi umani), uomini, donne e bambini muoiono sotto le bombe e i

missili… In quattro mesi di conflitto più di 2 mila tra civili e militari sono stati uccisi e altri 6 mila

feriti; 117 mila proletari sono stati costretti ad abbandonare la propria città e sono restati

all’interno dei confini ucraini, mentre altri 730 mila hanno trovato rifugio in Russia. Proprio

mentre stiamo scrivendo questo articolo, altri cadaveri coprono le strade di Donetsk, presa dalla

stretta mortale delle truppe governative.

Nella stesso testo abbiamo anche scritto come l’unica risposta che il proletariato può dare alla

guerra è quella di organizzarsi e sviluppare il disfattismo rivoluzionario, rifiutare cioè

concretamente di andare a combattere per l’una o per l’altra fazione, impegnandosi piuttosto a

costruire una rete di relazioni tra proletari di entrambi gli schieramenti attraverso la lotta contro le

due borghesie. Così come il conflitto si è sviluppato negli ultimi mesi, anche il nostro articolo (che

risale ormai a tre mesi fa) merita un post scriptum

 

Il testo che segue è basato su informazioni prese da diverse fonti, che citiamo in chiusura

dell’articolo, che vanno dai blog militanti ai media ufficiali. Questa breve descrizione di alcuni

avvenimenti verificatisi in Ucraina ha richiesto molte ore di attento lavoro: raccogliere

informazioni, leggere testi, guardare video, comparare dati differenti etc. Ci teniamo a sottolineare

soprattutto due cose: in primis, il fatto che gli eventi da noi descritti non siano stati riportati dalla

BBC o da Euronews non vuol dire che questi non siano mai accaduti, o che noi ce li siamo inventati

(alcune fonti “di sinistra” e, a volte, anche alcuni media ufficiali russi e ucraini hanno riportato

questi fatti). In secondo luogo, è chiaro che le notizie che abbiamo dell’Ucraina sono caotiche,

incomplete e a volte contraddittorie. Questo però non significa che noi dovremmo rinunciare al

tentativo di capire cosa stia accadendo in quel paese. Crediamo che bisogna opporre all’attenta

selezione delle informazioni compiuta dallo Stato, il punto di vista, critico e radicale, del

movimento anticapitalista; bisogna condividere informazioni e sviluppare analisi che ci consentano

di comprendere quanto sta avvenendo attraverso il prisma di una prospettiva rivoluzionaria.

***

 

L’ideologia bellica (tanto quella basata sulla difesa dell’unità dello stato nazionale, quanto quella

che invoca invece il diritto all’auto-determinazione dei simpatizzanti filo-russi) si sta radicando in

Ucraina, le organizzazioni della società civile organizzano raccolte fondi per sostenere l’esercito, i

pope benedicono le armi di una o dell’altra fazione, e la televisione trasmette spesso immagini di

vecchie signore che offrono a soldati armati il loro ultimo barattolo di marmellata. Tuttavia, non

tutti i proletari accettano di subire il lavaggio del cervello organizzato dalla propaganda bellica

dell’uno o dell’altro schieramento, non tutti sono disposti a sacrificarsi per la “loro patria”.

Manifestazioni concrete di rifiuto del massacro bellico sono sempre più frequenti e entrambi i

contendenti hanno sempre maggior difficoltà a reclutare altri uomini disponibili a partecipare a

questa carneficina.

Migliaia di soldati dell’esercito ucraino, che il governo ha inviato nell’est del paese per la

cosiddetta Operazione Antiterrorismo (ATO), hanno disertato o sono passati nelle file separatiste

con tutto il loro equipaggiamento, inclusi carri armati e mezzi corazzati. Ad esempio, la 25esima

brigata aviotrasportata dell’esercito ucraino (troupe d’élite per eccellenza), i cui uomini sono

accusati di aver avuto un comportamento vile durante i combattimenti a Kramatorsk, verrà sciolta

da una circolare presidenziale il 17 aprile dopo aver comunicato il suo rifiuto di «combattere contro

altri ucraini»2. Il caso più recente è quello di un’unità di 400 uomini che hanno disertato e si sono

rifugiati in Russia dopo essere rimasti, durante un scontro, senza munizioni. Questi soldati che

saranno, come è già stato annunciato dai portavoci russi, estradati in Ucraina, hanno dichiarato che

preferiscono essere accusati di diserzione piuttosto che continuare a uccidere e essere uccisi sul

fronte orientale. Tutti questi disertori sostengono che non vogliono combattere contro “il loro stesso

popolo” e spesso denunciano anche le disperate condizioni di vita cui hanno dovuto far fronte

nell’esercito – paga misera, cibo scadente e spesso insufficiente a sfamare una persona, etc. Altre

unità non sono nemmeno state schierate a est a causa della loro inaffidabilità. Come l’ex-presidente

Yanukovych non poté usare alcune unità per reprimere i manifestanti, così l’attuale governo non osa

inviare al fronte alcune truppe di cui è nota la scarsa lealtà.

