NO TAV/ Per il Vice Ministro Castelli la Trieste-Divaccia non è una priorità

Il Piccolo

SABATO, 21 NOVEMBRE 2009

Pagina 10 – Regione
MENTRE LA REGIONE LAVORA AL POTENZIAMENTO DELLA RETE ESISTENTE

La Trieste-Divaccia a rischio ”siluramento”

Frenata di Castelli al vertice bilaterale di Brdo: non è una priorità italiana. Irritazione a Lubiana

di ROBERTA GIANI

TRIESTE La Trieste-Divaccia? Non è una priorità, almeno non per Roberto Castelli. Il viceministro alle Infrastrutture non avrebbe dubbi e l’avrebbe detto, senza troppi giri di parole, al vertice italo-sloveno di Brdo. Le conferme, seppur non ufficiali, rimbalzano da Roma a Lubiana. E alimentano nuove tensioni: il Friuli Venezia Giulia, se l’Italia ”scaricasse” davvero la tratta transfrontaliera, rischierebbe l’isolamento totale. Trieste e il suo porto, il colpo di grazia.
La Trieste-Divaccia, con i suoi 35 sofferti chilometri, costituisce infatti la ”porzione” italo-slovena del corridoio ferroviario europeo che deve unire, nel segno dell’alta velocità, Lione al confine ungherese-ucraino. L’Ovest all’Est al di sotto delle Alpi. Ma, se l’Italia si tirasse indietro e lasciasse un ”buco” sul suo confine orientale, perché mai dovrebbe allungare la Tav sino a Trieste o comunque in Friuli Venezia Giulia? Chi o cosa ne giustificherebbe il costo?
L’antefatto. Il 9 novembre a Brdo, alle porte di Lubiana, si tiene l’atteso summit interministeriale italo-sloveno: i temi sul tappeto sono tanti, c’è quello caldissimo del rigassificatore di Trieste, ma c’è anche quello non meno importante delle infrastrutture. Castelli ne discute con l’omologo sloveno e, a quanto confida più d’uno, ”affonda” a parole la Trieste-Divaccia: adduce motivi economici, ambientali, di consenso. Non basta. Il viceministro leghista si dice pronto ad andare sino in fondo affinché il ministro Altero Matteoli e l’intero governo rinuncino al progetto. E, chissà, magari concentrino gli sforzi e le risorse più a nord-ovest del Paese, a tutto vantaggio dell’area ”padana” da sempre assai cara al Senatur e alle sue truppe.
Le reazioni. Lubiana, a quanto trapela, non gradisce. Non è un segreto che ha messo più volte i bastoni tra le ruote alla Trieste-Divaccia, facendo infuriare persino l’algido Riccardo Illy, ma non si aspetta una retromarcia italiana. E così, in via diplomatica, fa arrivare le sue proteste sino a Bruxelles: la tratta italo-slovena della Tav, nonostante gli ostacoli tecnici e gli alti costi, i tempi e le resistenze, gode non solo della benedizione ma anche di un robusto cofinanziamento europeo, proprio a fronte della sua natura trasfrontaliera.
In parallelo, e altrettanto in silenzio, si muove pure il Friuli Venezia Giulia. Attiva i suoi canali con Roma, con il ministero ”amico”, in difesa di un’opera ritenuta «assolutamente strategica»: l’allungamento della Tav da Mestre a Trieste e da Trieste verso l’est europeo, anche ai tempi di Renzo Tondo, rimane «una priorità assoluta». E Riccardo Riccardi, l’assessore regionale ai Trasporti, non esita a ribadirlo. Al contempo, però, getta acqua sul fuoco: «Non mi risultano dietrofront italiani. Mi risulta che l’Italia è impegnata a presentare la progettazione nei tempi previsti, superando le difficoltà e allargando il consenso».
La partita della Tav, al di là dell’incognita Castelli, resta comunque complicatissima. Piena di ostacoli e incognite. La tratta Mestre-Ronchi sud, complici le fughe venete in avanti su un tracciato litoraneo, è ancora in alto mare: la progettazione dovrebbe essere consegnata, come concordato con Bruxelles a fine ottobre, appena a fine 2010. Entro il 2012 dovrebbe essere pronta la progettazione definitiva della tratta Ronchi sud-Trieste, già contestata dal ministero all’Ambiente, i cui lavori costano poco meno di 2 miliardi. Ancor più onerosa, 2 miliardi e 400 milioni, e non meno complicata la Trieste-Divaccia (inclusa la connessione con Capodistria): la progettazione preliminare non c’è, c’è ”solo” uno studio di fattibilità finito sotto accusa, in particolare per la curva che interessa la Val Rosandra, e si stanno attendendo le promesse modifiche all’ipotesi iniziale di tracciato.
E così, visto che i tempi si preannunciano ben che vada assai lunghi, la Regione corre ai ripari. E lavora a una soluzione di medio periodo: Riccardi punta infatti sul rafforzamento delle linee ferroviarie già esistenti – a partire da quelle che devono collegare il porto di Trieste al resto del mondo – «in modo da non restare bloccati per troppo tempo nell’attesa della nuova infrastruttura». Ma l’assessore regionale esclude, categorico, ripensamenti o peggio contraddizioni: «Noi andiamo avanti con la Tav. Ma, in attesa della sua realizzazione, dobbiamo riqualificare l’esistente perché, se non lo facciamo, rischiamo di deprimere lo sviluppo portuale di Trieste».