Tratto da Umanità Nova n.35
http://www.umanitanova.org/n-35-anno-92/gnl-saponette-e-dentifrici
GNL, saponette e dentifrici
Trieste, ultime notizie dal fronte rigassificatori
La storia dei progetti degli impianti di rigassificazione a Trieste è costellata di forzature e omissioni.
La vicenda inizia ufficialmente nel marzo 2006, quando la società committente Gas Natural presenta alla commissione per la Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) il progetto per la costruzione di un rigassificatore nella frazione di Zaule (golfo di Trieste). Quasi in contemporanea viene presentato il progetto di un secondo rigassificatore. Quest’ultimo, previsto off-shore nel mezzo del golfo, fu inizialmente proposto dalla spagnola ENDESA, ma il progetto è stato poi portato avanti dalla tedesca E.On.
Nel corso delle procedure di VIA, sono emerse preoccupanti questioni riguardanti la sicurezza e l’impatto sull’ambiente. Tutte queste questioni sono rimaste irrisolte, e sono state messe in piedi operazioni di propaganda, mistificazioni e vere e proprie falsificazioni volte a far accettare alla popolazione dei progetti tanti inutili quanto dannosi per la salute e la sicurezza degli abitanti nelle zone limitrofe. Nonostante le palesi irregolarità nelle procedure, nel giugno del 2008 la Commissione VIA del ministero dell’ambiente ha espresso parere favorevole alla costruzione del rigassificatore di Zaule. Il 17 luglio 2009, dopo ulteriori pareri e integrazioni che non hanno modificato nulla di sostanziale, è arrivato il decreto finale dei ministri dell’ambiente e dei beni culturali che autorizzava la costruzione dell’impianto. La partita sembrava quindi conclusa. Ora a più di tre anni di distanza, a Trieste spuntano come funghi gazebo della Gas Natural, attraverso i quali la società continua a vendere fumo, senza affrontare i problemi cruciali che comporterebbe la costruzione di questo impianto. Ma andiamo con ordine e analizziamo la vicenda più in dettaglio.
Cattedrali nel deserto: i rigassificatori in Italia.
I rigassificatori sono la parte finale della filiera del GNL (Gas Naturale Liquefatto). Si tratta di strutture di grandi dimensioni, utilizzate per riportare allo stato gassoso il gas ridotto allo stato liquido (circa -161°C) al fine di consentirne il trasporto per mezzo delle navi gasiere. Riportato allo stato gassoso il gas viene quindi immesso nelle reti dei paesi consumatori.
Attualmente nel mondo ci sono una cinquantina di rigassificatori, la maggior parte dei quali situata in Giappone. In Italia sono attualmente in funzione due impianti di rigassificazione, uno a Panigaglia (La Spezia) e uno a Rovigo, uno dovrebbe entrare in funzione nel 2013 a Livorno nonostante la contrarietà degli abitanti (vedi Umanità Nova, n. 11 del 28 marzo 2010, anno 90 e n. 16 del 9 maggio 2010, anno 90) e altri sono in progettazione o in fase di approvazione a Rosignano (LI), Gioia Tauro (RC), Taranto, Porto Empedocle (SR), Rada di Augusta (AG), Ravenna (RA) e Porto Recanati (MC).
Rimando a UN n.16 anno 90 per un resoconto più dettagliato sul business collegato ai rigassificatori. In sintesi si può dire che questi tipi di impianti rimangono in genere sottoutilizzati (lavorano dal 30 al 60% della propria potenzialità) perché nel mondo la capacità di liquefazione è molto inferiore a quella di rigassificazione (meno di 20 impianti di liquefazione funzionanti nel mondo). Inoltre la rete dei gasdotti che porta il gas in Europa si sta ampliando e a causa della crisi i consumi risultano inferiori rispetto alle previsioni.
Allora chi ci guadagna?
Ma allora come mai il mondo politico considera i rigassificatori così essenziali?