Il 29 maggio, circa mille soldati appartenenti alle unità della regione di Volynia si sono

ammutinate a Mykolaiv. Gli uomini in servizio al 3° battaglione della 51esima brigata si sono

rifiutati di tornare al fronte, hanno disobbedito agli ordini dei superiori e hanno cominciato a

scaricare l’artiglieria pesante e altro materiale che era già pronto per il trasporto. A loro era stato

promesso, dopo che la loro unità aveva subito gravi perdite in uno scontro con i separatisti nei

pressi di Volnovakha, che sarebbero ritornati nella caserma di Rivno. Sono stati invece spostati da

est verso sud, riportati poi nuovamente al punto di partenza e informati infine dalle autorità che

avrebbero continuato il loro addestramento per poi essere rimandati di nuovo al fronte. «Avendo

perso ogni fiducia nei loro generali alla luce degli ultimi avvenimenti di Volnovakha, per i funerali a

Rivno ed anche per il tradimento dei loro generali, i soldati hanno cominciato a ribellarsi

apertamente»3.

Anche il 2° battaglione della 51esima brigata, che nel frattempo era di stanza nella caserma di

Rivno e che ha partecipato ai funerali dei soldati del 3° battaglione uccisi durante il combattimento

di Volnovakha, accortosi di quanto fosse caotica e menzognera la direzione delle operazioni, si è

ammutinato. «I generali ci dicevano “andate a nord” e poi “andate a sud”, creando nei soldati una

esasperazione tale da renderli disposti a sparargli. I generali hanno infatti cominciato a indossare

giubbotti antiproiettili per paura del “fragging”[termine che indica l’uccisione di ufficiali

impopolari da parte delle proprie truppe N.d.t.]»4. I circa milleduecento militari, che hanno preso

parte a questo ammutinamento, si sono rifiutati di essere trasferiti a Mykolaiv. «Ci promisero,

quando fummo chiamati alle armi, che saremmo andati a pattugliare la frontiera tra Ucraina e

Bielorussia. Siamo pronti a farlo, ma non a combattere contro questi pagliacci del Donbass!».5

Episodi di ribellione simili sono scoppiati anche il 28 maggio a Poltava.

Quattro giorni prima, dopo che sei soldati originari della regione di Volynia erano stati uccisi, le

madri, le mogli e i parenti dei soldati della 51esima brigata hanno bloccato delle strade nella

regione di Volynia per protestare contro la decisione di mantenere le truppe nel Donbass.6

Dimostrazioni e proteste organizzate da mogli e altri parenti dei soldati, che avevano come scopo

quello di fare ritornare i coscritti a casa o di provare a non farli partire per il fronte, si sono diffuse

nel frattempo in molte altre regioni dell’Ucraina (Bukovina, Leopoli, Cherson, Melitopol, Volynia

etc.).

A inizio giugno, nella regione di Leopoli, alcune famiglie di soldati hanno bloccato la strada con

dei grossi tronchi di alberi.7 E sempre a Leopoli, qualche giorno dopo, un corteo di familiari ha

bloccato l’ingresso dell’ufficio di arruolamento dell’esercito.8 A Iavorivo, sempre nella stessa

regione, un gruppo di genitori ha occupato un terreno dove si stava esercitando la 24esima brigata

meccanizzata, rivendicando il blocco delle partenze per il fronte.9 Manifestazioni di parenti a

Dnepropetrovsk e a Charkiv hanno rivendicato il ritorno dei soldati nelle caserme dei loro paesi

d’origine.10 Un gruppo di donne, proveniente da Charkiv, ha occupato l’aeroporto militare locale.

