RIGASSIFICATORE: Tondo cambia idea…che strano!

Dal Piccolo del 13/12/12

«Mettiamo una pietra sopra al rigassificatore»

Il governatore Tondo all’affollato convegno sul porto: «L’altro obiettivo è di spostare il punto franco dal vecchio scalo alla banchina di Servola»

di Silvio Maranzana «Una pietra sopra il rigassificatore». Non poteva non focalizzarsi su questo tema il convegno “Il futuro è il porto” organizzato dal Piccolo, moderato dal suo direttore Paolo Possamai e svoltosi dinanzi a una folla strabocchevole dato evidentemente anche l’argomento caldo del momento. E su questo tema il governatore Renzo Tondo, seppure in scadenza di mandato, è stato chiaro come non mai: «Ci mancherebbe che si voglia insistere su una situazione non gradita – le sue parole – mettiamoci una pietra sopra e che sia finita. E pensiamo al futuro di questa città». Non solo, il presidente della Regione ha anche rimarcato il fatto che questa giunta non ha mai fatto un passo a favore dell’impianto di Zaule. «La sua strategicità – ha affermato – è stata dichiarata dalla giunta precedente. Il via libera all’Aia è stato un grossolano errore di un nostro dirigente che infatti è stato ora destinato ad altri incarichi. Io invece prendo atto di una forte contrarietà». Va ricordato che l’Autorizzazione unica a Gas Natural deve essere data dal governo, in accordo con la Regione. Ma in una serata evidentemente favorevole alle rivelazioni, Tondo è stato esplicito anche su Porto vecchio: «È indispensabile creare un’intersezione tra il Porto Vecchio e l’area della Ferriera di Servola. Chiaro che sono per la sdemanializzazione dello scalo antico e non mi interessa se i proventi vanno a Regione, Provincia o Comune, è importante invece che quesi proventi siano utilizzati per riconvertire a fini portuali l’attuale area della Ferriera dove dovrebbe essere spostato il Punto franco». Ma se su questi due snodi fondamentali s’intravede una via d’uscita, è nebbia fitta su alcune infrastrutture anch’esse vitali per il futuro dello scalo. «Che ne è del prospettato terminal ro-ro all’ex Aquila?», la domanda di Possamai. «È previsto da un accordo di programma nel 2005, poi nel maggio scorso è intervenuto un altro accordo di programma sulle bonifiche, ma quell’area ne è esclusa», la risposta di Paolo De Alti direttore dell’Ezit. «Ma a che punto siamo?» «L’accordo del 2005 è scaduto nel 2010. Bisogna riportare il soggetto privato agli obblighi che si era assunto» «Ma chi deve farlo?» «Non vorrei essere impertinente, ma la regia era in capo alla Regione». La domanda finisce a Tondo che risponde: «Sinceramente non posso sapere tutto, prendo atto di questa segnalazione». Un altro mistero, e nemmeno buffo, è il raddoppio del Molo Settimo. Pierluigi Maneschi, proprietario della società terminalista vuole ancora farlo? «Se cresce il traffico, deve essere fatto. Ma tutto passa attraverso la rampa ferroviaria automatizzata, struttura che fa sì che non siano più necessarie le lunghe e costose manovre ferroviarie. Tre anni fa l’abbiamo chiesta all’Autorità portuale che ha cercato di convincere le Ferrovie dello Stato. Rfi ha risposto: va bene, ma vogliamo gestirla noi. Impossibile perché Rfi non ha né gli uomini, né le macchine. Ora l’Autorità portuale e la Regione dovrebbero portare avanti questo progetto che ci permetterebbe di rendere molto meno onerosa l’operazione di prolungamento della banchina». «Avete parlato di questo in Comitato portuale?», la domanda di Possamai al sindaco Roberto Cosolini. «Mai parlato», la risposta. Le ferrovie sono tradizionalmente un punto di forza per il porto di Trieste e potrebbero essere la chiave di volta per un rilancio futuro come è apparso anche dalle relazioni iniziali del presidente dell’Ordine degli ingegneri Salvatore Noè e dell’ex direttore compartimentale delle infrastrutture delle Fs Mario Goliani. Eppure dopo l’incontro del 29 febbraio con l’ad di Ferrovie dello Stato Mauro Moretti è calato l’oblio anche sul progetto di rafforzamento delle strutture ferroviarie portuali. «Una prima bozza non ha superato l’estate – ha tentato di spiegare Cosolini – una seconda è stata giudicate negativamente dagli operatori portuali. Spero che entro la fine dell’anno sia pronta una controproposta per chiedere un nuovo incontro a gennaio». «A Trieste abbiamo impiegato sei anni per liberarci del monopolio di Trenitalia che faceva pagare tariffe altissime – ha spiegato Maneschi – recentemente la situazione è migliorata perché abbiamo più società in competizione. Ma dobbiamo fare i conti con Capodistria dove le tariffe sono del 40% inferiori e dove si sono trasferiti anche molti nostri spedizionieri. Ora sono più rapidi anche i controlli doganali, ma nel frattempo i clienti sono scappati e dobbiamo riconquistarli». «É uno dei tanti mali dell’Italia – ha concluso Stefano Patriarca segretario della Camera di commercio – dove ci sono ben 17 enti con competenze doganali»

