Da Il Piccolo
MARTEDÌ, 09 NOVEMBRE 2010
Studenti in rivolta, occupate 15 scuole
L’«insurrezione» innescata, oltre che dalla riforma Gelmini, dagli edifici fatiscenti e dai tagli ad alcuni corsi
di ELISA COLONI
Studenti triestini in rivolta. Scuole superiori occupate. È stata un’insurrezione di massa, quella scoppiata ieri in quasi tutti gli istituti superiori della città: 15 scuole su 17.
Dai licei agli istituti tecnici, dai commerciali alla scuola d’arte: i ragazzi si sono presentati in centinaia ben prima delle 8, striscioni e volantini alla mano, molti con il viso coperto da sciarponi e bandane; e la mattinata è trascorsa tra concitate assemblee e un tam-tam di notizie ”messaggiate” con i telefonini da un’aula all’altra della città. Risultato: portoni incatenati, scalinate e corridoi interni blindati da poderose barricate, dirigenti e docenti in strada, lezioni cancellate. In alcuni casi i presidi hanno tentato di ”ribellarsi” agli insorti usando la mano pesante, ed è finita, come all’istituto Nautico, a finestre sfondate dai vigili del fuoco (ma senza riuscire a impedire la protesta).
Era dal 2008 che a Trieste non si assisteva a un’occupazione di massa come quella di ieri. Un’iniziativa organizzata capillarmente dagli studenti nelle scorse settimane. Increduli i dirigenti scolastici (fuori dalle scuole sotto la pioggia per ore, in attesa di capire il da farsi), che hanno definito la protesta «del tutto inaspettata».
Gli istituti Carducci, Galvani, Da Vinci-Sandrinelli, Nautico, Carli, Max Fabiani, Nordio, i licei Oberdan, Dante, Petrarca e Galilei, e le quattro scuole slovene Slomsek, Stefan, Zois e Preseren: questa la mappa del dissenso studentesco. Solo in due scuole – Volta e Deledda – le lezioni si sono svolte regolarmente. A scatenare la protesta motivi di portata nazionale – riforma Gelmini, tagli delle risorse, paventata privatizzazione delle università – ma soprattutto alcune vicende triestine: edifici scolastici fatiscenti e cancellazione di alcuni corsi e laboratori.
La rivolta è montata nel corso della giornata, segnata da costanti colpi di scena, con tira e molla che, come spesso accade in queste circostanze, hanno dato vita a situazioni di incertezza. Al Petrarca, ad esempio, per tutta la mattinata si è svolta un’assemblea permanente, che solo nel primo pomeriggio ha deliberato l’occupazione della struttura. Al Galilei invece solo la sede centrale è stata occupata, non la succursale di via Battisti. Al Dante la mattinata è stata contrassegnata dall’«anarchia»: alcune classi hanno fatto lezione, altre no; poi un’assemblea straordinaria ha sancito la definitiva ”presa” dell’edificio. Il Nordio ha dichiarato aperta la rivolta solo nel tardo pomeriggio, contagiato dall’ondata di protesta.
Negli istituti in autogestione via libera a corsi d’arte, cineforum, dibattiti su come dovrebbe essere la scuola a misura di studente. Fitti i preparativi in vista della prima nottata tra i banchi, con scorta di viveri e sacchi a pelo, come al liceo Oberdan, una delle strutture in cui la protesta ha avuto maggiore eco (con circa 200 studenti coinvolti), e dove i ragazzi hanno lanciato una sfida forte e chiara: «Non molleremo. Vogliamo occupare per tutta la settimana. Resisteremo a qualsiasi tentativo di sgombero». «Però vogliamo uscirne a testa alta – ha commentato uno studente, Stefano Pitacco – e per questo motivo saremo corretti: la nostra è una protesta seria».
Marta Pacor, studentessa dell’Oberdan e rappresentante dell’Unione degli studenti, ha spiegato: «Siamo stufi di assistere a continui tagli alle risorse. In alcuni istituti, come il Galvani, è stata cancellata la sezione audiovisivi per mancanza di fondi, mentre al Nordio le prime classi di quest’anno non potranno più seguire alcuni laboratori. Per non parlare degli edifici in cui siamo costretti a fare lezione: obsoleti e vetusti. La Provincia aveva promesso una serie di controlli sullo stato di salute degli immobili, in particolare sotto il profilo della sicurezza, e noi non abbiamo visto nulla di concreto».