L’ufficio d’arruolamento dell’esercito di Cherson è stato occupato da madri e mogli dei soldati che

chiedevano la fine della guerra con slogan come: «Donne contro la guerra», «Dove prestano

servizio i figli degli oligarchi?», «I nostri ragazzi non sono carne da cannone».11 A Černivci, un

gruppo di donne ha bloccato l’autostrada per Zytomyr per alcuni giorni per richiedere il ritorno a

casa dei soldati.12 Il 24 giugno, alcuni familiari di militari hanno eretto una barricata al 125esimo

chilometro dell’autostrada Kiev-Chop, esponendo cartelli che recitavano: «Vogliamo i nostri figli a

casa, al fronte ci vadano i figli dei generali».13 L’8 giugno, un gruppo composto da un centinaio di

familiari ha bloccato le truppe della 3033esima unità militare stanziata a Melitopol, nella regione di

Zaporižžja. La protesta è riuscita ad impedire che i soldati fossero inviati al fronte. I familiari

coinvolti in queste iniziative hanno protestato contro la propaganda statale che li ha descritti come

“separatisti filo-russi”: «Ieri i media hanno detto che “separatisti filo-russi” hanno bloccato un unità

militare. Ma nessuno di noi parlava di Russia davanti alla caserma dei soldati! Noi non vogliamo

perdere i nostri figli che per noi sono l’unico sostegno che abbiamo. (…) Donetsk è un massacro, e i

nostri ragazzi hanno 20-21 anni. Guardateci, noi siamo madri! Come fate a chiamarci separatiste!»,

diceva una delle partecipanti del blocco.14 Il 15 luglio, alcune madri e mogli di soldati hanno

protestato contro l’invio al fronte dei loro cari anche davanti alla base militare di Ternopil.15

E questa non è certo la prima volta che le famiglie dei soldati si contrappongono a un’operazione

militare. Durante il periodo terminato con la caduta del presidente Yanukovych [gennaio-febraio

2014 N.d.t.], i genitori di alcuni soldati e altre persone hanno organizzato delle assemblee davanti

alle caserme, hanno discusso con i soldati per informarli di ciò che stava realmente accadendo per le

strade di Kiev e per persuaderli di non partecipare a eventuali azioni repressive contro i dimostranti

di Maidan.

Nel frattempo, altri uomini continuano ad essere arruolati nell’esercito. Anche se i soldati devono

essere arruolati tramite la cartolina di leva obbligatoria, il governo li presenta come dei volontari.

«Noi non siamo volontari (…) noi non vogliamo uccidere delle persone (…) non vogliamo andare

da nessuna parte, ci toglieremo le nostre divise e ce ne torneremo a casa», hanno dichiarato alcune

reclute durante un raduno di protesta a Leopoli.16

Il 24 luglio, dopo l’entrata in vigore del decreto presidenziale di Poroshenko che ha dato il via alla

terza ondata di coscrizione nell’esercito, la cui conseguenza immediata è stata l’invio di alcune

migliaia di proletari al fronte, disordini particolarmente intensi sono scoppiati in molte città

dell’ovest dell’Ucraina: nella cittadina di Voloka, l’intera popolazione ha resistito all’arruolamento di

50 persone. Un anziano contestatore dichiara: «Questo casino l’hanno cominciato loro, che ora se lo

risolvano da soli. Noi moriremo ma non gli lasceremo i nostri figli. Devono capirlo e non venire qui

con le loro liste».17 Il 25 luglio alcuni familiari di soldati hanno bloccato una strada nei pressi del

villaggio di Korovia esigendo la fine della coscrizione e l’immediato invio al fronte dei figli delle

autorità ucraine.18 Lo stesso giorno, anche una strada nel distretto di Obukhivs’kvi, vicino a Kiev, è

stata bloccata dalle famiglie dei militari. I blocchi sono continuati anche il 28 luglio in almeno sette

paesi della regione di Bukovina e anche sull’autostrada Kiev-Chop, già bloccata qualche tempo

prima. Durante una manifestazione contro la guerra davanti all’ufficio di reclutamento di

Novoselycja, i manifestanti hanno malmenato un membro del consiglio municipale che tentava di

parlare con loro.19 Il 22 luglio, alcuni abitanti di diversi paesi della regione Ivano-Frankivsk hanno

fatto irruzione all’interno del locale ufficio dell’amministrazione militare e lì hanno bruciato l’elenco

degli uomini da arruolare nell’esercito e altri documenti relativi alla coscrizione obbligatoria. La

stessa cosa è successa lo stesso giorno a Bogorodchany.20 In molti paesi le persone hanno bruciato

in massa le cartoline di chiamata al servizio militare recapitate via posta.21 A Mukačeve, in