In Italia non esiste un vero e proprio piano energetico nazionale, ma si tende a lasciar decidere al mercato, cioè alle multinazionali del settore. Industriali e imprenditori che promettono gas a prezzi agevolati sono indubbiamente consapevoli dell’attuale situazione economica. Per quale motivo quindi stanno spingendo per la costruzione di questi impianti? Senza ombra di dubbio i costruttori dei rigassificatori in Italia non ci rimetterebbero mai. Infatti, in seguito ad una Delibera dell’ Autorità per l’ Energia Elettrica ed il Gas (AEEG) e a successivi aggiornamenti, è previsto che anche in caso di mancato utilizzo dell’impianto più della metà dei ricavi sia coperta, a carico delle società che trasportano il gas all’utenza finale attraverso i metanodotti. Questi ovviamente si rivarranno sulle bollette degli utenti. In questo modo le società si sono assicurate gli introiti a scapito dei cittadini.
I rischi per la sicurezza
La pericolosità degli impianti di stoccaggio del gas dovrebbe essere tristemente nota a tutti (o forse in molti hanno già dimenticato la tragedia di Viareggio). Nel caso del rigassificatore i volumi coinvolti sarebbero enormi, e di conseguenza anche gli effetti di un eventuale incidente sarebbero devastanti. Motivo per il quale si tende a non costruire più terminali di GNL vicini ai centri abitati. Il rigassificatore di Zaule non solo sarebbe pericolosamente vicino al centro città ma si andrebbe ad inserire in un’area in cui vi è già una elevata concentrazione di impianti che trattano e immagazzinano sostanze inquinanti e pericolose. C’è quindi il rischio che gli effetti di un eventuale incidente risultino ancora più catastrofici.
L’impatto sull’ambiente
L’impatto di questi impianti sull’ambiente sarebbe devastante. Nel processo di rigassificazione verrebbe impiegato un gran volume di acqua di mare che, transitando attraverso l’impianto, con la combinazione di cloro, choc termico e stress meccanico verrebbe completamente sterilizzata. L’impatto risulta acuito dalla conformazione della baia di Muggia, un bacino semi-chiuso, poco profondo e con scarso ricambio idrico, dove l’acqua fredda e clorata ristagnerebbe a lungo, con effetti devastanti per l’ecosistema marino. A ciò si aggiunge il fatto che durante i lavori verrebbero rimessi in sospensione i metalli pesanti depositati nei sedimenti. Questi, entrando nella la catena alimentale, finirebbero in elevate concentrazioni nei pesci venduti nelle pescherie. Va ricordato che questo problema si verificherebbe soprattutto durante le fasi di costruzione, quindi rimarrebbe sostanziale anche se il progetto non venisse portato a termine o il rigassificatore rimanesse inutilizzato.
La realizzazione del progetto di rigassificatore off-shore comporterebbe analoghi problemi ambientali, e se i rischi per la popolazione risulterebbero minori, data la maggiore distanza dai centri abitati, i problemi per il traffico marittimo risulterebbero peggiori. I problemi ovviamente si moltiplicherebbero se venisse dato il via libera ad entrambi i progetti, con la costruzione di due rigassificatori nel Golfo di Trieste, a pochi chilometri di distanza l’uno dall’altro.
L’impatto transfrontaliero
Dato l’impatto transfrontaliero che avrebbe il rigassificatore, l’opinione del governo della confinate Slovenia dovrebbe essere vincolante. Non si può certo dire che il governo sloveno abbia brillato in quanto paladino dell’ambiente negli ultimi anni, ma per quanto riguarda i progetti dei rigassificatori, il Ministero per l’ambiente ha redatto un documento serio, sulla base anche di lavori pubblicati su accreditate riviste scientifiche. Sulla base di questo rapporto le autorità slovene hanno confermato il loro parere negativo, dichiarando che i dati forniti dall’Italia non forniscono adeguate garanzie riguardo alla sicurezza e all’impatto ambientale. Quel che è certo è che questi impianti andrebbero a danneggiare gli abitanti di entrambi i paesi, a prescindere da quali decisioni definitive prenderanno i politici.
