OCCUPYTRIESTE: rassegna stampa del 6 e 7 novembre

Dal Piccolo

07/11/11

Gli studenti nel mirino della Procura

 

Trieste. Aperto un fascicolo su mini-occupazioni e autogestioni. Il pm ha chiesto alla Digos i nomi dei ragazzi coinvolti

di Claudio Ernè

 

Oggi le scuole superiori cittadine riprendono la “normale” attività. Allo stesso tempo, su quanto è accaduto dentro e fuori le stesse aule negli ultimi dieci giorni, la Procura della Repubblica ha aperto un’inchiesta per verificare se eventualmente gli studenti hanno compiuto reati nel corso delle “mini occupazioni” o di quelle che vengono chiamate “autogestioni”. Al momento non vi sono annotati nomi perché il fascicolo è rubricato come “atti relativi”. Nei prossimi giorni la situazione è però destinata a cambiare dal momento che il pm Federico Frezza ha chiesto alla Digos informazioni precise: istituto per istituto, giorno per giorno. Dovranno essere forniti alla magistratura a brevissima scadenza i nomi di coloro che all’inizio della protesta hanno passato in classe una intera nottata. Occupando l’istituto, seppure per un giorno solo come ad esempio è accaduto al Max Fabiani.

 

L’attenzione degli inquirenti è concentrata anche sulle riunioni-fiume che hanno bloccato l’attività didattica; al vaglio anche le cosiddette “lezioni autogestite” che potrebbero aver privato chi non ha ritenuto di aderire alla protesta del normale svolgimento dell’attività didattica.

 

Certo è che l’iniziativa della Procura appare il naturale completamento dell’attività “informativa” svolta per giorni e giorni dagli investigatori della Digos che hanno monitorato quanto accadeva dentro e fuori le aule, annotando e riferendo a livello gerarchico in altrettanti rapporti.

 

Questa attività era già stata pesantemente criticata e denunciata pubblicamente dagli studenti, riuniti sotto la sigla del “Coordinamenti unito scuole Trieste”. Un comunicato stampa aveva spiegato la nuova situazione, che a loro giudizio è andata al di là di quanto era accaduto negli ultimi anni in analoghe situazioni di protesta scolastica.

 

«Ci siamo trovati di fronte a una vera e propria repressione – si legge nel comunicato diffuso dal Coordinamento – scatenata usando strumentalmente come pretesto i fatti accaduti a Roma il 15 ottobre. Ronde di polizia fin dall’alba, zone adiacenti agli istituti scolastici quasi blindate, torce, volanti e divise: questo è lo scenario che ci siamo trovati di fronte. Un intervento repressivo voluto anche dai dirigenti scolastici che la settimana scorsa hanno chiamato gli agenti per controllare la situazione. Ma noi non ci fermeremo e continueremo la mobilitazione con più forza. Ci hanno buttato fuori dalle scuole, ora ci prendiamo tutta la città».

 

Gli agenti in borghese si erano attestati, secondo le informazioni fornite degli studenti, all’esterno del Da Vinci, dell’Oberdan, del Nautico, del Carli, del Petrarca, del Sandrinelli e del Galilei. I giovani che erano entrati a scuola e avevano preso possesso delle aule, delle palestre e dei laboratori, poche decine di minuti più tardi erano stati fatti allontanare dagli agenti della Digos.

 

L’intervento degli uomini della Digos non era stato sollecitato dai dirigenti scolastici: rientrava bensì in un provvedimento diramato da Roma e a cui i questori dovevano dare attuazione. A molti ragazzi già entrati nelle aule durante la notte per organizzare le assemblee, erano stati chiesti, annotati e poi restituiti i documenti. Al Petrarca i mancati “occupanti” dopo essere entrati nell’istituto seguendo il primo bidello, avevano chiuso il portone usando un lucchetto, poi rimosso dai vigili del fuoco. Al Galvani, in via Campanelle, il tentativo di occupazione era abortito: i giovani appena visti gli agenti, erano scappati dalle finestre. Il Comitato di autogestione poco dopo ha revocato l’agitazione.

