Ciao a tutti,di seguito il documento preparato da un membro del Comitato NOTAV di Trieste e del Carso con delle osservazioni da mandare al Ministero riguardo al documento di “unificazione” dei 4 progetti per la linea TAV Venezia-Trieste depositato il 20 giugno e sui cui si possono mandare le osservazioni.
Le osservazioni dunque possono comunque essere presentate da tutti cittadini entro il 19 agosto prossimo e devono riportare il seguente oggetto: “Osservazioni alla Procedura di VIA ai sensi del D.Lgs n.163/2006 sul progetto preliminare “Sistema Conoscitivo Unico dei Quattro Tracciati di Progetto”. Vanno trasmesse in forma scritta al Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (direzione Generale per le Valutazioni Ambientali – Divisione II Sistemi di Valutazione Ambientale, Via Cristoforo Colombo 44, 00147 Roma e alla Direzione Centrale Ambiente, Energia e Politiche per la Montagna – Servizio Valutazione Impatto Ambientale, via Giulia, 75/1 – 34126 Trieste. È possibile anche l’invio in forma elettronica utilizzando la casella di posta elettronica certificata (PEC) al DGSalvaguardia.Ambientale@PEC.minambiente.it e Ambiente.energia.montagna@certregione.fvg.it . (la trasmissione sarà considerata certificata, ai sensi delle norme vigenti, solo se proveniente da una casella di posta elettronica certificata). Per ulteriori informazioni è possibile contattare il Ministero dell’Ambiente della Tutela del Territorio e del Mare – Direzione Generale per le Valutazioni Ambientali – Divisione II Sistemi di Valutazione Ambientale, via Cristoforo Colombo 44, 00147 Roma, tel.06-57225903.
Il documento può essere integrato, preso solo in parte, modificato ecc che ognuno lo utilizzi come meglio crede.
Mandatelo in giro e spedite le raccomandate al ministero.
DOCUMENTO
Alcune premesse:
Il documento che ha imposto il riavvio della VIA dovrebbe essere la risposta alla indicazione del Ministero per l’ambiente del 2011 che dava per inaccettabile lo “spezzatino” in 4 progetti distinti della tratta di 156 Km da Mestre a Trieste (tra l’altro continua a mancare il tratto transfrontaliero, da Bivio Aurisina a Opicina, per la parte italiana). Italfer ha perciò prodotto un testo denominato “Sistema conoscitivo unitario – RELAZIONE GENERALE” che dovrebbe essere il ponte di collegamento tra i 4 tronconi, dando alcuni parametri per leggere unitariamente testi e mappe.
Quindi disegni e planimetrie, di fatto, non vengono modificate rispetto a quelle presentate nel dicembre 2010, mantenendo perciò tutte le perplessità e le osservazioni a suo tempo prodotte, che devono essere riproposte, ovvero richiamate come non esaurite nella loro validità dalla documentazione prodotta.
Ma il nuovo testo contiene ulteriori elementi di problematicità.
In via preliminare:
Continua a mancare una seria analisi costi – benefici, che dovrebbe essere l’elemento primo di qualsiasi proposta di modifica dell’esistente oppure di proposta di nuova opera.
Manca tuttora la traduzione in lingua slovena, pur interessando la tratta isontino – triestina aree abitate dalla comunità slovena, che viene colpita nei suoi specifici interessi.
In via specifica:
Da numerosi elementi contenuti nel nuovo documento si evince non solo l’inutilità dell’opera, bensì anche la elevata rischiosità ambientale della stessa.
L’inutilità risulta evidente da quanto affermato a pag. 21. Infatti se il 75% dei movimenti merci avviene entro i 200 Km questa quota di trasporto NON PUO’ ESSERE DIROTTATA SU TRENO, per quanto moderno, rapido e funzionale il mezzo possa diventare. Infatti su un percorso di tale lunghezza il mezzo su gomma impiega ragionevolmente meno di 4 ore, mentre la logistica di carico e scarico ferroviario da sola supera abbondantemente questo dato orario. In compenso, del restante 25% già oggi circa la metà usa il treno, quindi la competizione oggettiva si limita ad un possibile recupero del 12 – 13% di traffico merci, per il quale probabilmente basterebbero alcuni interventi dissuasivi sul piano dei costi autostradali per ottenere una significativa riduzione, ovvero la scelta stradale è dettata da altre motivazioni, tipo la qualità della merce trasportata.
Anche sul piano dei movimenti di persone, sostanzialmente legati al pendolarismo lavorativo o studentesco, analizzato a p. 30, si evince che la ferrovia non assume competitività se diviene elemento di lunga percorrenza, bensì solo se diviene efficiente e regolare sui medio – brevi percorsi, infatti il target di competitività viene indicato in percorsi dai 25 ai 40 chilometri, quindi nei termini del normale pendolarsimo lavorativo – studentesco.
