CLIMA/ In arrivo la seconda parte del rapporto IPCC

Repubblica 24 marzo 2014

Alluvioni ed ecosistemi ko prezzo del clima che cambia

Alluvioni ed ecosistemi ko
prezzo del clima che cambia

Le conseguenze del global warming descritte nella seconda parte del rapporto Ipcc, che verrà resa nota il 31 marzo.

 

 

 

Pesca crollata, vittime di inondazioni triplicate, città assediate dal caldo, rischio di un’estinzione di massa. Sono le conseguenze del global warming descritte nella seconda parte del rapporto Ipcc, che verrà resa nota il 31 marzo. Cresce la pressione dei deserti, aumentano i rifugiati ambientali

 

 

 

 

Alluvioni, ecosistemi in ginocchio. Ecco il costo del clima che cambia

 

Alluvioni, ecosistemi in ginocchio.Ecco il costo del clima che cambia

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

ROMA  –  Gli alberi, troppo lenti nel migrare, spazzati via dalla velocità del cambiamento climatico. Le vittime delle alluvioni triplicate. La pesca negli oceani crollata fino a punte di dimezzamento. I raccolti di grano e riso che diminuiscono del 2% ogni 10 anni. Sono alcune delle conseguenze dello scenario più severo di global warming, quello che corrisponde alle scelte politiche attuali, basate su una crescita continua dell’uso di combustibili fossili. Le previsioni sono contenute nella seconda parte del quinto rapporto dell’Ipcc (Intergovernamental Panel on Climate Change) che sarà reso noto il 31 marzo. La prima parte, pubblicata nel settembre scorso, aveva fornito il quadro dei cambiamenti fisici. Partendo dall’analisi dei fatti – negli ultimi 30 anni ogni decennio è stato più caldo del precedente, i mari hanno accelerato la risalita, la concentrazione di CO2 in atmosfera ha superato le 400 parti per milione – lo studio aveva formulato 4 scenari. In quello coerente con le politiche energetiche attuali si ottiene un aumento di oltre 5 gradi rispetto al livello pre industriale: è quasi il triplo del limite di sicurezza.


Ora, nella seconda parte del rapporto, gli scienziati coinvolti nelle valutazioni sul futuro climatico del pianeta (209 autori principali, 50 curatori, 600 che hanno inviato contributi, 1.500 revisori) precisano gli impatti di questo cambiamento. L’analisi è centrata sulle macroregioni (il Mediterraneo è una di quelle che soffriranno di più. assieme alle coste asiatiche), ma alcune osservazioni valgono per tutti. Ecco una rapida sintesi delle conseguenze dello scenario business as usual, che si può liberamente tradurre con “andiamo avanti facendo finta di niente”.

La criosfera, il mondo del freddo, arretra ovunque in modo drammatico. In particolare l’area del permafrost, la terra tenuta assieme dal ghiaccio, a fine secolo scomparirà. E’ un cambiamento che trascina con sé altri effetti negativi. Ad esempio l’albedo, la capacità del terreno di riflettere i raggi del sole, cambierà: la terra più scura assorbirà più calore accelerando il riscaldamento.

Il ciclo idrico sarà sconvolto in larghe aree del pianeta accentuando la tendenza alla desertificazione. L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati aveva già calcolato che entro il 2050 si arriverà a 200 – 250 milioni di rifugiati ambientali. Con queste proiezioni la cifra rischia di salire sensibilmente.
La biodiversità subirà un colpo durissimo: il termometro a più 5 gradi significa un’ecatombe. Le probabilità di arrivare alla sesta estinzione di massa nella storia del pianeta (la prima provocata da una singola specie) salgono. In particolare la tabella che mostra la velocità di migrazione di piante, erbe, animali paragonata alla velocità del cambiamento climatico è impressionante. Nell’ipotesi dei 5 gradi le specie arboree vengono cancellate perché non riescono a raggiungere un  habitat favorevole, solo un terzo delle piante erbacee sopravvive, una specie di primati su 6 sparisce.

Quale sarà l’effetto di questo collasso degli ecosistemi sulla vita quotidiana? “Senza entrare nel merito dei numeri, che possono essere divulgati solo il 31 marzo, posso dire che si pone un problema serio di governance”, risponde Riccardo Valentini, l’italiano che assieme a un collega inglese ha coordinato la parte sugli effetti del cambiamento climatico in Europa. “L’analisi ha portato a evidenziare un rischio sistemico. Vuol dire che si produce una catena di effetti negativi che ha bisogno di una nuova capacità di coordinamento delle risposte. Per fare un esempio pensiamo agli incendi che hanno sconvolto la Russia nel 2010: l’emissione di particolato ha fatto aumentare sensibilmente i ricoveri creando una domanda di assistenza sanitaria non prevista; la gente ha provocato ad allontanarsi e i trasporti sono andati in crisi; l’effetto sui raccolti è stato pesante. Se non fermeremo le emissioni serra dovremo prepararci a vivere in un mondo in cui questi fenomeni non sono più un’eccezione”.