OMICIDIO RASMAN: confermate le condanne

Da Il Piccolo del 14/12/11

Rasman, la conferma dalla Cassazione: i tre agenti colpevoli

Resta la pena di sei mesi per omicidio colposo Lo avevano immobilizzato bloccandogli il respiro

di Claudio Ernè Colpevoli. La Corte di Cassazione ha confermato ieri le condanne per omicidio colposo inflitte dalla Corte d’appello di Trieste a tre agenti della Volante intervenuti il 26 ottobre 2006 nel monolocale di via Grego dove abitava Riccardo Rasman. Per il capopattuglia Mauro Miraz e per i colleghi Maurizio Mis e Giuseppe De Biase, è questa la condanna definitiva, giunta al termine dei tre gradi di giudizio. Sei mesi di carcere con la condizionale erano stati inflitti ai tre poliziotti nel processo di primo grado celebrato con rito abbreviato. Stesso esito aveva avuto il giudizio l’appello. Ieri si è pronunciata la Quarta Sezione penale dalla Corte di Cassazione dove l’avvocato Paolo Pacileo ha tentato l’ultimo assalto. Intanto il ministero degli Interni aveva già risarcito i congiunti della vittima con 70 mila euro. Nell’aula ieri era presente il capopattuglia Mauro Miraz che ha sempre partecipato alle udienze. Nell’aula del “palazzaccio” ieri erano arrivati anche i genitori e la sorella di Riccardo Rasman che – assieme al loro legale, l’avvocato Giovanni Di Lullo – per anni si sono battuti perché emergesse la verità su quanto era accaduto all’interno di quel monolocale di Borgo San Sergio dove avevano fatto irruzione due equipaggi della volante assieme a un paio di pompieri. Riccardo Rasman si era difeso, si era avventato contro gli agenti. Ne era scaturita una mischia, alla luce delle torce elettriche. Il giovane era stato ammanettato con i polsi dietro la schiena: i vigili del fuoco subito dopo gli avevano legato le caviglie con del filo di ferro. Poi era stato tenuto disteso sul pavimento e perché non potesse più reagire, i poliziotti avevano esercitato sul torace una pressione prolungata che si è rivelata fatale. Riccardo Rasman aveva iniziato a rantolare: la sua disperata richiesta di aria, col relativo rumore delle inspirazioni sempre più strozzate, era stato sentito da una vicina di casa. «Ho sentito i lamenti dell’arrestato che ansimava forte e respirava affannosamente. Erano gli agenti a stare sopra a Rasman». Ma nessuno dei poliziotti ieri condannati definitivamente, aveva pensato di sollevare da terra, liberandolo del loro peso. Quando avevano chiamato il 118 era troppo tardi. L’ambulanza era tornata mestamente vuota al parcheggio ed era entrato nell’appartamentino Ater il medico legale. «Asfissia da posizione» avevano scritto nella perizia i medici Fulvio Costantinides e Giovanni del Ben. Secondo il loro elaborato la tragica conclusione dell’irruzione, dove essere attribuita a una serie di concause: in primo luogo al notevole sforzo muscolare sostenuto da Riccardo Rasman per opporsi all’irruzione degli agenti, richiamati a Borgo San Sergio da alcune telefonate che attribuivano al giovane il lancio in strada di alcuni petardi. In secondo luogo alla sua stazza fisica, piuttosto corpulenta. In terzo luogo è stata determinante «la posizione prona, con le mani ammanettate dietro la schiena e le caviglie legate, nonché con alcune persone poste sulla schiena».