Transcarpazia, la situazione si è aggravata a tal punto che il locale comando militare, inquieto per il

perdurare delle proteste, ha momentaneamente sospeso la coscrizione e ha promesso che nessuno

degli abitanti di quella città verrà mandato al fronte nel prossimo futuro.22 Il 4 agosto ci sono state

altre manifestazioni contro la guerra nella regione di Zaporižžja, e il giorno successivo c’è stato un

presidio di protesta davanti alla sede del parlamento a Kiev.23

Con la guerra in corso, per reprimere il dissenso interno, il governo di Kiev può contare solo in

minima parte sul proprio esercito regolare e si trova quindi a dipendere da eserciti privati di qualche

oligarca e dalla Guardia Nazionale, una milizia di volontari nata durante le proteste contro

Yanukovich e composta principalmente da appartenenti ai partiti di estrema destra Pravyi Sector e

Svoboda. Le nuove unità della Guardia Nazionale non sono specificatamente addestrate per

affrontare una guerra vera e propria, ma principalmente per reprimere le proteste di massa e i

disordini, come d’altronde ha mostrato la loro esibizione di fine luglio. A giugno, ad esempio,

alcune centinaia di fascisti dell’Assemblea Nazionalsocialista e i Patrioti Ucraini avevano già

attaccato una manifestazione che si stava svolgendo a Kiev contro l’operazione antiterrorismo.

Neanche i membri della Guardia Nazionale sono d’altronde del tutto estranei alle contraddizioni

che agitano entrambi i campi. Radio Europa Libera ha pubblicato di recente un video24 in cui si può

vedere un miliziano della Guardia Nazionale che rimprovera il governo di non essere in grado di

fornire ai volontari al fronte cibo, acqua e armi, tanto da arrivare a dire : «Ci trattano come se

fossimo carne da cannone». Le condizioni materiali riescono quindi a intaccare il morale anche di

coloro che, per motivazioni ideologiche, pensano di essere al di sopra di esse.

Anche mercenari, provenienti un po’ da ogni angolo del mondo, combattono per l’esercito di Kiev

e vengono arruolati dal governo tramite agenzie private di contractor (si tratta di truppe mercenarie

polacche, ceche, dell’ex-Jugoslavia, ma anche provenienti dall’Africa equatoriale).

Il reclutamento di nuovi combattenti, comunque, non procede come i locali signori della guerra

vorrebbero, neanche nel fronte separatista. La maggioranza dei minatori della regione del Donbass

ha sempre rifiutato di far parte del loro esercito e ha dunque provveduto a costituire delle unità di

auto-difesa per proteggersi sia dalle truppe governative che da quelle separatiste. Una di queste

unità di difesa si è scontrata con le milizie separatiste impedendo loro di fare saltare in aria una

miniera nel paese di Makiivka. A maggio, a Krasnodon, nella regione di Lugansk, i minatori hanno

organizzato uno sciopero generale e hanno preso il controllo della città. In quell’occasione i

minatori hanno apertamente rifiutato di schierarsi sia dal lato dei separatisti “anti-Maidan” a

Lugansk, che da quello degli oligarchi del Maidan a Kiev, e hanno invece preteso un aumento dei

loro salari e la fine delle assunzioni di manodopera attraverso le agenzie private.25

I minatori di sei miniere del Donbass hanno cominciato a scioperare alla fine di maggio,

chiedendo la fine dell’operazione antiterrorismo nell’est del paese e il ritiro delle truppe.26 Hanno

agito di propria iniziativa e, al contrario di quanto affermato da alcuni media, la loro non è stata in

nessun modo un’azione imposta da uomini armati appartenenti alla Repubblica Popolare di

Donetsk. Secondo gli scioperanti la guerra rappresenta un pericolo per l’esistenza stessa delle

miniere e provoca disoccupazione. «Lunedì 26 maggio, quando l’esercito ucraino ha cominciato a

bombardare alcune città, i minatori semplicemente non si sono recati al lavoro, perché il “fattore

esterno”, rappresentato dalle azioni di guerra che avvenivano praticamente davanti al loro portone

di casa, aumentava seriamente il rischio di incidenti sul lavoro nei loro stabilimenti. Per esempio,

qualora una bomba avesse colpito la sotto-stazione elettrica i minatori avrebbero rischiato di

rimanere intrappolati sotto terra, andando così incontro a morte certa».27 Lo sciopero è stato

proclamato da circa 150 minatori della miniera di Oktyabrskiy e si è esteso come per una reazione a

