A breve uscirà un comunicato del Comitato NOTAV di Trieste e del Carso.
Dal Piccolo del 01/09/13
La Tav? Né sì né no La giunta decide di tirare il freno
Non sventra la Val Rosandra, come a suo tempo in tanti avevano temuto, ma il Carso triestino lo buca lo stesso, nella sua parte alta, occidentale, dalle porte di Duino fino alla “pancia” di Villa Giulia, nella zona di via Cantù, dove la futura Tav è destinata ad essere allacciata senza uscire allo scoperto direttamente alla circonvallazione sotterranea esistente, la cosiddetta “linea di cintura” che punta verso la linea portuale che ha il suo “terminal” nella stazione di Campo Marzio. L’ultimo progetto preliminare della Ronchi-Trieste sostitutivo del piano originario del 2003 – redatto a fine 2010 in scia ai dettami del Cipe in base ai quali la tratta è stata inserita nell’«elenco delle opere ed interventi strategici» individuati dal Governo nel 2006 – prevede in effetti per la Tav una lunghezza di oltre 23 chilometri su e in suolo provinciale sui 36 e mezzo dell’intera Ronchi-Trieste. Di questi, quasi 22 sono sotterranei. L’opera dovrebbe riemergere per un chilometro e poco più solo in prossimità dello snodo di Aurisina. Il resto è progettato che corra sotto Ceroglie, Malchina, Slivia e poi Santa Croce, Campo Sacro, Prosecco, Piscianzi fino, per l’appunto, a Villa Giulia. (pi.ra.) di Piero Rauber Un anno fa obiettava, fabbricava domande, ma professava fede. Ora s’è irrigidito. È diventato – ufficialmente, causa «mancata o incompleta risposta ad alcune prescrizioni» – agnostico. Il Comune – in scia alla recentissima e non dissimile decisione assunta dalla Provincia – tira il freno a mano lungo l’iter burocratico che dovrebbe portare, entro il 2040, alla realizzazione della Ronchi-Trieste, la tratta locale della Tav. La giunta Cosolini è fresca di delibera nella quale – «seppur ribadendo il valore strategico di un sistema infrastrutturale di trasporto e di comunicazione adeguato alla funzione logistica e portuale, alla collocazione europea», con tanto di richiesta all’amministrazione Serracchiani di «un intervento nei confronti di Governo e Ferrovie per un pronto confronto che sciolga i nodi aperti» – ha stabilito di «non esprimere parere» sulla versione del progetto preliminare della Ronchi-Trieste aggiornata con le ultime integrazioni ambientali. Una versione che Italferr ha spedito alla Regione, in risposta alle condizioni e alle prescrizioni che la stessa Regione aveva raccolto da tutti gli enti locali, sintetizzato e inviato al Ministero dell’Ambiente nell’ambito della procedura di Via. La delibera – il cui valore non è vincolante per Regione e Governo ma ha comunque un forte sapore simbolico – ora sta transitando nelle circoscrizioni, poi tornerà in giunta, quindi si avvierà all’ultima parola del Consiglio comunale, la cui discussione con voto decisivo dovrebbe essere calendarizzata entro un paio di settimane. La conclusione alla quale arriva però il provvedimento è già preda di polemiche, con la maggioranza (si legga sotto, ndr) accusata dalle opposizioni di aver deciso di non decidere per evitare pubbliche spaccature come quando, nell’estate del 2012, il centrodestra venne in soccorso al Pd per far passare il parere favorevole condizionato proprio sulla Tav, osteggiato dall’ala sinistra della maggioranza stessa. L’ultimo documento, dopotutto, è entrato in giunta – portato da Umberto Laureni, l’assessore all’Ambiente in quota Sel – con un parere originariamente contrario stilato dagli uffici tecnici. È uscito appunto senza più parere. Eppure la delibera – 25 pagine dense di citazioni della storia dell’iter avviato ancora nel 2003 – è piuttosto convincente: gli uffici tecnici certificano, e qui la politica conta fino a un certo punto, che Italferr non ha esaudito ben 11 prescrizioni delle 24 cui il Comune l’anno scorso aveva condizionato il proprio parere favorevole. Si va dall’assenza di allegati che individuino fin d’ora le connessioni triestine – tra lo sbocco del tragitto carsico in galleria in prossimità di via Cantù e le stazioni di piazza Libertà, Campo Marzio e Opicina – alla carenza di studi sullo smaltimento degli inerti e sull’incidenza del traffico pesante legato al cantiere di imbocco galleria che Italferr localizza in via Marziale, sopra via Commerciale. Ma le due condizioni più pesanti che l’amministrazione Cosolini ritiene oggi non soddisfatte riguardano due sostanziali royalty. Una è «la necessità di prevedere un adeguamento delle infrastrutture ferroviarie più direttamente connesse al Porto» per raddoppiare la lunghezza dei treni-merci, l’altra è «la progettazione preliminare che preveda il collegamento del tracciato oltre il Porto fino a Capodistria». «Alcune delle nostre prescrizioni – spiega Laureni – non hanno avuto risposta, e altre non sono state trovate nei corposi documenti di Italferr, ma la mancanza di un parere negativo finale deriva dal fatto che abbiamo inteso riconoscere anche una indubbia difficoltà di interpretazione e mediazione dal momento che Italferr ha risposto a una serie di quesiti che prima la Regione e poi il Ministero hanno sintetizzato partendo da una miriade di osservazioni fatte da tutti gli enti chiamati a esprimersi, non solo dal Comune di Trieste». @PierRaub