Da Il Piccolo
GIOVEDÌ, 27 OTTOBRE 2011
«Scuole, protesta spenta con metodi repressivi»
La rabbia degli studenti all’indomani degli sgomberi eseguiti dalla Digos Oggi si prosegue con assemblee e autogestioni. Lezioni regolari solo al Volta
sel Lauri: «Precedente molto pericoloso»
«Lo sgombero delle scuole effettuato la scorsa notte dalle forze dell’ordine è un fatto grave e costituisce anche un precedente pericoloso». Così Giulio Lauri, coordinatore regionale di Sel, interviene sull’azione messa in campo l’altro giorno dagli uomini della Digos per sventare le occupazioni degli istituti. «Anzichè ascoltare i giovani, e dare loro modo di discutere di un futuro sempre più incerto – continua Lauri – è stata scelta la strada di una repressione della protesta senza mediazioni. Abbiamo quindi chiesto ai parlamentari triestini di interrogare urgentemente i ministri competenti per accertare la legittimità e le responsabilità per quanto è accaduto».
di Giovanni Ortolani Le occupazioni delle scuole messe in atto martedì scorso sono durate, nei migliori dei casi, appena poche ore. Stroncate sul nascere dagli interventi della Digos che, quest’anno, è intervenuta con una tempestività mai vista negli ultimi tempi. Il fatto che le occupazioni non siano andate in porto non significa però che tra i banchi sia tornata la normalità. L’unico istituto a fare regolarmente lezione, al momento, è il Volta. Nelle altre scuole per tutta la giornata di ieri si sono susseguite riunioni, lezioni autogestite e momenti di dialogo fra studenti e professori. Quello che succederà nelle prossime ore non è ancora chiaro. L’unica certezza è che i ragazzi delle superiori di Trieste, archiviata l’idea di partenza, stanno studiando nuove forme di protesta. La formula della notta trascorsa passata in classe, sperimentata l’altra sera al Max Fabiani, di sicuro non si ripeterà. È stato un atto dimostrativo, spiegano i ragazzi, che lascerà spazio adesso ad assemblee di mattina e a corsi autogestiti il pomeriggio. E la speranza è di riuscire a coinvolgere nei corsi anche ricercatori universitari e magari Margherita Hack, a cui lanciano un appello. La mattinata di ieri è stata particolarmente movimentata al Nautico. Agli alunni era stato offerto un incontro con il preside per giovedì. Ma i rappresentanti degli studenti hanno radunato nei corridoi della scuola di piazza Hortis tutti i loro compagni di scuola e, dopo una trattativa durata un’ora e mezza con il dirigente scolastico, hanno ottenuto l’autogestione. E sono autogestiti anche il Da Vinci e il Sandrinelli. Ogni giorno c’è assemblea dalle 8 fino alle 9.30, quindi gli studenti hanno la possibilità di scegliere quale seguire fra i 17 corsi tenuti dai loro compagni di scuola. Anche negli altri istituti la giornata di ieri è stata segnata da assemblee e riunioni fra alunni e presidi. Riunioni che sono durate fino al pomeriggio inoltrato e con tutta probabilità ricominceranno questa mattina. «Alcuni nostri compagni hanno chiesto un incontro con il sindaco Cosolini- fa sapere Lara, studentessa dal Dante – e ora aspettiamo la sua risposta». «Qui all’Oberdan -racconta Erasmo- le assemblee sono molto affollate e domani (oggi ndr) andremo avanti con le discussioni». Nel frattempo alcuni studenti, riuniti sotto la sigla del Coordinamento unito scuole Trieste, hanno diramato un comunicato stampa dove spiegano il loro punto di vista sulle ragioni della protesta, inserita in un quadro di dissenso verso il sistema finanziario e politico, oltre che sull’intervento della Digos di martedì. «Ci siamo trovati davanti ad una vera e propria repressione – si legge nella nota -, scatenata usando strumentalmente come pretesto i fatti accaduti a Roma il 15 ottobre. Ronde di polizia fin dall’alba, zone vicine agli istituti quasi blindate, torce, volanti e divise: questo lo scenario che ci siamo trovati davanti. Un intervento repressivo voluto anche dai dirigenti scolastici che, la settimana scorsa, hanno chiamato le forze di polizia per “controllare” la situazione». «Ma noi -conclude il comunicato -, non ci fermeremo e, al contrario, continueremo la mobilitazione con più forza. Ci hanno buttato fuori dalle scuole, ora noi ci prendiamo tutta la città!».
Fabiani, il prof: sui ragazzi luoghi comuni
Si sbaglia di grosso chi si aspetta un capopopolo o un istigatore degli studenti. Perché Pietro Bellino, l’insegnante del Max Fabiani che con la sua presenza ha permesso che una trentina di studenti permanessero legalmente all’interno della scuola durante la notte di martedì, è il ritratto vivente della tranquillità. È un professore (precario) di economia, ha 54 anni, la barba lunga e un accento che tradisce le sue origini sicule. E per dare la possibilità ai suoi studenti di manifestare, martedì è rimasto a scuola dalle 18 alle 7.25 del giorno successivo, ovvero fino all’arrivo dei bidelli. «La notte – racconta – è andata bene ed è stata un’esperienza molto positiva. I ragazzi si sono comportati benissimo, hanno tenuto in ordine e difeso la propria scuola. Questa iniziativa ha avuto il vantaggio di evitare lo scontro frontale con le forze dell’ordine, pur dando la possibilità ai ragazzi di esprimere il loro dissenso». Bellino ha dormito fra le sedie della bidelleria, ma nella notte non sono mancati momenti di dialogo e confronto con gli alunni. «I discorsi che vengono fatti sugli studenti che manifestano unicamente per fare vacanza sono solo dei luoghi comuni», assicura: «I ragazzi protestano contro i tagli, che penalizzano soprattutto gli istituti tecnici causando la perdita di insegnanti e di ore di laboratorio. Ma anche contro le telecamere installate nei dintorni delle scuole della Provincia: per gli studenti le priorità sono ben altre». «Pensare che l’ultima volta in cui ho dormito in una scuola – ricorda infine Bellino – risale all’occupazione del liceo scientifico di Palermo nel ’77. Dormire nelle scuole, ma legalmente: ai nostri tempi – annota con una battuta – queste cose ce le sognavamo…». (g.o.)