 

Fuori dall’inchiesta le tende in piazza

 

 

L’inchiesta avviata dalla Procura sembra non coinvolgere i due accampamenti, realizzati in piazza dell’Unità, poi in quella della Borsa. La presenza dei giovani che hanno organizzato dibattiti e assemblee non ha bloccato nè attività pubbliche, nè private. Non è stato rallentato il traffico delle auto e dei furgoni, né tantomeno sono stati creati intralci alle normali corse dei bus del trasporto pubblico. Anche l’intervento della polizia in piazza dell’Unità, nel tentativo di sgomberare i ragazzi dalle loro tende, ha innescato solo resistenze passive. di Claudio Ernè Oggi le scuole superiori cittadine riprendono la “normale” attività. Allo stesso tempo, su quanto è accaduto dentro e fuori le stesse aule negli ultimi dieci giorni, la Procura della Repubblica ha aperto un’inchiesta per verificare se eventualmente gli studenti hanno compiuto reati nel corso delle “mini occupazioni” o di quelle che vengono chiamate “autogestioni”. Al momento non vi sono annotati nomi perché il fascicolo è rubricato come “atti relativi”. Nei prossimi giorni la situazione è però destinata a cambiare dal momento che il pm Federico Frezza ha chiesto alla Digos informazioni precise: istituto per istituto, giorno per giorno. Dovranno essere forniti alla magistratura a brevissima scadenza i nomi di coloro che all’inizio della protesta hanno passato in classe una intera nottata. Occupando l’istituto, seppure per un giorno solo come ad esempio è accaduto al Max Fabiani. L’attenzione degli inquirenti è concentrata anche sulle riunioni-fiume che hanno bloccato l’attività didattica; al vaglio anche le cosiddette “lezioni autogestite” che potrebbero aver privato chi non ha ritenuto di aderire alla protesta del normale svolgimento dell’attività didattica. Certo è che l’iniziativa della Procura appare il naturale completamento dell’attività “informativa” svolta per giorni e giorni dagli investigatori della Digos che hanno monitorato quanto accadeva dentro e fuori le aule, annotando e riferendo a livello gerarchico in altrettanti rapporti. Questa attività era già stata pesantemente criticata e denunciata pubblicamente dagli studenti, riuniti sotto la sigla del “Coordinamenti unito scuole Trieste”. Un comunicato stampa aveva spiegato la nuova situazione, che a loro giudizio è andata al di là di quanto era accaduto negli ultimi anni in analoghe situazioni di protesta scolastica. «Ci siamo trovati di fronte a una vera e propria repressione – si legge nel comunicato diffuso dal Coordinamento – scatenata usando strumentalmente come pretesto i fatti accaduti a Roma il 15 ottobre. Ronde di polizia fin dall’alba, zone adiacenti agli istituti scolastici quasi blindate, torce, volanti e divise: questo è lo scenario che ci siamo trovati di fronte. Un intervento repressivo voluto anche dai dirigenti scolastici che la settimana scorsa hanno chiamato gli agenti per controllare la situazione. Ma noi non ci fermeremo e continueremo la mobilitazione con più forza. Ci hanno buttato fuori dalle scuole, ora ci prendiamo tutta la città». Gli agenti in borghese si erano attestati, secondo le informazioni fornite degli studenti, all’esterno del Da Vinci, dell’Oberdan, del Nautico, del Carli, del Petrarca, del Sandrinelli e del Galilei. I giovani che erano entrati a scuola e avevano preso possesso delle aule, delle palestre e dei laboratori, poche decine di minuti più tardi erano stati fatti allontanare dagli agenti della Digos. L’intervento degli uomini della Digos non era stato sollecitato dai dirigenti scolastici: rientrava bensì in un provvedimento diramato da Roma e a cui i questori dovevano dare attuazione. A molti ragazzi già entrati nelle aule durante la notte per organizzare le assemblee, erano stati chiesti, annotati e poi restituiti i documenti. Al Petrarca i mancati “occupanti” dopo essere entrati nell’istituto seguendo il primo bidello, avevano chiuso il portone usando un lucchetto, poi rimosso dai vigili del fuoco. Al Galvani, in via Campanelle, il tentativo di occupazione era abortito: i giovani appena visti gli agenti, erano scappati dalle finestre. Il Comitato di autogestione poco dopo ha revocato l’agitazione.

