Si va verso la conferma di ciò che fu denunciato un anno fa.
25 / 3 / 2010
L’udienza preliminare per il processo dell’operazione blu, che si è
tenuta lo scorso 16 marzo al Tribunale di Gorizia, ha portato a
risultati tanto attesi quanto previsti.
Era chiaro, ad un anno di distanza dagli arresti che hanno costretto
diversi attivisti dell’Officina sociale di via Natisone a due
settimane di reclusione, che sancire e ridicolizzare il “grossolano
errore” della questura goriziana con l’archiviazione totale del caso
sarebbe stato inaccetabilmente eclatante e avrebbe ulteriormente
compromesso l’immagine già troppo lesa degli inquirenti. È in
quest’ottica che il proscioglimento, totale o parziale, di molti
imputati, ha provato l’ennesimo ridimensionamento delle accuse e di
tutto il teorema incriminatorio imbastito dal Pm Marco Panzeri insieme
alla Squadra mobile del Commissariato e del nucleo operativo dei
carabinieri di Monfalcone.
A conti fatti, la definitiva archiviazione dell’art. 79 della legge
sugli stupefacenti non è un particolare di poco conto: si trattava
infatti dell’imputazione principale, la cornice in cui si iscriveva il
quadro probatorio delle supposte condotte illecite di spaccio e
cessione di sostanze stupefacenti.
Invece, diversi attivisti sono stati prosciolti proprio dall’accusa
“…di aver adibito dei luoghi di propria pertinenza al consumo e al
traffico di sostanze stupefacenti..”; accusa che riguardava in
particolare lo spazio autogestito dell’officina sociale e alcune case
auto-assegnate. È fallito dunque il tentativo generalizzato di
criminalizzare gli spazi sociali e le migliaia di persone che in
questi anni hanno frequentato l’Officina rendendola viva e attiva sul
territorio. Il giorno degli arresti le cronache locali non lanciavano
solo a caratteri cubitali nomi e ipotesi di reato, ma anche,
riportando quasi alla lettera l’ordinanza di carcerazione, sancivano
lo spazio sociale come nodo nevralgico del narcotraffico di tutta la
provincia. Eppure adesso il giudice per l’udienza preliminare ha
definitamente sentenziato che tale circostanza, oltre a non emergere
in nessun riscontro materiale, non corrisponde al vero.
É stata inoltre disposta l’apertura del processo vero e proprio, che
si terrà il prossimo 16 luglio: quel giorno i 13 imputati rimasti,
tutti militanti dell’officina sociale e soggetti attivi nella realtà
politico-culturale del territorio, dovranno rispondere di singole
imputazioni derivanti dalle sommarie informazioni testimoniali
raccolte per due anni tra decine e decine di giovanissimi o persone
che in maniera saltuaria hanno frequentato lo spazio sociale di via
Natisone o il bar Tommaso di Monfalcone. In quella sede si potrà
capire come, dove e perché certe informazioni sono state raccolte
dagli inquirenti, soprattutto da quei carabinieri che, poche settimane
dopo la scarcerazione dei sei compagni arrestati, sono stati a loro
volta inquisiti, allontanati dalla loro sede di lavoro e in alcuni
casi arrestati a loro volta. Questo aspetto potrebbe essere
effettivamente il più interessante di tutta la vicenda, nonché il lato
positivo della non archiviazione del processo. Possiamo essere certi
che tante sorprese verranno allo scoperto anche in questa ulteriore
fase del processo “operazione blu”. Il passaggio da imputati a parti
lese non è particolarmente interessante: quello che ci interessa è
continuare a ribaltare il punto della discussione per sottolineare
come le operazioni repressive che si continuano a susseguire nel
nostro territorio rappresentano la foglia di fico del sistema
politico, economico e giudiziario in questo angolo di nordest. Come
abbiamo detto davanti alle porte del tribunale il 16 marzo, ribadiamo
che non c’è differenza tra il potere politico, quello
economico/finanziario e quello giudiziario: tre pilastri su cui si
basa il tessuto affaristico- mafioso che sta tentando di trarre
massimo profitto dalla crisi economica in corso e contemporaneamente
garantirsi la pace sociale e l’emarginazione di quei soggetti che da
sempre rivendicano indipendenza e praticano la disobbedienza contro le
logiche di sfruttamento e di precarizazzione della società.
Ridicolizziamo sul loro terreno e nei loro tribunali la retorica della
legalità e della sicurezza pretendendo libertà, giustizia e dignità
per tutti, soprattutto per chi come noi rivendica da sempre la propria
colpevolezza.
Noi siamo colpevoli, colpevoli di non essere né spacciatori né
confidenti, colpevoli di essere indipendenti, insofferenti al
controllo e antiproibizionisti.
Siamo colpevoli di praticare quello in cui crediamo. Siamo colpevoli
di rivendicare la legalizzazione dei derivati dalla cannabis perché
sappiamo che la canapa italiana può rappresentare una materia prima
fondamentale all’interno di una svolta “green economi” sostenibile e
dal basso. Rivendichiamo la possibilità dell’utilizzo della cannabis e
dei suoi derivati nella ricerca farmaceutica e scientifica come
praticato da molti altri paesi, europei e non.
E rivendichiamo anche la possibilità, per chi lo vuole, di coltivarsi
e consumare in libertà un prodotto naturale e innocuo che viene
utilizzato dall’umanità dall’alba dei tempi.
Rivendichiamo la fine del proibizionismo soprattutto per sconfiggere
il narcotraffico, sviluppare e articolare servizi e progetti di
accoglienza, riduzione del danno, inchiesta e intervento contro tutte
le dipendenze perché il proibizionismo è l’arma migliore delle mafie
come dei regimi autoritari e oscurantisti.
Lottiamo quotidianamente per altre politiche sociali, culturali ed
economiche che sappiano aggredire alla radice le precarietà
esistenziali e lavorative come il degrado culturale che sta alla base
dell’espandersi delle diverse dipendenze e della marginalità sociale
connesse.
Rivendichiamo soprattutto la fine di un sistema ipocrita di “mele
marce” dove trafficanti, mafiosi e “inquirenti” costruiscono le loro
fortune sulla pelle delle moltitudini di lavoratori precari, studenti
e semplici consumatori a cui viene lasciato un mondo fatto di carcere,
lacrime, sangue………e merda, tanta merda.
E fin qui di merda ne abbiamo vista fin troppa.
Comunicato di
Operazione blu still in action