Giornate intense per la lotta degli studenti a Trieste. Ieri dopo le minacce della Digos…
tutte le scuole superiori hanno smobilitato le occupazioni, trasformandole quasi ovunque in autogestioni. Ma questo non ha fermato la voglia di lottare e dopo un tam tam circa 300 studenti si son trovati in p.oberdan per un sit-in con tanto di blocco stradale.
Nel pomeriggio invece è la volta degli universitari. In occasione dell’apertura dell’anno accademico in p.le Europa hanno dato vita ad una performance, straiandosi in massa sulle scale che portano all’aula magna, con addosso cartelli con un’impronta di scarpa a simboleggiare “state calpestando l’università”. In seguito un rumoroso corteo di circa 300 studenti e docenti (pochi) è sceso fino a piazza Oberdan davanti al palazzo del Consiglio regionale dove è stato costruito un simbolico muro di cartone.Presente e -troppo- incensato il rettore. Continua nel frattempo l’occupazione notturna della facoltà di lettere con varie iniziative di approfondimento e informazione.
Questa mattina invece un migliaio almeno di studenti medi (alcuni dei quali arrivati con cortei spontanei dalle proprie scuole) si è ritrovato sotto la provincia in p.Vittorio Veneto dove si sta svolgendo un incontro fra rappresentanti della consulta studentesca (contestati però da molti studenti in quanto non rappresentativi delle scuole in lotta) e della provincia sull’edilizia scolastica.
Per domani è previsto un grande corteo: gli universitari si ritroveranno alle 14.00 in p.Europa per scendere fino a p.Oberdan dove confluiranno nel corteo degli studenti medi che si trovano alle 14.30 in p.Goldoni. Sarà presente anche uno spezzone solidale del Comitato 1° marzo.
In generale si nota che gli studenti medi stanno dando prova di una grande capacità organizzativa e volontà di lotta, sicuramente superiore agli scorsi anni. Gli universitari invece, oltre a non essersi ancora mobilitati in massa, sembrano maggiormente ingabbiati (anche se ovviamente non mancano le eccezzioni) all’interno delle proteste legali e a braccetto con il rettore.
un compagno
Qui sotto la rassegna stampa di oggi.
MARTEDÌ, 16 NOVEMBRE 2010
OGGI VERTICE IN PROVINCIA PER AFFRONTARE IL PROBLEMA
Scuole, finita l’occupazione ma non la protesta
Studenti invitati dalla Digos a liberare gli istituti, pochi però hanno fatto lezione. Corteo in centro
di MATTEO UNTERWEGER
Stop alle occupazioni in tutte le scuole superiori triestine, ma la protesta degli studenti continua. Sotto altre forme, come accaduto ieri quando circa 300 giovani si sono riversati d’improvviso in pieno centro città, dando vita per un’ora a un presidio spontaneo in via Carducci (con la circolazione veicolare di conseguenza bloccata nel tratto fra piazza Oberdan e piazza Dalmazia e anche gli autobus costretti a invertire la direzione marcia), prima di fermarsi poi in piazza Oberdan a discutere sulle modalità di prosecuzione della mobilitazione. È stata questa – hanno riferito gli stessi ragazzi presenti sul posto – la risposta dei giovani stessi all’intervento effettuato poco prima dalla Digos nei vari istituti della provincia. Gli agenti, come annunciato, hanno scelto la via del dialogo per indurre la componente studentesca a porre fine alle occupazioni dopo una settimana. Non c’è stato bisogno di alcuna azione di forza. Rapidamente, le scuole sono state così “riaperte” ufficialmente all’ingresso di docenti e personale Ata (il coordinatore dei presidi Franco De Marchi ha anche riferito che «in alcuni casi si è fatto lezione»), posto che nella maggior parte delle stesse è stato stabilito – di concerto fra studenti e dirigenti scolastici – di proseguire con un altro paio di giorni di autogestione.
