Al presidio autorganizzato degli indignados/incazzados sono girate un centinaio di persone. La gran parte s’è accampata per circa un’ora e mezza per poi sfilacciarsi in serata. Durante l’iniziativa le tre azioni simboliche che han chiuso la Banca d’Italia, Equitalia e la prefettura hanno avuto un buon momento di attenzione. Gli interventi al microfono hanno destato la curiosità di molte persone di passaggio, sicuramente estranei alla protesta ma che hanno voluto fermarsi ad ascoltare. Diversi i passaggi appaluditi.
Tirando le somme possiamo dire che l’iniziativa di ieri è andata abbastanza bene: ha saputo comunicare, ha rimarcato le responsabilità della crisi legando una protesta globale a nomi e cognomi regionali e provinciali, parlando concretamente di questioni legate al territorio dalla situazione lavorativa ai migranti, dalla TAV ai vari scempi ambientali, alle caste inamovibili che si alternano e al “nulla” della politica elettorale.
Alcune considerazioni vanno fatte per la situazione pordenonese.
Ancora una volta, senza sponsor e possibili palchi elettorali diretti e indiretti, la scena coinvolta è davvero misera.
A livello studentesco il nulla se non qualche singolo, delle varie “se non ora quando”, “Acqua bene comune” e altre emanazioni mediatiche che appaiono e scompaiono all’improvviso peggio dei black bloc neppure l’ombra, a conferma del fatto che sono poi ennesimi filoni partitici in salsa “piazzettara”. Puntuale la presenza di alcune rappresentanze dell’Associazione Immigrati e del sindacalismo di base, per altro unici intervenuti con un buon approfondimento a microfono aperto.
Il PD c’era timidamente al lato della piazza con 3 militanti e due cartelli divertenti, alla fine siccome l’invettiva degli incazzados non ha risparmiato neppure loro (volevamo ben vedere) si sono lasciati sfuggire ai giornali la solita perla di saggezza sulla “protesta che manca di proposta”…l’ovvia considerazione che per molti, sempre più, se la proposta sono loro meglio per intanto accontentarsi della protesta non li sfiora nemmeno (!).
Verso la fine diverse persone hanno voluto confrontarsi e hanno cercato d’informarsi su come proseguire un’impegno e questo è il dato più postivo.
Rifondazione ha stipato tutto il possibile su due pullman da Trieste e Pordenone passando per Udine per andare a Roma, il motto era, ed è, che bisogna andare dove c’è più gente possibile, far vedere le bandiere e cercare di racimolare il raccattabile alle prossime elezioni di vario grado. Gli è andata male visto quanto successo a Roma (ampiamente immaginabile). A Udine qualcuno ha provato a presentarsi con le bandiere e non li hanno voluti nonostante il patrocinio di Honsell (la beffa oltre il danno).
La scelta di non puntare su Roma è stata in definitiva un’ottima scelta per varie ragioni e in prima perchè c’è bisogno di radicare sui territori un’opposzione che ha invece molte proposte ma che senza sponsor deve allargarsi e percorrere ben più strada di qualche scorciatoia mediatica o istituzionale. I tempi peggioreranno, chi continua ad illudersi che nascondendosi dietro alla “legalità” e le “istituzioni” passerà ‘a nuttata dovrà ravvedersi fra non molto, così come sarebbe il caso che anche gli esteti dei riot s’accorgano che i videogiochi prima o dopo finiscono i livelli e arriva il game over e nel frattempo chi sta cominciando ad aprire gli occhi è il caso che scenda in strada a irrobustire il percorso di un’alternativa. Fuori dai partiti, contro le gerarchie, nelle assemblee, tra i senzapotere verso l’autogestione dei territori.
Nestor