In compenso, ad esempio, vengono individuate a pag 229 soluzioni ambientali perlomeno “fantasiose”, quali lo spostamento della attuale A4 proprio nel punto in cui si sta lavorando per la terza corsia, cioè in zona Portogruaro, per far passare la ferrovia dove oggi corre l’autostrada. Valutazione di costi, modo di attuare questa modifica ecc. non appaiono, ne vengono indicati accordi raggiunti o cercati con l’ente gestore delle autostrade.
A pagg. 293 e 294 viene indicato chiaramente che la zona carsica è zona sensibilissima per gli inquinanti, che vengono assorbiti rapidissimamente e dispersi lungo percorsi difficilmente predefinibili, nello stesso tempo viene individuato come particolarmente significativa ed impattante la variazione della percezione del paesaggio. A pag. 218 – 219 si evidenzia la problematicità data nella zona di Aurisina dalla sicura interferenza con “vuoti parietali” (cioè grotte) per circa 7 chilometri.
Ultima cosa, non però per importanza, come già detto prim continua mancare il collegamento confinario verso Divaccia, destinato ad essere presentato in un quinto, scollegato, progetto. Però si afferma che Opicina sarà la stazione di collegamento della tratta internazionale, pur proseguendo allo smantellamento della stessa e del suo fascio di binari, come evidenziato anche recentemente da RFI nei programmi di dismissioni per il FVG, come altrettanto si può dire per l’interporto di Cervignano, dichiarato stazione base merci per il corridoio adriatico – baltico, ma di cui pure si prosegue la dismissione.
Come pure in fase di dismissione risulta essere il binario di sorpasso di bivio Aurisina, pur a fronte dell’affermazione dell’esistenza di un collo di bottiglia sul tratto Monfalcone Bivio Aurisina, che proprio tale binario consentiva di minimizzare come effetti.
Analisi del documento sottoposto a valutazione
Come detto questo documento dovrebbe, secondo i proponenti, fornire gli strumenti per una lettura unitaria dei ben 4 progetti presentati a suo tempo per un percorso di complessivi 156 chilometri. A suo tempo il ministero per l’ambiente osservò che era incongruo non aver presentato per la Valutazione ambientale un unico progetto, con la possibilità di valutare il complessivo impatto di un’opera che di fatto era unitaria e non suddivisibile in singoli lotti.
Quanto richiesto dal ministero non sembra poter essere assolto da un testo di meno di 300 pagine che dovrebbe indicare le soluzioni da adottare, per i proponenti, per eliminare, o quantomeno minimizzare, gli effetti complessivi su areali estremamente delicati e vulnerabili.
In compenso il testo, per quanto non dettagliato, offre, se possibile, ancor più materia di perplessità in merito alla valutazione ambientale e ai costi-benefici, tuttora non esplicitati, di quanto a suo tempo fornirono i 4 progetti distinti.
SUL PIANO DELLA UTILITA’ DAL PUNTO DI VISTA TRASPORTISTICO
A pag. 21 si afferma che il 75% del movimento merci (non è dato sapere se a livello nazionale o solo delle due regioni interessate, Veneto e Friuli Venezia Giulia) si svolge su distanze inferiori ai 200 chilometri.
Ora, il passaggio del trasporto da gomme a ferrovia può avvenire, salvo casi particolari di grandi masse di scarso valore, in linea di massima quando le distanze coinvolte sono decisamente maggiori, infatti circa la metà del restante 25% già oggi circola su ferrovia.
E’ pensabile che parte di questo 75% possa essere dirottato sul ferro? Sembra estremamente difficile, anche a fronte di agevolazioni o di imposizioni restrittive alla circolazione di camion. La logistica infatti renderebbe estremamente problematico questo trasporto, che andrebbe ad assumere l’aspetto di “collettame”, servizio da tempo dismesso dalle ferrovie.
Quindi NON ESISTE l’ipotesi prospettata di miglioramenti sulla gestione stradale
SUL PIANO DEL TRASPORTO PASSEGGERI
Analogo ragionamento può essere fatto per il trasporto passeggeri. L’analisi presentata a p. 30 offre un dato in base al quale il treno viene usato per spostamenti di 45-50 Km. Ovviamente una linea ad alta velocità non può permettersi di effettuare fermate con tale frequenza, quindi il risultato sarebbe fatalmente quello del movimento di automobili verso le stazioni “cardine” o anche il passaggio alla gomma semplicemente, in quanto risolutrice di attese di coincidenze, problematiche di distanza stazione – lavoro ecc.