 

Bollette, 150 famiglie ringraziano i ragazzi

 

Ci sono almeno 150 famiglie, a Trieste, che stavolta devono rendere grazie, prima ancora che alle istituzioni, agli indignati più o meno giovani. Tanti, 150 per l’appunto, sono i nuclei – singoli e soprattutto plurimi – in conclamata difficoltà a pagare le bollette di luce, acqua e gas, sempre sul filo del distacco dei contatori, al punto che dei pagamenti, di norma, già si fanno carico i Servizi sociali del Comune. Per tutte queste famiglie, infatti, sta per scattare la moratoria invernale dei distacchi, che Roberto Cosolini ha appena negoziato con gli stessi ragazzi delle tende e che l’amministrazione cittadina formalizzerà a breve con la propria controllata, AcegasAps. Ma i beneficiari della moratoria saranno, molto probabilmente, più dei 150 già aiutati dai Servizi sociali, perché a loro si aggiungeranno altri insolventi causa crisi nei confronti di Acegas, non noti ancora al Municipio. La cifra di 150 è quella indicata, per intanto, dalla stessa amministrazione Cosolini, per voce dell’assessore al welfare, Laura Famulari. «Sono i nuclei – puntualizza – ai quali noi stiamo già pagando, nella maggior parte dei casi con la formula della delega, ovvero senza dare loro soldi in mano, una serie di bollette in stato di morosità. Per alcuni di questi, ci facciamo carico di un monte-fatture vicino ai mille euro all’anno». Il risultato è che i Servizi sociali stanno impiegando una posta annuale ad hoc di «circa 120mila euro». Quota che, ora, andrà nel circuito delle moratorie: si badi bene, sui distacchi e non sui pagamenti, che saranno invece rateizzati successivamente in base ai redditi, e che andranno ad accumularsi al contributo regionale, già vigente, di cento euro l’anno in favore di chi ha un reddito familiare inferiore ai 35mila euro l’anno. «Va riconosciuto – chiude l’assessore Famulari – che i ragazzi, con senso di responsabilità, si sono occupati di un problema generale, collettivo. La protesta ha dato un’accelerazione a un processo al quale i Servizi sociali, come detto, avevano in parte già dato corso». Igor Kocijancic, da consigliere regionale di Rifondazione comunista, rivela per intanto che proprio nell’ottica di una possibile moratoria degli stacchi «il nostro partito aveva promosso una raccolta di firme due anni fa e posto il problema all’attenzione del Consiglio comunale. Nonostante le risposte ricevute e gli impegni presi dalla giunta comunale precedente niente era stato fatto». Ma c’è di più: «Nel caso il Comune non fosse informato, l’AcegasAps sta attuando questa pratica odiosa ed iniqua», cioè i distacchi, «anche nei confronti di famiglie», tra quelle 150 di cui si è detto, «assistite dal Comune stesso. Si tratta proprio del classico esempio del cane che morde la mano del proprio padrone». «La questione non può considerarsi risolta con la semplice assunzione di un impegno generico in questa direzione: i contenuti dell’accordo andranno verificati, i cittadini informati nel merito e dovranno essere istituiti dei luoghi di monitoraggio, sportelli ed uffici, ai quali i cittadini possano segnalare stati di necessità o di aver subito degli stacchi nonostante l’accordo che si andrà a firmare», insiste sempre Kocijancic, che apre anche al problema del pagamento delle fatture sui consumi sulla schiena dei «piccoli esercenti e artigiani, segnalato da Paolo Rovis. Sottoscrivo la necessità di risolvere il problema anche per queste categorie che stanno subendo la crisi con difficoltà analoghe a quelle di molti altri cittadini precipitati improvvisamente nella categoria degli insolventi».(pi.ra.)