catena ad altri pozzi estrattivi della zona di Donetsk (Skochinskiy, Abakumov, “Trudovskaya”, etc.),

ma anche a cave di carbone di altre città, in particolare a Ugledar (“Yuzhnodonbasskaya no.3”). In

alcune miniere di proprietà di Rinat Achmetov, l’uomo più ricco d’Ucraina e padrone di un impero

industriale che controlla dal punto di vista economico praticamente tutta la parte orientale del paese,

i lavoratori sono stati costretti a continuare a lavorare e hanno quindi continuato a calarsi nei pozzi

estrattivi nonostante il bombardamento delle zone immediatamente vicine. A partire dall’iniziativa

dei minatori di Oktyabrskiy, (e sempre senza nessun appoggio da parte della Repubblica Popolare di

Donetsk), il 28 maggio è stata organizzata una manifestazione contro la guerra cui hanno

partecipato migliaia di persone.28 Il 18 giugno migliaia di minatori hanno manifestato nuovamente

nel centro di Donetsk per chiedere la fine delle operazioni militari. I partecipanti dichiaravano di

non essere separatisti bensì persone comuni del Donbass, e aggiungevano che qualora il governo di

Kiev non fosse venuto incontro alle loro richieste, avrebbero preso le armi.

I separatisti, allo stesso modo degli oligarchi locali filo-Kiev, tentano di manipolare e presentare

questi raduni confusi e contraddittori secondo i propri interessi. Se dunque Rinat Achmetov,

l’oligarca di Donetsk, ha organizzato il suo “sciopero” in favore dell’Ucraina unita, i separatisti dal

canto loro hanno provato a far passare le manifestazioni dei minatori come espressione di una

posizione filo-russa dei lavoratori del Donbass.

Malgrado i motti nazionalisti o separatisti presenti nelle manifestazioni dei minatori, i lavoratori

non sono molto entusiasti di arruolarsi nella Milizia Popolare del Donbass. Recentemente, Igor

Girkin, uno dei comandanti separatisti, si è lamentato pubblicamente del fatto che molti nella

popolazione locale prendano le armi dal suo deposito di armi, ma invece di servirsene per prestare

servizio nelle milizie separatiste, se le portino a casa per proteggere le loro famiglie e i loro villaggi

da entrambe le fazioni del conflitto.29 Pertanto i separatisti, in un’operazione come questa che dura

ormai da molti mesi nella regione di Donetsk e Lugansk, continuano a fare affidamento su bande di

criminali locali che, dietro pagamento, li aiutano a controllare edifici governativi, stazioni di

polizia, depositi di armi, arterie stradali e mezzi di comunicazione. La maggior parte delle forze

separatiste è tuttavia costituita da mercenari provenienti dall’altra parte della frontiera, quella russa,

e in particolare da veterani della guerra di Cecenia.

Se il movimento reale contro la guerra, il movimento del disfattismo rivoluzionario, vuole

affermarsi, deve non solo acquisire un carattere di massa e generalizzarsi, ma anche organizzarsi,

strutturarsi. Non abbiamo molte informazioni sulle strutture organizzative del movimento in

Ucraina. Possiamo dedurre l’esistenza di alcune strutture dagli eventi stessi (le ripetute

manifestazioni o scioperi di molte migliaia di persone non possono essere il risultato di

un’esplosione spontanea di rabbia, allo stesso modo le proteste dei familiari dei soldati, per come le

abbiamo descritte, richiedono un certo livello di coordinamento e collaborazione tanto a livello di

contenuti che di pratiche), mentre l’esistenza di altre strutture organizzative, formali o informali, è

confermata da informazioni incomplete che abbiamo ottenuto sul posto. Alcune associazioni già

esistenti sono diventate strutture che hanno centralizzato le attività contro la guerra, per esempio la

Comunità dei Genitori “Kroha”30 della regione di Donetsk ha divulgato il 10 giugno un appello

pubblico, per quanto limitato, contraddittorio e pacifista: «Noi, i genitori della regione di Donetsk,

ci rivolgiamo a voi, politici, personalità pubbliche e persone interessate. Dateci una mano per

salvare la gente di Sloviansk, Krasny Liman, Kramatorsk, fermate le operazioni militari. Abbiamo

bisogno del vostro aiuto per far comprendere cosa sta accadendo in queste città. Da molte

settimane, la gente vive sotto un costante fuoco d’artiglieria. Muoiono civili in continuazione. Ci

sono dei bambini feriti. E’ stata confermata la morte di tre bambini. Stanno crollando case, ospedali,

asili e scuole. Le persone, inclusi i bambini, vivono in perenne stato di stress, restando nascosti per

ore e ore nelle cantine per ripararsi dai continui attacchi. Chiediamo il vostro aiuto per salvare le

vite di queste persone e fermare le operazioni militari».31 Un’altra associazione, Le Madri del

