Sabato 06 Novembre 2010 09:05
A proposito del libro “Una cura per la Terra” del sedicente eco-pragmatista Stewart Brand
Commento
Ma quale cura !?
I negazionisti sono più seri di questi falsi ecologisti. Infatti se si ammette l’esistenza di un effetto serra e di un “global warming” antropogenico che ha una determinante influenza sui mutamenti climatici in atto, allora la conclusione è che non serve fare nulla perchè, qualsiasi cosa si faccia per ridurre i gas serra, il sistema climatico collasserà comunque e lo stiamo vedendo. Allora se vale la pena di fare qualcosa è applicare correttamente la termodinamica cioè l’efficienza energetica spinta e di sistema, cioè l’analisi exergetica generalizzata di tutte le fasi del flusso dell’energia e della materia, all’interno delle organizzazioni sociali. E’ questa scienza che Stewart Brand, come molti altri pseudo-esperti, conosce poco e male. Questo approccio, termodinamico-exergetico, è utile e necessario perchè comunque vadano le cose rispetto all’intensità e alle modalità della catastrofe ecologico-climatica già iniziata, avremo almeno in mano gli strumenti corretti per riorganizzare la società. Si tratta anche di un problema politico: la tecnocrazia centralizzata da un lato e la possibilità della gestione diretta dei processi dell’organizzazione sociale dall’altro. La cura proposta da Stewart Brand invece è come darsi martellate sui coglioni, non cura nulla e ci rende definitivamente impotenti per il futuro.
Post-Catastrophe Anarchism.
L’anarchismo nell’era della catastrofe globale
Ancora qualche riflessione prendendo spunto dal titolo di un, oramai vecchissimo, libro di Murray Bookchin “Post-Scarcity Anarchism”. Un libro scritto come premonizione della catastrofe prossima ventura, ma ancora con la speranza che facendo “l’impossibile” si sarebbe evitato “l’incredibile”. Il problema non ammette più soluzioni e ciò non è tanto perché fare l’impossibile rappresenta una contraddizione in termini, ma è soprattutto per il fatto che l’attesa per vedere quali potevano effettivamente essere le sorti del Pianeta, ha oramai, negli ultimi decenni, ottenuto il suo triste chiarimento. La catastrofe ecologica, economica e sociale è inevitabile, è già in atto, lo stiamo vedendo sotto i nostri occhi. Ora, anche molti scienziati ed uomini di cultura hanno abbracciato seriamente l’ipotesi catastrofista. Ma, appunto qual’è la cura? D’altra parte ci sarebbero anche motivi di ottimismo, (per esempio lo sviluppo dell’energia solare e dell’eolico, del risparmio energetico, delle tendenze anticonsumiste,…), ma i tempi dell’alternativa sono troppo lunghi per contrastare in modo accettabile lo sviluppo delle tendenze degenerative oramai in atto su scala globale e planetaria, mutamenti climatici in primo luogo.
Per cui ora bisogna cambiare radicalmente la prospettiva teorica e politica e formulare un anarchismo che si muove dentro l’ipotesi della catastrofe globale.
I problemi sono sostanzialmente i seguenti:
1) Sopravvivere;
2) Gestire la fase successiva a quando si raggiungerà il punto massimo di crisi (nella seconda metà del secolo);
3) Capire come potrà riorganizzarsi il sistema di dominio (quello indicato da Stewart Brand si colloca esattamente in quest’ottica, cioè l’eco-tecnocrazia);
4) Capire come potrà organizzarsi una qualche forme di autogestione solidaristica in una situazione fortemente degradata;
5) Incominciare subito senza perdere ulteriore tempo, a ragionare e ad organizzarsi in termini diversi, e allora in quest’ottica tutte le iniziative alternative sul piano energetico, alimentare, lavorativo, culturale,… acquistano importanza e assumono una valenza strategica.
6) Caratterizzare i mezzi di autodifesa in modo che prefigurino coerentemente l’organizzazione della società che si dovrà poi lentamente ricostruire.
7) Sviluppare la nuova scienza in grado di supportare concettualmente e tecnologicamente questa prospettiva: senza questo punto c’è la sconfitta assicurata.
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Da Repubblica 4 novembre
INTERVISTA A STEWART BRAND
Nucleare, città popolate e Ogm il credo di un eco-pragmatista
È una delle icone del movimento ecologista americano. A giorni in Italia per presentare il suo ultimo libro Una cura per la terra. Che, come sempre, fa discutere