Nordest: ma guarda un po’, adesso ci dicono che la crisi durerà ancora a lungo
MV14 marzo
Nord-Est, dirigenti pessimisti:
la crisi durerà ancora a lungo
La crisi ci accompagnerà a lungo con effetti strutturali sia dal punto di vista dei consumi sia da quello della produzione e i problemi da affrontare oggi sono ancora legati alla fase dell’emergenza più che all’exit strategy. È questa la valutazione della Fondazione Nordest.
UDINE. La crisi ci accompagnerà ancora per un lungo periodo, probabilmente mitigata nella sua intensità, ma con effetti quanto mai strutturali sia dal punto di vista dei consumi sia da quello della produzione. Il persistere delle difficoltà economiche mette in evidenza quanto i problemi da affrontare siano oggi ancora legati alla fase dell’emergenza più che alle prospettive di exit strategy utili a restituire competitività presente e futura al paese. È questa, in sintesi, la valutazione complessiva espressa dalla classe dirigente del Nordest (122 gli intervistati), interpellata dalla Fondazione Nord Est nella periodica indagine One, realizzata con il contributo di Intesa Sanpaolo.
L’elemento da cui partire è rappresentato proprio dalle prospettive temporali relative alla durata della crisi. Se il 46,3% del panel si attende ancora un 2010 all’insegna delle difficoltà dell’e conomia e delle imprese, la maggioranza relativa degli interpellati (48,8%) sposta al 2011 e oltre le attese positive, ipotizzando quindi una crisi con una durata triennale. Solo il 4,9%, infine, intravede già nella fase attuale segnali concreti di ripresa.
Questa aspettativa offre un’ulteriore conferma circa la rilevanza di una crisi di cui, come vedremo, gli interpellati confermano il carattere definitivamente strutturale che porterà con sé cambiamenti rilevanti per il sistema delle imprese e per il loro contesto competitivo di riferimento. La quasi totalità della classe dirigente nordestina interpellata (97,5%), infatti, è convinta del fatto che si stiano affermando nuovi modelli di consumo, in cui probabilmente emergeranno livelli più bassi della domanda e, viceversa, una richiesta più elevata di qualità, di valore e di significato nei consumi stessi. Di conseguenza si possono prevedere più bassi livelli di produzione che, tra l’altro, determineranno, per l’82% del panel, una ripresa senza crescita dell’occupazione, soprattutto per quanto riguarda le professioni più strettamente operative.
Parallelamente il sistema produttivo conoscerà una nuova fase di ristrutturazione organizzativa, così come avvenuto nel periodo di crisi del 2001-2003, in cui secondo gli intervistati crescerà il grado di internazionalizzazione delle imprese (72,7%) e in cui le aziende più sane, e che meglio hanno saputo muoversi in questa fase di difficoltà, potranno realizzare una crescita attraverso fusioni o acquisizioni (86,0%).
Consapevoli di quanto ancora la crisi stia affliggendo le imprese, gli esponenti della classe dirigente nordestina indicano con chiarezza quali siano i due principali problemi che l’Italia è chiamata ad affrontare in questo momento. Si tratta essenzialmente della disoccupazione, indicata come principale priorità dal 50,8%, e della situazione economica (35,0%). Queste due problematiche, quindi, catalizzano circa l’86% delle riposte lasciando agli altri temi, quali sistema scolastico, tassazione, giustizia, criminalità, ambiente, pensioni, energia, sanità, immigrazione, casa, terrorismo e difesa, ben poco spazio.
L’attenzione degli interpellati, quindi, è tutta rivolta al contingente, alla necessità di dare risposte concrete alla lunga emergenza che sta attraversando l’economia e sempre più la società. Per quanto riguarda le questioni di medio periodo, utili a modernizzare e restituire competitività al paese, solo il tema della formazione riesce a raccogliere qualche attenzione con il 17,8% degli intervistati che indica questo tema come il secondo tra quelli più importanti da affrontare attualmente.
Legato alla necessità di non far mancare le risorse necessarie per sostenere le imprese e le famiglie appare anche il giudizio sull’i mpossibilità di prevedere a breve una riduzione della tassazione (83,6%), anche se una quota importante di esponenti della classe dirigente nordestina (69,7%) teme che si assisterà ad una crescita del peso del fisco al fine di sostenere la spesa.