Donbass, dichiara in un suo comunicato: «Vogliamo solo vivere! Noi, persone comuni: mariti e

mogli, genitori e figli, fratelli e sorelle. Noi, civili pacifici, siamo gli ostaggi del conflitto nella

nostra regione, le vittime degli scontri militari. Siamo stanchi, spaventati e desideriamo la pace.

Vogliamo vivere nelle nostre case, passeggiare per le strade delle nostre città, lavorare nelle aziende

e nelle organizzazioni della nostra regione e coltivare la nostra terra.(…) Noi, Madri del Donbass,

insistiamo affinché si fermi l’operazione antiterrorismo e qualsiasi altra operazione militare nella

nostra regione! (…) Siamo convinte che il conflitto nel nostro paese si possa risolvere in modo

pacifico! Fermate la guerra! Evitate che muoiano dei bambini! Salvate il popolo del Donbass!».32 La

Voce di Odessa il 13 luglio ha organizzato una manifestazione contro la guerra a Odessa. I

partecipanti gridavano slogan come «Noi siamo contro la guerra!», «Fermate l’Operazione

Antiterrorismo nell’est!» o ancora «Noi vogliamo la pace!». Il flash mob comprendeva anche delle

agghiaccianti registrazioni del suono dell’artiglieria in azione e del suo impatto sui civili.33 A

Charkiv le associazioni locali contro la guerra (tra le altre il movimento delle donne di Charkiv

“Kharkivianka”) hanno organizzato il 20 giugno una dimostrazione di protesta davanti alla fabbrica

di carri armati della VA Malyshev. A questa fabbrica erano stati ordinati 400 veicoli corazzati da

inviare al fronte. I dimostranti chiedevano l’annullamento dell’ordine e gridavano slogan come «No

alla guerra!» o «Fermate questo insensato massacro!».34

Nel mentre, la situazione economica e sociale dell’intera Ucraina sta mano a mano peggiorando.

La svalutazione della moneta locale, l’aumento dei prezzi dei beni di prima necessità, dei trasporti e

dei servizi, e i tagli alla produzione in molte aziende, portano ad una decisa diminuzione dei salari

effettivi, stimata tra il 30% e il 50%. Il governo di Kiev, su pressione delle istituzioni finanziarie

internazionali, dovrà adottare una serie di misure di austerity che renderanno ancora peggiori le

condizioni di vita del proletariato, e nel frattempo sta preparando la più grande ondata di

privatizzazioni degli ultimi 20 anni. Il governo centrale ha smesso da maggio di pagare gli impiegati

statali, i servizi sociali e le pensioni in tutti quei territori che non si trovano sotto il suo controllo,

perciò ci sono migliaia di lavoratori che non percepiscono entrate di nessun tipo. La situazione nelle

regioni dove si svolgono le operazioni militari è sempre peggiore: fornitura di elettricità e acqua

sono interrotte, scarseggiano il cibo e i medicinali.

Dei disordini sociali, accelerati ora da questa situazione, avevano fatto la loro comparsa già da un

po’. Oltre agli scioperi dei minatori nella parte orientale del paese, anche i proletari della parte

occidentale iniziano ad averne abbastanza. I minatori di Krivoy Rog hanno cominciato a maggio

uno sciopero generale ad oltranza pretendendo che i loro salari venissero raddoppiati. Hanno

cominciato a organizzate milizie armate di autodifesa. Nelle loro dichiarazioni, rivolte ai lavoratori

di tutta Europa, indicano gli oligarchi russi e ucraini come la principale causa della crisi, a

prescindere da quale parte stiano (separatista o filo-governativa): «Ci rivolgiamo a voi chiedendovi

di sostenere la nostra lotta contro gli oligarchi, che hanno condotto l’Ucraina nell’attuale crisi e che

continuano a destabilizzarla ulteriormente, minacciando di provocare una guerra fratricida in

Ucraina che senza dubbio avrebbe conseguenze catastrofiche per tutta l’Europa».35