La protesta comunque continua, almeno fino a questa mattina ma probabilmente si chiuderà definitivamente solo domani. Oggi è in programma l’atteso appuntamento in Provincia: dalle 9.30 in poi a palazzo Galatti si terrà infatti l’incontro fra i vertici dell’ente provinciale, i dirigenti scolastici dei vari istituti e i rappresentanti degli studenti. Questi ultimi chiederanno rassicurazioni sugli interventi collegati all’edilizia scolastica, la cui complicata situazione è stata oggetto anche della mostra all’aperto organizzata dagli studenti stessi l’altro giorno sotto il Dante in via Giustiniano. Già alle 9, giovani delle varie scuole triestine si raduneranno in piazza Vittorio Veneto, senza portare con sé striscioni ma solo strumenti musicali: un modo, è stato sottolineato ieri mattina al termine della protesta in piazza Oberdan, per non sconfinare nel terreno della manifestazione non autorizzata ma al tempo stesso per far sentire ancora la propria voce pacificamente. «Mettendo pressione, dall’esterno, non solo sulla Provincia ma anche sulla Consulta degli studenti», hanno sottolineato a gran voce le “anime” della mobilitazione.
All’Oberdan, come al Deledda, al Volta, al Petrarca e in altri istituti ancora oggi la giornata dovrebbe partire nel segno dell’autogestione. Il che significa che chi vorrà potrà seguire regolarmente le normali lezioni, mentre al tempo stesso altri opteranno per le attività autogestite. Al Nordio è stato concesso l’utilizzo dell’atrio agli studenti. Al Nautico è prevista la ripresa del consueto programma didattico, secondo quanto riferito dal dirigente scolastico (si veda l’articolo a fondo pagina).
Le forme di protesta potrebbero comunque, in più di qualche istituto, protrarsi anche sino a domani, quando dalle 14.30 si formerà per poi partire da piazza Goldoni il corteo organizzato in coincidenza con la Giornata internazionale per il diritto allo studio.
«Riceveremo i dirigenti scolastici e subito dopo i rappresentanti degli studenti», ha confermato in merito al vertice di oggi l’assessore provinciale con delega all’Edilizia scolastica Mauro Tommasini, che sarà presente assieme alla presidente della Provincia Maria Teresa Bassa Poropat.
NON SI PLACA LA RABBIA DEI RAGAZZI
«No ai calcinacci che rischiano di cadere sulle nostre teste»
«La scuola siamo noi». «Qui riposerà la scuola pubblica. Stiamo riempiendo la fossa…che il sistema sta scavando». «Siamo pre-occupati…ma ce ne stiamo occupando!!!». E ancora l’ormai noto slogan «Cogito ergo occupo». Gli studenti hanno srotolato i loro striscioni di protesta in via Carducci ieri mattina, prima di accordarsi per il nuovo raduno di oggi sotto il palazzo sede della Provincia. Cessate le occupazioni, la protesta si è spostata, improvvisa e spontanea, in città: «Non abbiamo obiettivi politici – ha evidenziato Tommaso Gandini parlando davanti ai suoi coetanei – ma vogliamo dire no ai calcinacci che rischiano di caderci in testa a scuola, no all’assenza di vie di fuga adeguate».
«Al Petrarca abbiamo organizzato per domani (oggi, ndr) una serie di incontri dalle 10 in poi – sono state le parole di Valeria Facchini, che in piazza Oberdan ha fatto pubblicamente il punto della situazione sul liceo di via Rossetti -, con l’ex deportato Goruppi e con lo scienziato Ghirardi. Per raggiungervi qui abbiamo interrotto – ha aggiunto – un incontro informale con i docenti sulle motivazioni della nostra protesta».
Il presidio in programma questa mattina servirà, a detta degli stessi studenti, a mettere pressione anche alla Consulta che li rappresenta (oltre che ai vertici della Provincia), come ha voluto evidenziare Riccardo Laterza, coordinatore regionale dell’Unione degli studenti: «La Consulta, di cui peraltro io stesso faccio parte, non rappresenta precisamente la situazione attuale. Peraltro questa protesta e il corteo di oggi (ieri, ndr) non sono partiti per iniziativa della stessa. Dovrebbe essere composta da due rappresentanti per ogni scuola, con mandato biennale, ma spesso non è così perché ad esempio chi ne è uscito non è stato rimpiazzato».