Quindi anche questa ipotesi si presenta come PROPAGANDA priva di alcun fondamento reale
SATURAZIONE DELLE LINEE ESISTENTI
Anche l’affermazione a p. 42 che la fruibilità delle linee esistenti possa essere migliorata poco da interventi di ammodernamento non invasivo, pur essendo altamente opinabile, risulta insufficiene a permettere la decisione a favore dell’opera, in quanto omette di specificare quale sia l’attuale tasso di fruizione delle disponibilità della linea. Si rammenta che negli anni questo tasso di uso è diminuito, essendo progressivamente stati aboliti collegamenti sia nazionali che internazionali, sia per il traffico merci che per quello di persone. In compenso RFI e Trenitalia si premurano non di migliorare le strutture esistenti, bensì di ridurle, come appare anche da notizie di stampa, relativamente ai binari di sorpasso di bivio Aurisina, del fascio di binari di Villa Opicina, del fascio dello scalo di Cervignano ecc.
Questo, nonostante a p. 31 dello studio si indichino queste due stazioni come cardini del sistema rispettivamente per i traffici est ovest (ex corridoio 5) che del traffico nord sud (corridoio adriatico – baltico).
SUL PIANO STRETTAMENTE AMBIENTALE E SOCIALE
Zona triestina del flisch.
Viene previsto l’uso di talpe per lo scavo delle gallerie nella zona flyschoide di Trieste, p. 71 del testo, (indicativamente una decina di Km in doppia galleria da Prosecco a Trieste Gretta, per il collegamento con la linea di cintura esistente).
Questo con solo fuggevoli accenni alla estrema fragilità del sistema del flysch, arenaria degradata, mista a terre sciolte con percolamenti di acqua di notevole variabilità che, se alterati, possono rendere scivolosi gli strati e avviare fronti di frana notevoli e dalla imprevedibile estensione. Questi scavi vengono indicati come privi di interferenze con recettori antropici, essendo in galleria, ignorando che lungo tutto il percorso si sviluppano, sopra e a fianco della linea, rioni anche densamente abitati, con costruzioni a volte a poche decine di metri dalle canne delle gallerie e che possono essere (e presumibilmente sarebbero) pesantemente coinvolti anche dall’apertura di un solo fronte di frana. Inoltre lungo tutto il percorso (che segue la linea di costa del golfo di Trieste) vi sono numerosissimi ruscellamenti superficiali di acque anche con carattere fisso, noti a Trieste con il termine locale “patok”, che indicano l’esistenza di affioramenti di abbondanti acque sotterranee che appunto, se deviate, rischiano di rendere instabile il fronte flyschoide.
Eppure, nonostante le negative esperienze del Mugello e della attuale variante di valico appenninica (con frane di paesi e di strutture esistenti) sembra che nulla venga pensato per valutare i rischi concreti di simile un operato in area altamente abitata.
Zona veneta delle bonifiche.
Viene proposto la deviazione temporanea di interi canali di bonifica e irrigazione (p. 74) per permettere il cantieramento dell’opera
Inquinamento atmosferico.
Viene indicato a p. 210 come esistente solo in fase di cantiere, ma nullo in fase di esercizio, eppure dovrebbe essere valutato l’effetto dato dall’aumentato fabbisogno di energia elettrica, con le conseguenti aumentate emissioni delle centrali elettriche. Il fatto che questo aumento non sia localizzato nell’area dell’opera non lo rende meno collegato all’opera stessa.
Sul piano sociale
Non è valida l’affermazione riportata in varie parti del documento (es. p. 90 per il territorio goriziano e triestino) relativamente alla scarsa importanza degli espropri, in quanto prevista soprattutto in terreni dediti all’agricoltura. Questa considerazione dovrebbe invece far propendere contro l’opera, proprio in quanto essa incide su aree dedite alle attività primarie (produzione di beni primi) e quindi aree difficilmente sostituibili, non alterate in modo definitivo dall’antropizzazione e dedicate al costante sostentamento delle necessità alimentari della società, quindi di valore inestimabile (perché tendenzialmente infinito) e costantemente rinnovato e rinnovabile nel tempo.
Sull’interferenza con le acque.
A p. 218 si afferma che le interferenze esistono solo per materiali biologici dei treni in corsa (si presume residui dei wc) in quanto non viene più effettuata l’operazione di diserbo chimico (sostituita da quali accorgimenti? Pietrisco sterilizzato?). Però non vengono indicate le modalità di raccolta di eventuali fuoriuscite di materiali inquinanti in caso di incidente (se non per le canne sotto il carso in un inciso) e le modalità di minimizzazione e controllo di effetti devastanti tipo incidente di Viareggio. In compenso poi si notano nel documento (p 223) criticità specifiche date dall’esistenza in alcune delle zone di cantiere di falde acquifere in piano campagna (zona delle risorgive) o a brevissima distanza (zona dei laghi di Pietrarossa, del Lisert ecc.) con il possibile deterioramento della qualità delle acque e delle opere, in quanto la variabilità della falda comporta necessità di tecniche particolari nella realizzazione. Quindi non si riesce a capire se l’inquinamento risultante è quello dell’opera sulla falda o viceversa…
Interferenza con le opere esistenti.