Numerose manifestazioni per “condizioni di vita dignitose”, contro l’aumento dei prezzi e per un

aumento di salari e pensioni, si sono svolte in diverse città in tutto il paese. Per esempio a Kiev, a

fine giugno e a luglio, ci sono state una serie di iniziative contro l’aumento degli affitti e delle

bollette. Il primo luglio si è svolta a Charkiv una manifestazione contro l’aumento dei prezzi. La

protesta più partecipata in assoluto si è svolta però a Kiev il 24 luglio, all’insegna di slogan come

«Tagliate i redditi degli oligarchi, non quelli del popolo» e «Non rapinate i cittadini comuni».36

Nei primi di agosto l’ultimo gruppetto di resistenti che continuava a occupare piazza Maidan a

Kiev («Perché non è cambiato nulla!») è stato attaccato da due battaglioni della Guardia Nazionale,

che avevano lo scopo di sgomberarli. I battaglioni agivano per ordine del nuovo sindaco Vitali

Klitchko, fatto che dimostra ancora una volta come le promesse di un politico borghese (all’inizio di

quest’anno aveva chiesto lui di non evacuare la piazza «fintanto che non ci fosse un reale

cambiamento in Ucraina») creino solo problemi a quelli che danno loro credito. Tuttavia durante lo

sgombero sono scoppiati violenti scontri, di cui ancora una volta i mezzi d’informazione

internazionali borghesi non hanno parlato, dal momento che il governo di Kiev rappresenta l’alleato

Occidentale e l’”estremo orrore” non può invece che essere incarnato dai separatisti e dalla Russia.

La Repubblica Popolare di Donetsk cerca di porre un freno al movimento dei minatori, che

dimostrano di avere più a cuore i loro interessi materiali che non una qualsivoglia ideologia,

destreggiandosi tra le richieste degli scioperanti, cui è stata promessa la nazionalizzazione dei

complessi industriali, e gli interessi degli oligarchi, cui è stata invece promessa l’inviolabilità della

proprietà privata.

Il movimento contro la guerra, per quanto ancora poco diffuso e limitato nei contenuti, gli scioperi

dei minatori e le manifestazioni, animati non da ideologie ma da bisogni materiali del proletariato e

che si svolgono sia nei territori controllati dal governo di Kiev che in quelli controllati dai

separatisti, tutte queste esperienze confermano ciò che scrivevamo: «(…) l’innescarsi della guerra

imperialista (…) non significa necessariamente la sconfitta definitiva del proletariato. Anzi, se la

guerra in un primo momento coincide con una parziale disfatta del proletariato, questa, in seguito,

dialetticamente, può determinare anche una ripresa delle lotte, tanto più forte in quanto è la guerra

stessa a palesare le contraddizioni e la brutalità proprie del sistema capitalista».

Ciononostante, c’è capitato in più occasioni di imbatterci in sedicenti “rivoluzionari” che

difendono l’operazione antiterrorismo, perché credono che questa permetta un ritorno alla

“normale” lotta di classe. Ciononostante, possiamo leggere notizie (per quanto frammentarie e

contraddittorie) di “anarchici” attivi nelle strutture amministrative dei separatisti, perché pensano

che questi siano un “male minore” rispetto al governo di Kiev.

Noi non sosteniamo in alcun modo la guerra e le sue atrocità e siamo coscienti del fatto che ogni

conflitto militare comporta un peggioramento nelle condizioni di vita del proletariato. Tuttavia,

come comunisti, non possiamo fare nostra la tesi secondo la quale un conflitto militare potrebbe

essere evitato schierandosi dalla parte di uno dei due contendenti. Il proletariato non ha nessun

interesse a difendere le condizioni attuali della sua miseria o a conservare quelle passate. Il

proletariato non ha nessuna patria da difendere. In ogni guerra, ciò verso cui il proletariato deve

tendere, è un’azione unita e intransigente dei proletari di entrambi gli schieramenti contro le due

fazioni in guerra della borghesia.

La lotta contro la guerra significa “disfattismo rivoluzionario”! Per un fronte proletario

rivoluzionario contro la borghesia di entrambe le fazioni in guerra!

 

Opponiamoci alla guerra con l’azione diretta, il sabotaggio e lo sciopero generale, radicale e

combattivo!

Solidarietà di classe con i disfattisti rivoluzionari di ogni campo!