Anche all’interno della componente studentesca, dunque, qualche frizione pare emergere. «Semplicemente – chiarisce la situazione Selene Simonic, componente della Consulta in rappresentanza del Dante – gli studenti cercano di spronarci a fare il nostro lavoro». (m.u.)
De Marchi: «Ristabilito l’ordine»
Il coordinatore dei presidi: «In qualche istituto riattivata la didattica»
«Non so se abbia interessato classi intere, ma in alcuni casi si è fatto lezione». Il coordinatore dei presidi Franco De Marchi, dirigente scolastico del Carducci e reggente del Dante, prova a tracciare il quadro generale della situazione.
Un mosaico non facile da assemblare, quello delle scuole superiori cittadine, da ieri mattina non più occupate dagli studenti dopo l’intervento della Digos. In ognuno degli istituti, i contorni di una protesta che ha mutato contenitori ma non contenuto hanno dei loro connotati specifici. «Autogestioni? Sono cose che si decidono nelle singole scuole – prosegue De Marchi -. Possono esserci anche delle forme miste concordate fra ragazzi e professori. In ogni caso, chi vuole può fare regolarmente lezione. L’ordine infatti è stato finalmente ripristinato grazie agli interventi persuasivi messi in atto». Pare non siano stati registrati particolari danni all’interno delle scuole: «Cosa sia successo nei diversi istituti non lo so. Al Carducci e al Dante non abbiamo avuto danni significativi», conclude De Marchi.
«Solo un po’ di confusione, ma nessun danno particolare alla scuola», conferma dal canto suo Raffaele Marchione, dirigente scolastico dell’istituto Nautico. «Giusto il tempo di pulire ma domani (oggi, ndr) sarà una giornata di lezione normale a tutti gli effetti»», aggiunge Marchione.
Al Deledda «l’autogestione dovrebbe proseguire fino a mercoledì», arrivando così a chiusura domani, nella Giornata internazionale del diritto allo studio. A riferirlo è direttamente Maria Cristina Rocco, preside dell’istituto tecnico per attività sociali.
In una lettera arrivata in redazione, un gruppo di insegnanti del Volta evidenzia: «Gli allievi sollevano problemi reali ed hanno preoccupazioni giustificate, che dovrebbero interessare tutti. In fondo – concludono – per loro la scuola pubblica è il cardine della società civile: lo è anche per noi». (m.u.)
FORMATO CON SCATOLE DI SCARPE, UNA PROTESTA CONDIVISA DAL RETTORE
Il muro del pianto alzato dai manifestanti
Parlare di scontro istituzionale è forse troppo, fatto sta però che ieri sera la cerimonia per l’apertura dell’anno accademico si è conclusa con un corteo di studenti che è sceso fino al Consiglio regionale in piazza Oberdan, e lì è arrivato anche il rettore Peroni reduce dalla cerimonia, e si è rivolto ai ragazzi con queste parole: «Sono orgoglioso dei miei studenti».
Solo poco tempo prima, nell’aula magna, si era profilato un profondo dissenso a due voci: Peroni contro la Regione, Tondo contro le proteste di Peroni. Unico, peraltro, il presidente della Regione, a difendere le politiche governative sui tagli, di fronte a una platea che quei tagli aveva denunciato con forza, e davvero platealmente.
I giovani si sono portati dietro fino in Regione il loro «muro» costruito con un assemblaggio di scatole vuote, un muro del pianto portatile per invocare finanziamenti e leggi conformi per l’università. E il rettore li ha seguiti, forse per non lasciare la protesta a se stessa, forse per condividerla.
«Tenete duro – ha anche detto il rettore -, perché la politica ha tempi lunghi, non deludetevi se le cose andranno con lentezza». Alla fine il muro di cartone è stato dai ragazzi preso a calci e sbranato lì per lì. Ma larga parte del corpo studentesco ha fatto capire che è tornato un tempo che sembrava finito: quello dell’impegno in prima persona. (g. z.)
