NO MAFIA / La camorra punta su Trieste e Monfalcone

da Il Piccolo del 12 gennaio 2012

 

La camorra punta su Trieste e Monfalcone

Secondo uno studio della Confesercenti la penetrazione malavitosa riguarderebbe soprattutto le aree portuali

 

di Silvio Maranzana

TRIESTE

La camorra preme su Trieste e Monfalcone. Il clan cosiddetto degli scissionisti, i gruppi camorristici Alleanza di Secondigliano e Licciardi: con queste sue frange la criminalità organizzata del Sud sta tentando a più riprese di porre basi anche in quest’area geografica del Nordest. Il tredicesimo rapporto di Sos impresa, l’associazione di Confesercenti nata per difendere gli imprenditori da estorsioni e usura, rilevando come “Mafia spa” si confermi la prima industria italiana con un fatturato di 140 miliardi di euro, accende un faro di luce sinistra anche sul Friuli Venezia Giulia «dove – rileva la relazione – si registra la presenza di malavitosi di origine campana perché la camorra anche in questa regione mostra notevoli interessi soprattutto nelle attività imprenditoriali che orbitano intorno ai cantieri navali di Monfalcone e al porto di Trieste». Ma non è finita perché lo scalo triestino «attira le attenzioni anche di organizzazioni criminali straniere perché considerato un crocevia strategico per svariati traffici illeciti, primo fra tutti quello degli stupefacenti». E i numerosi sequestri di quantitativi enormi di eroina oltre che di hashish che si sono susseguiti negli ultimi quindici anni in particolare sui camion sbarcati dai traghetti turchi al terminal di riva Traiana rivelando il coinvolgimento dei principali boss della mafia turca recano l’avvallo a questa affermazione.

Ma negli ultimi tempi la minaccia della criminalità interna si è fatta più forte e pressante. Il clan degli scissionisti, legato al boss Raffaele Amato, ha almeno apparentemente fallito un tentativo di sbarco a Trieste con l’arresto a Napoli su mandato di cattura dei magistrati triestini di Michele Maraucci, uomo della “cupola” di quell’organizzazione. Aveva guidato un canale di rifornimento della droga dalla Campania al Friuli Venezia Giulia. Poco prima di lui a finire in trappola era stato un altro pezzo da novanta dell’organizzazione, Giuseppe Iavarone “beccato” a Fiumicino di ritorno dalla Spagna dove aveva trascorso un periodo di tempo per sfuggire alla cattura. Erano il vertice della piramide conficcata nel Nordest di una gang che aveva alla base come “cavalli”, cioé pusher che avevano il compito di spacciare in Friuli Venezia Giulia l’hashish targato camorra, tre napoletani abitanti a Trieste e un triestino. Il centro locale di spaccio era la bottega, in via Nordio, di un calzolaio triestino, Luigi Zinno, dal quale ha preso nome l’operazione che i carabinieri hanno chiamato, usando il termine dialettale, “Operazione calighér”. E al “caligher” gli investigatori erano giunti dopo aver intercettato nei pressi dell’università due Peugeot 308 incolonnate. La prima fungeva da staffetta, la seconda aveva un doppiofondo dove erano stati nascosti 41 chili di hashish, già suddivisi in pacchetti da 50 e 100 grammi. Era invece in Borgo Teresiano e in particolare a un commerciante, Renato Affinito, e a un barista, Franco Fontanella che giungeva un canale di rifornimento della cocaina che faceva capo al clan dei Gallo – Limelli – Vangone che controlla gran parte dei traffici illeciti nell’area di Torre Annunziata, Trecase e Boscotrecase. Regista dell’operazione Ciro Limelli, napoletano, uno dei boss del clan.

Walter Nobile era invece un basista dei clan Alleanza di Secondigliano e Licciardi che aveva preso domicilio a Ronchi dei Legionari e come attività di copertura faceva il consulente di una delle tante ditte inpegnate nei subappalti della Fincantieri. In realtà curava lo spaccio di cocaina e hashish provenienti dal Sudamerica non solo nell’Isontino, ma in buona parte del Nordest. Nella stessa operazione di polizia, oltre a lui sono finite in carcere 29 persone ed è stato arrestato a Santo Domingo il boss camorrista Ciro Mazzarella. Dal momento che il padre Gennaro e il fratello Francesco erano già dietro le sbarre, era Ciro a reggere le redini del clan ed era inserito nella lista dei cento latitanti più pericolosi d’Italia. Era sbarcato da fuggitivo in Sudamerica, si era trasferito in Costarica per approdare infine a Santo Domingo da dove coordinava per vie telematica le attività criminose del clan. I finanzieri del Gico lo hanno smascherato in una lussuosa residenza in avenida Josè Cotreras. Un altro esponente di spicco del clan, Paolo Romagnoli, è stato bloccato a Bucarest.