Il punto di maggior assurdo però lo si raggiunge a p. 229, dove gli estensori ed i proponenti, parlando del rischio di interferire con il bosco oasi faunistica di Alvisopoli propongono di spostare il sedime dell’autostrada A4, per fare correre la nuova opera ferroviaria sul tratto oggi occupato da questa.
A parte il fatto che non si indica di spostare una strada interpoderale, ma una autostrada, questo tratto è esattamente quello su cui oggi sono operativi i cantieri per la creazione della terza corsia. Nel testo non si parla minimamente di eventuali contatti avuti con Autovie Venete per verificare la percorribilità di questa ipotesi ovvero i rischi e le conseguenze di una scelta che porterebbe a chiusure per anni della stessa autostrada.
Costi:
Come evidenziato del resto dalla Corte dei Conti francese, anche in situazioni ben più favorevoli rispetto a quelle italiane, sia relative alla solidità del sistema paese sia a quella delle distanze tra i punti di arrivo – partenza, le linee ad alta velocità costituiscono una fonte di deficit, non riuscendo a rientrare economicamente dell’investimento e non garantendo neppure la copertura degli oneri di gestione. Conseguentemente non possono essere proposte quali opere pubbliche a carattere anticiclico (investimenti, anche a fondo perduto, ma che producono effetti di sviluppo positivo tali da determnare un riavvio economico). Sono invece da ascriversi alla categoria delle opere depressive del mercato, bloccando per lunghi periodi (entrano in attività, salvo inconvenienti, solo una decina di anni dopo il primo investimento) notevoli quantità di liquidi che, se investiti in altri campi potrebbero costituire effettivamente il volano anticiclico di cui si parla.
Per quanto detto:
Il parere complessivo sull’opera, nelle sue quattro componenti e nel testo di lettura unitario non può esssere che assolutamente negativo infatti:
- manca completamente una analisi del rapporto costi benefici, chre dovrebbe essere elemento prioritario per la stesura di progetti di tale portata
- come attestato dagli stessi proponenti non si tratta di opera tale da invertire sostanzialmente il rapporto di trasporto stradale né sul movimento merci né sul movimento umano
- l’opera interferisce con numerose realtà naturali degne di tutela, con costi sia ambientali che economici notevoli per mitigare le interferenze
- nell’ambito carsico l’interferenza con grotte non note, su uno scavo di circa 10 Km, a prescindere dal successivo scavo per raggiungere la frontiera con al Slovenia, viene detto non valutabile, ma sicuramente importante, quindi portatore di rischio idrogeologico ignoto, dal costo imprevedibile ma certamente elevato (vedi gallerie della grande vibilità)
- l’opera va ad incidere, lungo tutto il suo percorso, notevolmente sulle attività agricole primarie, tanto che sarà obbligatorio un ridisegno successivamente delle ripartizioni delle aziende, se si intende mantenerne la redditività (attività non contemplata nelle valutazioni ambientali e di costo)
- l’opera è stata pensata senza valutare completamente le interferenze effettive nel territorio del comune di Trieste, in specifico non sono stati considerati come possibili recettori tutte le sussistenze residenziali soprastanti gli scavi in galleria nella tratta da Prosecco sino alla zona di Gretta, scavo effettuato in zona a flysch che in passato ha già dimostrato scarsa, se non pessima, stabilità aprendo zone notevoli di frana anche a fronte di limitatissimi interventi antropici
- non è stata ugualmente presa in considerazione quale recettore tutta l’area cittadina da Gretta a San Giacomo che sarà interessata dall’allargamento e potenziamento della galleria di circonvallazione e che presenta notevole antropizzazione sopra tutto il percorso
- l’opera investirà con movimentazione di mezzi su gomma per l’asporto dei materiali di smarino aree già oggi eccessivamente interessate a movimentazioni di mezzi su gomma
- non è stata presa in considerazione l’interferenza con i fiumi sotterranei lungo la città di Trieste, quantomeno il Chiave e il Settefontane, che vengono attraversati dalla galleria di cintura e che saranno sicuramente coinvolti dalle attività proposte, sia in fase di allargamento che in fase di abbassamento del sedime della galleria
- non è indicata chiaramente la funzionalità del porto di Trieste nel periodo in cui per almeno 6 mesi la ferrovia rimarrà completamente bloccata, e per il ben più lungo periodo in cui sarà fruibile esclusivamente a binario unico (ovviamente salvo imprevisti geologici)