Agosto 2014

 

 * L’articolo è preso e tradotto in italiano dal blog del gruppo “Tridni Valka” (http://www.autistici.org/tridnivalka/  );

qui l’articolo in lingua inglese ( http://www.autistici.org/tridnivalka/neither-ukrainian-nor-russian/  )

1 http://www.autistici.org/tridnivalka/war-preparations-between-ukraine-and-russia-show-or-reality/

 2 http://www.thedailybeast.com/articles/2014/04/17/the-ukrainian-army-is-crumbling-before-putin.html

 3 http://ndilo.com.ua/news/u-viyisku-rozpochavsja-bunt.html

http://ukraineantifascistsolidarity.wordpress.com/2014/05/30/beginning-of-rebellion-in-the-ukrainian-army/

 4 Idem.

5 Idem.

6 http://www.volynpost.com/news/33715-vijskovi-z-51-oi-brygady-vlashtuvaly-na-mykolaivschyni-bunt  via

http://ukraineantifascistsolidarity.wordpress.com/2014/05/29/volhynia-soldiers-mutiny-and-refuse-to-go-to-thedonbas/

 7 http://ukraineantifascistsolidarity.wordpress.com/2014/06/02/soldiers-relatives-protests-spreading-in-ukraine/

 8 http://ukraineantifascistsolidarity.wordpress.com/2014/06/04/soldiers-relatives-block-military-recruitment-office-inlviv/

 9 Idem.

10 Idem.

11 http://ukraineantifascistsolidarity.wordpress.com/2014/06/11/kherson-soldiers-relatives-picket-military-enlistmentoffice/

 12 http://ukraineantifascistsolidarity.wordpress.com/2014/06/19/chernivtsi-soldiers-relatives-block-highway-demandsoldiers-

brought-back-from-the-east/

 13 http://112.ua/obshchestvo/pod-zhitomirom-semi-voennosluzhaschih-perekryli-dorogu-kyjev-chop-79161.html

 14 http://ukraineantifascistsolidarity.wordpress.com/2014/06/10/soldiers-relatives-block-troops-in-melitopol-frombeing-

sent-to-the-front/

 15 http://www.youtube.com/embed/hyLIUk6U9yA

 16 http://ukraineantifascistsolidarity.wordpress.com/2014/06/04/soldiers-relatives-block-military-recruitment-office-inlviv/

 17 http://www.aitrus.info/node/3875/  via http://libcom.org/forums/news/protests-ukraine-02122013?

page=11#comment-541714

 18 Idem.

19 http://www.youtube.com/embed/0WbCvUoZEQ

 20 http://ukraineantifascistsolidarity.wordpress.com/2014/07/25/riot-in-western-ukraine-against-army-mobilization/

 21 Idem.

22 http://www.aitrus.info/node/3875/  via http://libcom.org/forums/news/protests-ukraine-02122013?

page=11#comment-541714

 23 http://www.youtube.com/embed/G2qm3_c2O-8  e http://www.youtube.com/embed/fiRqdLi6fk0  via

http://ukraineantifascistsolidarity.wordpress.com/2014/08/06/protests-against-the-war-in-zaporizhia-and-kyiv/

 24 http://www.rferl.org/media/video/ukraine-national-guard-cannon-fodder/25426820.html

 25 http://observerukraine.net/2014/05/08/for-an-independent-social-movement-for-a-free-ukraine/

 26 http://en.itar-tass.com/world/733524/

 27 http://liva.com.ua/miners-war.html  via http://ukraineantifascistsolidarity.wordpress.com/2014/05/30/donetsk-minersstrike-

against-war-eyewitness-account/

 28 http://www.marxist.com/donetsk-miners-strike.htm

 29 http://observerukraine.net/2014/05/27/petro-poroshenko-the-chocalate-king-walks-onto-a-sticky-wicket/

 30 http://kroha.dn.ua/

 31 http://ukraineantifascistsolidarity.wordpress.com/2014/06/13/mothers-and-parents-organisations-appeal-stop-thewar-

save-the-people-of-donbass/

 32 http://brend-archer.livejournal.com/324036.html  via

http://ukraineantifascistsolidarity.wordpress.com/2014/06/13/mothers-and-parents-organisations-appeal-stop-thewar-

save-the-people-of-donbass/

 33 http://www.youtube.com/embed/xUFxhbGE-8I

 34 http://ukraineantifascistsolidarity.wordpress.com/2014/06/20/kharkov-tank-factory-rally-against-the-anti-terroristoperation/

 35 http://observerukraine.net/2014/05/12/appeal-of-the-kryviy-rih-basin-miners-to-the-workers-of-europe/

 36 http://www.aitrus.info/node/3870/  via http://libcom.org/forums/news/protests-ukraine-02122013?

page=11#comment-541385