Ragazzi dietro le barricate al ”Dante” e al ”Galilei”
«Istituzioni immobili, allora i bagni e le pareti li dipingiamo noi»
Appeso qua e là lungo gli interminabili corridoi del Dante Alighieri c’è il ”decalogo”, un vademecum ideato dagli studenti del liceo classico che elenca le regole da rispettare durante l’occupazione della scuola: niente alcolici e sostanze stupefacenti, ingresso vietato agli esterni ma aperto a tutti coloro che devono seguire i corsi dell’Università popolare e poi, ancora, vietato rovinare o distruggere gli arredi. I ragazzi del Dante hanno optato per un’occupazione ”politically correct”: barricate sì, ma con una porta aperta al dialogo.
Uno degli organizzatori, Tommaso Gandini, però avverte: «Per ora restiamo così. Ma se cominciano a crearci dei problemi, allora chiudiamo il portone e da lì non entra più nessuno. La nostra situazione è particolare: condividiamo l’edificio con la scuola media e con l’Università popolare. Per questo motivo abbiamo deciso di non incatenare l’entrata, ma di fare solo le barricate ai piani superiori, per dividere a metà i corridoi e impedire l’ingresso di eventuali alunni della media».
Ieri, a dare il proprio sì all’occupazione, è stata la stragrande maggioranza dei presenti all’assemblea straordinaria organizzata in mattinata. «A partire da domani (oggi, ndr) organizzeremo vari corsi di tipo artistico e le letture comparate dei giornali».
Se questa è la situazione al liceo Dante, le barricate continuano anche in un altro lieceo, lo scientifico Galilei. Due studentesse della V C, Zoe Nemec e Ludovica Buri, ieri hanno raccontato: «Stiamo facendo noi quello che dovrebbero fare le istituzioni. Abbiamo pulito alcuni bagni della scuola e domani (oggi, ndr) ci armeremo di pittura e dipingeremo i muri. Noi stiamo protestando per il bene di tutti, anche dei professori, costretti a lavorare in condizioni assurde, con stipendi inadeguati rispetto ai colleghi europei. Per non parlare dei problemi del sovraffollamento, con classi che arrivano ormai anche a 32 alunni». (el. col.)
PER UNA CURIOSA COINCIDENZA TEMPORALE
”Ribellione” anche alla facoltà di Lettere
Presidio notturno nella sede di via Economo contro le decisioni del governo
Zaini usati come cuscini, sacchi a pelo gettati a terra, banchi trasformati in giacigli di fortuna. Ieri sera il Dipartimento di Storia dell’Università ha assunto le sembianze di una sorta di dormitorio collettivo. Gli studenti della facoltà di Lettere hanno dato vita ad un presidio che, per tre giornate di seguito, si tradurrà nell’occupazione notturna delle aule e dei corridoi della sede di via Economo, sul modello di quanto accaduto nelle settimane scorse a Scienze.
Una protesta, quella degli iscritti di Lettere, che si salda solo idealmente a quella dei ragazzi degli istituti superiori. Dietro alle due azioni, si affrettano a precisare i rappresentanti di facoltà, non esiste infatti alcuna regia comune, bensì una semplice coincidenza temporale. Per quanto autonome, però, entrambe le mobilitazioni nascono da un’identica convinzione: la necessità di accendere i riflettori sulle conseguenze pesantissime e drammatiche che le manovre partorite dall’attuale governo rischiano di produrre sulla qualità dell’istruzione pubblica.
Del resto se le scuole superiori cadono a pezzi, gli spazi a disposizione degli universitari non sono poi messi tanto meglio. «Nel Dipartimento di Storia le scale puzzano, le sedie sono perennemente sporche e i banchi non si trovano in tutte le aule – spiega Vanja Macovaz, uno dei rappresentanti di facoltà -. Ecco perchè abbiamo scelto di dar vita al presidio proprio in questa struttura: via Economo è la sede più disastrata ed è quindi una sorta di simbolo dello sfacelo a cui l’università sta andando incontro a causa dei continui tagli, che penalizzano prima di tutto la didattica».
Didattica che però, gli studenti di Lettere, non intendono assolutamente bloccare. Fino a mercoledì, infatti, l’occupazione interesserà solo la fascia oraria 19-8, in modo da non interferire con lo svolgimento dei corsi. «Non intendiamo passare per studenti lavativi che puntano solo a saltare le lezioni – continua Macovaz -. Al contrario intendiamo promuovere una mobilitazione costruttiva e non autoreferenziale, attorno alla quale far convergere studenti e professori».
E alcuni docenti, in effetti, ieri sera hanno fatto visita ai manifestanti esprimendo piena condivisione con le motivazioni del presidio. Tra di loro non c’era però la preside di Lettere, Cristina Benussi, che attende ancora di conoscere le richieste degli occupanti. «Parlerò con i ragazzi domani (oggi ndr). Solo dopo potrò fare considerazioni sulla protesta». (m.r.)