 

06/11/11

Studenti, levate le tende

di Giovanni Ortolani Ieri sera le tende hanno lasciato la piazza. Ma, assicurano i dimostranti, Occupy Trieste continuerà a far sentire la propria voce. «Come un fiume carsico la nostra rivoluzione continuerà a permeare il tessuto cittadino per riaffiorare quando meno ve lo aspettate, più forte e più determinata di prima». Per sette notti consecutive più di cento persone fra studenti delle superiori, universitari e cittadini qualunque, hanno vissuto e dormito in una tendopoli di circa 40 igloo. «La nostra più grande soddisfazione – raccontano i manifestanti – è stata aver riportato la politica in piazza». Ma anche la moratoria fino a marzo dei tagli delle forniture di luce e gas, che AcegasAps attua in caso di morosità, è sentita come una grande vittoria. «È di fatto una restituzione dei beni comuni contro l’interesse di una spa», ha dichiarato un dimostrante. Durante le numerose assemblee, i manifestanti hanno parlato di edilizia scolastica, trasporti, casa, diritto allo studio, ecologia, antifascismo e antimilitarismo. I ragazzi raccontano con gioia dell’aiuto e della solidarietà ricevuti da numerosi triestini. Raccontano di un commerciante che ha aperto il negozio chiuso per regalare alla tendopoli un adattatore per la bombola della cucina. Altri ricordano i vecchietti e i tassisti che hanno lasciato un contributo per la cassa comune. E c’è stato anche chi ha donato sacchetti pieni di caramelle per la gola, pastine e vettovaglie. Anche ieri circa 300 persone hanno partecipato all’assemblea pubblica. I dimostranti hanno criticato le accuse al movimento arrivate dal sindaco e da esponenti del centrodestra, critici nei confronti delle contro-parate antimilitariste organizzate dai manifestanti camuffati da clown. «Ci accusano di aver mancato di rispetto? In verità siamo noi quelli che hanno veramente rispetto per i morti, non chi manda i giovani a morire per i profitti delle banche. Chi dice che siamo un gruppo di studenti strumentalizzati da estremisti – continua la replica – ci accusa senza sapere di cosa sta parlando -. Occupy Trieste è nato come movimento studentesco, ma poi è maturato. Siamo qui per dire che le persone vengono prima del profitto». I dimostranti negano poi che nel gruppo ci siano infiltrati che hanno sviato le rivendicazioni degli studenti verso obiettivi politici. «Gli studenti rappresentano la maggioranza di quanti protestano, perché il cambiamento è sempre partito dai giovani – hanno ripetuto ieri al megafono i dimostranti -. Nei giorni, semplicemente, si sono uniti alle assemblee anche universitari, precari, pensionati. Le persone che sono scese in piazza con noi ci supportano perché credevano già nelle nostre istanze e sono ritornate in strada con rinnovata forza perché anche loro vogliono un cambiamento. Il centro sociale autogestito è solo un mezzo per portare avanti le nostre idee e parlare con la gente. Non è un fine». Ora si lavorerà sui prossimi appuntamenti: l’assemblea pubblica dell’8 novembre, cui sono stati invitati il sindaco e i rappresentanti di Provincia, Regione e AcegasAps, e la manifestazione dell’11 novembre, giornata di mobilitazione transnazionale lanciata dagli occupanti di Zuccotti Park, a Wall Street. Nel frattempo la componente universitaria di Occupy Trieste si è impegnata a portare i temi della protesta tra le aule dell’ateneo. E oggi gli universitari organizzeranno due dibattiti in piazza della Borsa: uno alle 10 su lavoro e precariato e uno alle 16 su Università e ricerca.