Messaggero Veneto 6 giugno
“Draquila” proiettato a Gemona, sala strapiena ma niente politici
GEMONA. L’atteso confronto tra i protagonisti del dopo terremoto in Friuli e Sabina Guzzanti, l’amata-odiata autrice di Draquila, il film documentario presentato al festival di Cannes che racconta i retroscena dell’i ntervento della Protezione civile in Abruzzo subito dopo il sisma, alla fine non c’è stato.Gli amministratori dell’epoca, che la Cineteca del Friuli aveva invitato al Sociale per la proiezione del lungometraggio e il seguente dibattito con l’autrice, hanno infatti disertato l’appuntamento.
Salvo l’ex sindaco di Cavazzo Carnico, Franceschino Barazzutti, assente giustificato, gli altri – Ivano Benvenuti, già sindaco di Gemona nel ’76, l’attuale primo cittadino Paolo Urbani, e il presidente della Regione, Renzo Tondo – non hanno varcato la porta del Sociale. «Non sono qui per motivi politici» ha tuonato qualcuno dal pubblico. In sala si sono contati però il sindaco di Venzone, Amedeo Pascolo, il consigliere regionale Sandro Della Mea (Pd) e l’a ssessore alla cultura di Gemona, Stefano Marmai oltre a una vera folla di gente, assiepata in ogni angolo.
Alla fine della proiezione, il direttore della Cineteca ha infatti consentito l’apertura delle porte del Sociale, così da far entrare tutti coloro che per mancanza di posti a sedere (andati sold out nel giro di pochissimo) non avevano potuto assistere alla proiezione. In realtà, più che un confronto tra il pubblico e la Guzzanti, abbiamo assistito a una comparazione tra le esperienze friulana e abruzzese. Il folto pubblico ha preso in mano senza remora alcuna il microfono per raccontare all’autrice di Draquila, accompagnata da Bruno Seravalli, dettagli più e meno noti del post sisma, di segno opposto a quelli visti nel film: in Abruzzo – racconta la Guzzanti in Draquila – il terremoto ha segnato la sospensione dei diritti. Nei campi non erano consentiti striscioni, non assemblee pubbliche e la gestione dell’emergenza era militarizzata. All’opposto, nel Friuli di 34 anni fa, la parola ce l’aveva la gente, regnava una grande solidarietà sociale e il potere-diritto di scegliere era stato delegato agli enti locali. «Nel ’76 Roma era lontana – ha detto uno dei presenti tra il pubblico – e i friulani avevano un’a ttitudine completamente diversa basata sull’autonomia del fare».
E all’Aquila? «Non credo si ricostruirà – ha detto, secca, la Guzzanti -. Credo verrà privatizzata, per altro c’è già una società misto pubblico-privato che è stata autorizzata ad acquistare dei lotti. Il lavoro non c’è perché in questo senso non sono stati fatti investimenti. Non ci sono agevolazioni fiscali, da gennaio si pagano le tasse e gli arretrati».
Il tutto – questa l’accusa più volte emersa ieri sera – mentre la politica latita.«Cosa fare?»ha chiesto qualcuno alla Guzzanti: «Parlare con la gente». E non smettere di approfondire, essere curiosi al di là di quanto mostra la tv. Come lei stessa ha fatto ieri mattina, visitando il museo che Venzone ha dedicato al terremoto friulano.