 

Sala blindata, i contestatori restano fuori

Massiccio lo spiegamento di forze dell’ordine, un centinaio i dimostranti di “Trieste Libera”

Che quello sul futuro di Trieste e del suo Porto sarebbe stato un convegno “blindato”, lo si è capito già un paio d’ore prima che iniziasse il dibattito, quando i mezzi delle forze dell’ordine si erano piazzati ai lati dell’ingresso principale dell’Hotel Savoia, mentre i reparti della Polizia e dei Carabinieri in tenuta antisommossa presidiavano la zona d’accesso completamente transennata. A sorvegliare le entrate laterali di via Cadorna e via Boccardi pattuglie della Guardia di Finanza. Un servizio d’ordine previsto ed inevitabile dopo l’irruzione dei manifestanti di lunedì scorso in Porto Vecchio, che ha mandato all’aria l’incontro cui doveva intervenire anche il Ministro dell’Ambiente Clini. Questa volta il filtro all’ingresso è severo: chi non è autorizzato non può entrare. Non manca la protesta di qualche cittadino che si sente “escluso” da un dibattito popolare. A restare fuori dalla porta anche qualche volto noto della politica locale e non solo. Sorvegliato speciale è il gruppo dei manifestanti che si profila all’orizzonte intorno alle 17. Sono circa un centinaio ma si fanno sentire con tamburi, fischietti e slogan che si rifanno al Territorio Libero di Trieste. Stavolta però si mantengono a distanza di sicurezza, sul lato opposto delle Rive. Poco più di una decina di metri in linea d’aria. Non c’è nessun contatto ravvicinato e nessuna irruzione in sala. Non mancano però gli attacchi verbali ai rappresentanti della classe politica locale. Sono da poco passate le 17 quando il Presidente della Regione Renzo Tondo fa il suo ingresso al Savoia scortato dagli agenti della Digos. Viso teso e passo veloce, ma non sufficiente per evitare i fischi dei manifestanti che lo beccano con “sei un falso”. Qualche minuto più tardi arriva l’altro atteso protagonista del dibattito, il sindaco di Trieste Roberto Cosolini, che sfoggia un sorriso di circostanza. Anche per lui si alza una dose di fischi e un “tornatene a casa”. Il convegno può iniziare regolarmente, ma fuori la protesta continua. Rumorosa ma pacata. «Quello che vogliamo sottolineare è l’assoluta incapacità di gestire un Porto internazionale come quello di Trieste da parte della classe politica – precisa Sandro Gombac, vice presidente di Trieste Libera -. Sdemanializzare il Porto significa farlo morire. Serve invece aprirlo ai grandi investitori mondiali che arrivano soprattutto dalla Russia e dal Brasile». Pierpaolo Pitich