da Il Piccolo VENERDÌ, 04 GENNAIO 2013 Pagina 24 – Gorizia-Monfalcone
Centrale, si allarga il fronte del no alla prospettiva “tutto carbone”
Il Collettivo per la difesa del litorale carsico ritiene questa «una scelta dettata esclusivamente dalla convenienza». Zotti (Prc): «Inaccettabile la decisione di abbandonare la conversione a metano»
La ricoversione a “tutto carbone” e biomasse della centrale termoelettrica non è l’unica strada percorribile, come A2A, «diessini di nuovo e vecchio conio» e «ambientalisti di regime» vogliono far intendere. Lo afferma il Collettivo per la difesa del litorale carsico che contesta che l’impiego del carbone sia, allo stato attuale, inevitabile. Il Collettivo toglie anche alcuni “meriti” ad A2A, come la decisione di dismettere i due gruppi alimentati a olio combustibile «imposta dall’Ue entro il febbraio del 2013. Mantenere a Monfalcone una produzione di oltre 1000 watt è inattuale, la crisi di sistema che ha colpito l’Europa rende scellerata una produzione di energia di quella portata, non esiste più mercato». Insomma, «l’azienda è stata costretta a ridurre la potenza per poter far fronte all’esigua richiesta». Secondo il Collettivo la scelta della soluzione a carbone e biomasse è dettata soltanto dalla convenienza: «Il materiale per la costruzione del nuovo impianto a carbone – afferma il Collettivo – è già in sede perchè importanti manufatti della parte a carbone preesistente vengono riutilizzati. È ipotizzabile dunque che, con il riutilizzo, il nuovo gruppo carbonifero costi molto meno dei 300 milioni di euro sbandierati dalla società». E poi, «che cifra viene finanziata della Cassa depositi e prestiti? Conoscendo la serietà delle aziende del nostro Paese si può pensar male e insinuare che la cifra, gonfiandola, si presta a essere scaricata sulla collettività?». C’è poi la questione dell’Autorizzazione integrata ambientale, «autorizzata dall’allora ministro Prestigiacomo», per l’utilizzo di rifiuti e biomasse da coogenerare con il carbone: «È arrivata al quinto anno – precisa il Collettivo – e deve essere ridiscussa». Ma anche nella discutibile Aia, afferma il Collettivo, si fa riferimento alla riconversione a gas dei gruppi a olio combustibile. Il mercato – continua – ha decimato il bisogno di energia ed è assodato che il carbone è il principale responsabile dell’inquinamento del pianeta. La decarbonizzazione è uno degli obiettivi principale della politica planetaria degli anni futuri». Secondo il Collettivo «la ridiscussione dell’Aia potrebbe dunque avere due strade: consentire alla società di proseguire con un nuovo gruppo alimentato a carbone di 320 Mw con biomasse e rifiuti o imporre, alla luce dei danni subiti dal territorio, la riconversione a gas e la sostanziale diminuzione della potenza come evidenziato dalla crisi economica». Pessimistica la conclusione del Collettivo: «Pensate che questa classe politica abbia intenzione di fare questo? I predicatori dell’inelluttabile fanno il loro lavoro di disinformazione e noi, che non possiamo permetterci il gas perchè le aziende che lo importano sono talmente corrotte da renderlo il più caro d’Europa, dobbiamo morire di carbone per i prossimi cinquant’anni». Una prospettiva, quella del carbone, avversata anche da Emiliano Zotti, segretario di Rifondazione Monfalcone-Staranzano. «Non è accettabile – afferma – che A2A abbia deciso unilateralmente di abbandonare il progetto di riconversione a metano della centrale elettrica di Monfalcone, come non è accettabile l’ipotesi di perdita dei posti di lavoro nel caso tramonti l’ipotesi del “tutto carbone”. Inutile in questo contesto vantare un percorso trasparente di dialogo con le istituzioni se le premesse sono sbagliate e se il risultato del confronto è sottoposto a ricatto. Le privatizzazioni sono state un errore, l’ambiente e il lavoro si tutelano nazionalizzando il settore energetico. A2A sostiene che la decisine di non convertire la centrale a metano è legata ai costi del progetto. La società non ritiene conveniente per il suo bilancio economico l’uso del metano. Il metano, però, è attulamente la fonte energetica fossile meno impattante per il territorio. Siamo di fronte a un dilemma, se far prevalere gli interessi del privato o quelli dei cittadini. Fonte del problema è il fatto che, incomprensibilmente, la produzione di energia elettrica in Italia non sia considerata un settore strategico e quindi abbandonata al mercato».