RIGASSIFICATORE: «Sviluppo del porto negato dal rigassificatore»

Dal Piccolo del 16/01/13

«Sviluppo del porto negato dal rigassificatore»

Gianfranco Badina «ha mai sentito parlare di distanze di sicurezza? Parrebbe di no, a leggere quanto sostiene». La replica arriva dal Coordinamento regionale Uil Vigili del fuoco – Tavolo tecnico rigassificatori, a firma di Adriano Bevilacqua su testo di Giorgio Trincas, docente universitario e membro del Tavolo tecnico. Badina, comandante marittimo ed ex docente all’istituto Nautico, ha sostenuto in sostanza che il rigassificatore non ostacola altre navi ed è compatibile con lo sviluppo del porto. Molti rigassificatori onshore in effetti sono installati in porti e zone industriali. «Ma questi progetti appartengono al passato remoto, quando la percezione dei rischi e le normative erano deboli. Oggi esistono soluzioni che consentono di produrre gas al largo della costa, con sistemi a circuito chiuso, che attraverso pipelines sotto il fondale marino potrebbe essere immesso nella rete nazionale». Se si utilizzassero le soluzioni navali «come in anni recenti in Corea del Sud, Usa, Belgio e Italia (Livorno, Falconara) non occorrerebbe costruire a Zaule i due serbatoi di stoccaggio del gas liquido da 160mila metri cubi di capacità che presumibilmente sarebbero alti 55 metri con diametro di 81 metri». Il Tavolo ricorda che dei requisiti normativi richiesti «a quanto ci risulta non esiste traccia nella documentazione di Gas Natural relativa all’impianto di Zaule». Quanto agli aspetti normativi navali, «è vero – continua il Tavolo tecnico-Uil vigili del fuoco – che l’organizzazione delle Nazioni Unite che si occupa della sicurezza umana in mare, l’Imo, non ha ancora uno specifico comitato» sui rigassificatori. «Ma ha risposto con raccomandazioni sempre più stringenti. In ogni caso le norme Imo impongono che, per tutto il tempo necessario allo scarico del gas, le navi metaniere devono avere la prua al mare e i motori attivati, con il canale navigabile libero, per potersi allontanare immediatamente senza attendere i rimorchiatori in caso di incidente e/o incendio a bordo o in banchina. Come potrebbe essere gestita un’emergenza con il canale di navigazione impegnato, ad esempio, da una petroliera?» Quanto alle distanze di sicurezza, «i 200 metri standard sono relativi alla presenza nelle vicinanze del rigassificatore di altri manufatti che possano determinare un effetto domino. Ma quando parliamo delle navi gasiere, le distanze di sicurezza sono ben altre: 500 metri per Cameron (Golfo del Messico), 900 per Cook (Alaska), 450 metri sia a Chesapeake (Norfolk Virginia)… più una congrua fascia di mare sempre libera». Secondo il tavolo tecnico dunque «il Porto di Trieste sarebbe quanto meno in sofferenza per quattro giorni alla settimana».