SOLO CON LE NOSTRE MANI – volantino distribuito fuori dal consiglio comunale di Maniago, 28/01/2011

Tutta la zona della Pedemontana pordenonese è interessata ad un processo, già in atto da alcuni decenni d’industrializzazione, che si sta pericolosamente avvicinanado alla montagna. Tanto che hanno già deciso di abbattere una montagna di 763 mt solamente per fare spazio ad un cementificio. Oltre al deturpamento del paesaggio, del furto di spazio alla comunità locale, c’è il dissesto ecologico che ne consegue.
Abbattere una montagna significa modificare un sistema di correnti d’aria, scambi tra zone più fredde e più calde, che sono parte di quel sistema di boschi, fiumi, prati, persone, che viene condannato. Siamo sicuri che tutto ciò non comporterà il dissesto idrogeologico, siamo sicuri di non ritrovarci tra alcuni anni con smottamenti, frane, vite umane messe a repentaglio?
In nome di quale progresso la Val Vajont è tristemente nota?
Il fantomatico sviluppo industriale aveva già portato un cementificio proprio ai piedi della collina su cui si trova l’abitato di Fanna. Poi decidono di metterci un termovalorizzatore per alimentare il cementificio, e produrre così il “cemento sostenibile” (Sigh!), perché è prodotto dalla combustione di rifiuti, ma non rifiuti come gli altri, di “Qualità”.
I CDR-Q, sono i rifiuti solidi urbani, addizionati con gli scarti di quell’industria automobilistica, tristemente nota alle cronache, con il caso Fiat. Infatti i rifiuti solidi urbani sono addizionati di pnumatici. Un famoso chimico francese nell’800 scoprì che nulla si crea e nulla di distrugge ma tutto si modifica. Che fine fa il residuo della combustione? Perché molta parte degli studi scientifici riferiti alle polveri sottili (nanopolveri e micropolveri) che le descrivono come pericolose in quanto insidiose anche a lungo raggio nel tempo sono completamente estromessi come base documentale dagli organi “competenti” in fatto di agibilità ambientali?
I cittadini di Fanna hanno iniziato a chiedere dei chiarimenti all’amministrazione pubblica esponendo le loro istanze: si sono rivolti al comune, alla regione, all’Arpa e sono rimasti inascoltati.
Un copione già visto e che si ripete inesorabile sancendo quale ruolo abbiano davvero i cosiddetti “cittadini” e la “società civile”: quello di cavie!
Questa è la democrazia rappresentativa, rappresentativa sicuramente degli interessi di pochi a scapito dei più!
Quale progresso, quale sviluppo se ipotechiamo il nostro futuro? Riempirsi la bocca di sicurezza per metterci le fabbriche dei veleni sui davanzali di casa, mentre si finanziano le ronde padane? Tutto questo rappresenta la profonda crisi di un sistema di gestione politica demagogica, populista e autoritaria.
Uscire da questa farsa elettorale bipartisan è possibile solo con il mutuo appoggio,  tramite l’autogestione della comunità, che liberamente si esprime in forme di autogoverno, fondato sullo scambio, la relazione non gerarchica e opportunistica tra le persone, il mutualismo, la solidarietà attiva. In alcune parti d’Italia come a Spezzano Albanese o San Lorenzo del Vallo, dal basso, tramite la creazione della Federazione Municipale di Base,  includendo abitanti, cooperative, artigiani e associazioni sono riusciti a creare un vero e proprio contropotere costringendo il comune a scornarsi su ogni minimo tentativo di depauperare il territorio, specularci e svenderlo e progettando un vivere diverso.
Ed è proprio nelle lotte ambientali ed ecologiste che appare quanto profonda sia la crisi dell’organizzazione gerarchica del potere. Le persone chiedono di partecipare alle scelte politiche del proprio territorio, di essere attivi costruttori del proprio futuro; a Terzigno hanno bloccato più di una discarica bruciando le schede elettorali, strumento di spartizione di mafie e priveligi al sud ed ancora a in Val Susa, al Nord, stanno bloccando la TAV plurimilionaria e devastatrice da almeno 15 anni.

Non un partito né un’istituzione è riuscita a difendere donne, uomini, famiglie e figli, solo l’unione, la determinazione e l’azione diretta della gente del posto. Anche in Friuli è giusto spezzare questa cappa di rassegnazione che accompagna la cultura e l’immaginario di questi territori:
se non ora quando? Se non noi chi?

 

INIZIATIVA LIBERTARIA