Università, si riparte con un minuto di silenzio
Il ”De profundis” di Peroni durante la cerimonia. Gli studenti portano in aula i palloncini
di GABRIELLA ZIANI
Anche il silenzio è eloquente. Ieri nell’aula magna dell’università, all’inaugurazione dell’87.o anno accademico, dopo le forti parole del rettore Francesco Peroni (orgoglio per i risultati, ma totale dissenso sulle politiche nazionali e regionali) i ricercatori hanno chiesto e ottenuto un «segnale», dopo aver a propria volta, assieme al personale tecnico e amministrativo e agli studenti, deprecato lo stato in cui si trova il sistema universitario, definanziato e con riforme criticate, e comunque al palo.
Peroni ha raccolto, e invitato la folla che riempiva l’aula magna, colorata di palloncini di protesta issati proprio dagli studenti, a un minuto di silenzio. Il mondo accademico ha così recitato, muto e in piedi, il «de profundis» per l’istituzione in cui vive e lavora, silenzio stridente in un pomeriggio denso di parole.
Spiccava nella relazione del rettore l’accento sull’internazionalità dell’ateneo triestino, con la citazione perfino di quante lingue si parlino fra gli studenti (giapponese e cinese inclusi), sull’aumento di imprese nate da fonte universitaria (5-6 in due anni), sui timori per la sopravvivenza stessa dell’università, e il richiamo alla «casa comune» per ridar vita, rispettandola, all’istituzione.
E spiccava tanto più la tonalità del discorso in quanto Peroni ha fatto ingresso nell’aula magna in austero abito scuro. Abolita ogni tradizionalissima pompa: niente ermellino accademico. Né poteva essere altrimenti, il rettore ha confessato la tentazione di cancellare la cerimonia, vista la situazione, e fuori gli studenti tappezzavano, semidistesi, i lati di tre piani di scalinata portando sulla pancia un foglio col disegno stampato di un’orma di piede: «Calpestati».
Ma se Maria Teresa Bassa Poropat (già docente di Psicologia) ha espresso condivisione e sostegno all’università come sede di sapere e organismo sociale ed economico, e assai deciso è stato l’assenso del sindaco Roberto Dipiazza («La politica deve fare scelte sui tagli, guardando allo sviluppo del Paese e non alle rendite delle campagne elettorali, darò il mio appoggio anche quando non sarò più sindaco»), il presidente della Regione Renzo Tondo, attaccato sui ritardi della legge per l’università e sui finanziamenti «a pioggia» agli istituti scientifici, ha lasciato in tasca il testo scritto, e ha risposto a braccio.
«Respingo – ha detto – la visione di due mondi separati: un’università virtuosa e un ”fuori” che attenta all’università, chi governa ha il dovere di farsi carico di tutti». Pur apprezzando il lavoro di Peroni, e anche la riuscita collaborazione con Udine che non è così scontata, Tondo ha ammesso che la legge regionale sugli atenei è in ritardo (ma sarà varata dopo la finanziaria), e soprattutto ha citato i finanziamenti e le riforme della Sanità, le infrastrutture regionali, i problemi del trasporto pubblico, e in un contesto di gravi e corali critiche ha difeso a spada tratta l’azione del Governo: «Lo Stato ha iniziato un percorso di rigore, e anche troppo tardi, ha costi per 800 miliardi e ne produce 720, non poteva continuare così».
La ricetta di Dipiazza, invece, ha suscitato un mormorìo, perché arrivata un secondo dopo l’intervento di Poropat: «Per trovare i soldi eliminiamo le Province, e altri enti inutili, credo saremo tutti d’accordo che l’Italia sopravviverebbe benissimo senza le Province, ma non avrebbe un gran futuro senza le eccellenze della ricerca e dell’università». Il sindaco aveva comunque portato a esempio il Comune: dirigenti e impiegati calati di numero, ma «welfare» assicurato. «Non è che la politica sia nemica dell’Università – ha detto anche -, ma la politica è nemica del Paese quando non decide, imponendo sacrifici senza attuare quei criteri meritocratici che consentirebbero alla società di crescere e non di regredire».