Pressioni e falsificazioni
Non ci vuole molto a capire che un tale progetto abbia potuto ricevere pareri favorevoli solo attraverso un mix di pressioni e falsificazioni. Del resto nella documentazione presentata dalla proponente Gas Natural si riscontravano parecchie anomalie. Anomalie che sono state oggetto di una perizia giudiziaria della Guardia di Finanza. Con tale perizia è stato accertato che i dati forniti sulle temperature nella zona di Trieste sono stati falsificati in modo da far credere che l’impatto dello scarico di acque fredde non risulti rilevante (le temperature medie dell’intero alto Adriatico sono state utilizzate al posto di quelle del golfo di Trieste, che sono invece più basse). Inoltre tale relazione in spagnolo è stata tradotta trascurando intenzionalmente alcuni punti e aggiungendone arbitrariamente altri, al fine di nascondere le anomalie e ottenere un parere favorevole. Il procedimento è stato poi archiviato in quanto il Giudice per le indagini preliminari, su proposta del P.M., ha liquidato la questioni scrivendo che, nei reati contestati, persona offesa è soltanto lo Stato, con conseguente impossibilità di considerare il privato denunciante come parte danneggiata dalle false attestazioni. Credo che ogni commenti risulti superfluo.
Le associazioni ambientaliste hanno portato la questione anche al governo sloveno e a livello europeo, denunciando queste ed altre falsificazioni (tra le quali quelle volte a minimizzare il rischio in caso di incidente), lacune nella documentazione e violazioni delle leggi internazionali in materia di sicurezza e impatto ambientale. Finora i responsi sono stati inconsistenti.
Novembre 2012: niente di nuovo sul fronte orientale.
In queste settimane la Gas Natural sta tentando di rifarsi l’immagine, riproponendo le stesse false promesse con cui hanno cercato di convincere la popolazione in questi anni e senza minimamente accennare alle questioni riguardanti la salute e la sicurezza. Con i suoi gazebo sparsi in città (che a detta di alcuni sono più adatti a vendere saponette e dentifrici) Gas Natural si limita a promettere posti di lavoro e bollette meno care. Per quanto riguarda i posti di lavoro, a costruzione terminata sarebbero in realtà pochi, ma forse sufficienti a sedurre gli abitanti di una zona profondamente colpita dalla crisi. Si riproporrà anche qui il ricatto occupazionale, con il quale gli industriali tentano di far passare i progetti più inquinanti e pericolosi per la popolazione e i lavoratori stessi?
Una delle tante cose che la Gas Natural non dice è che il progetto per la costruzione del gasdotto di collegamento tra il terminal e la rete locale non è ancora stato approvato. Senza questo collegamento l’impianto risulterebbe perfettamente inutilizzabile.
E infine rimane il progetto per il secondo rigassificatore off-shore, a 30km da Trieste, approvato dalla commissione VIA nel 2010, e del quale nessuno parla più. Eppure questo progetto comprendeva anche il gasdotto SNAM, che collegherebbe l’impianto alla rete nazionale. A differenza del progetto della Gas Natural, in questo caso il rigassificatore una volta costruito potrebbe entrare in funzione. Come mai nessuno ne parla più? Ci ritroveremo con due rigassificatori nel Golfo di Trieste, a pochi chilometri di distanza l’uno dall’altro?
Per quanto riguarda il progetto della Gas Natural al momento il comune di Trieste e quello di Muggia hanno presentato ricorso al Tar del Lazio rispetto alle carenze nelle procedure di autorizzazione, mentre il governo sta accelerando i tempi per arrivare nel più breve tempo possibile all’autorizzazione definitiva.
Valentina
Fonti:
Konrad in pdf: http://www.konradnews.it/pdf_riviste/7_2009.pdf
Sito del comitato per la salvaguardia del golfo: http://amici.golfo.ts.googlepages.com/