Foto e report “Tepee in Tal Parco” 2012

La festa è durata solo due giorni in quanto le previsioni meteorologiche per domenica 26 agosto erano pessime. Infatti, anche se la zona è stata risparmiata da eventi estremi, la pioggia (per fortuna, bisogna anche dirlo), è poi arrivata.

La festa è riuscita molto bene, da tutti i punti di vista. Hanno girato più di mille persone fra il venerdì e il sabato, fra cui molti giovani, che hanno potuto conoscere per la prima volta, ed apprezzare, la singolare caratteristica della  “fieste dai indians”, che non si commercializza e non si addatta a logiche opportuniste.

Possiamo dire che la festa, basata sulla convivialità e la completa autogestione di tutte le fasi organizzative e di svolgimento, ha ripreso la sua forza originaria, aggiungendo  alle sue caratteristiche, una maggiore maturità, anche politica.

Quindi nel ventennale dalla sua apparizione, (l’origine è stato un evento contro le colombiadi nel 1992, nei 500 anni dell’inizio della colonizzazione europea delle americhe), possiamo dire che questa iniziativa riparte con forza, dopo aver superato una fase di crisi acuta determinata dalle più svariate ragioni. Adesso “Tepee in Tal Parco” ha nuove gambe per camminare, nel lungo percorso contro il colonialismo, la globalizzazione e una crisi economica feroce, ma anche pilotata, del capitalismo globale, nel tentativo di riportare indietro le lancette della storia.

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L’autogestione, l’ecologia e la “Modern Crisis”

L’autogestione è la risposta, pratica e reale, come base dei movimenti futuri che si troveranno ad affrontare una crisi globale e devastante, già ben evidente ora, ma che sarà sempre più pesante nei prossimi anni.

L’autogestione non è un gioco e non può essere parziale, coprire cioè solo gli aspetti più convenienti politicamente o ludicamente, ma deve essere, in linea di tendenza, completa, nei contenuti e nei metodi, se vuole assumersi l’onere di tutti i problemi che porta con sè una prospettiva di autogestione integrale e e generalizzata della società.

L’autogestione deve essere il laboratorio pratico per imparare a fare le cose, per il superamento della sensibilità gerarchica e competitiva che caratterizza la vita sociale ed anche, molto spesso, le organizzazioni, che, a parole, dicono di porsi come alternativa al sistema capitalista ed autoritario, ma, nella realtà, ne riproducono i tratti più profondi.

L’autogestione non è un’ideologia, è un’ ontologia etica, è un modo di essere che si misura nella pratica di lotta ed autoorganizzazione: un desiderio del presente, ma anche una necessità del futuro, quindi è un’arte da imparare e diffondere perchè è l’indispensabile metodo che ci può dare una speranza per il futuro della vita sociale in un pianeta sfruttato e devastato.

L’ecologia. I temi della festa sono, come si vede dalle scenografie: aria, acqua, terra e fuoco, organizzati sotto il principio che “non si vendono”;  cioè le “strutture a supporto della vita” che la natura mette a disposizione degli abitanti del pianeta devono essere sottratte alla logica economica del capitalismo, della proprietà privata e dello sfruttamento intensivo, per lasciar sviluppare un usufrutto sostenibile e collettivo dei beni naturali.

La “Modern Crisis”. Il momento storico alla fine è arrivato. Il problema di questo secolo è finalmente quello di riuscire a sradicare il Capitalismo e lo Stato e più in generale la logica di dominio, e costruire una società libertaria, ecologica ed autogestita. Ci si misura su questa sfida e non su banalizzazioni come quella dei “beni comuni”, che significano tutto e niente (e quindi niente!). Questo sistema è destinato a crollare e ciò avverrà entro questo secolo, ma la sfida è veramente enorme e bisogna prepararsi e preparare le future generazioni, ad affrontarla.

Perchè Indiani?

Il significato di essere indiani è anche quello di optare per la semplicità massima della organizzazione sociale e di valorizzare, le possibilità di autosufficienza che si riescono ancora ad individuare nell’attuale fase di sempre maggior espropriazione degli elementi basilari della vita da parte del sistema di dominio. La semplicità quindi è anche un’arma strategica, perchè aumenta il grado di indipendenza dai vincoli e dai ricatti del sistema. L’abbinamento No Tav/Indiani è risultato naturale anche in Valsusa, il problema è non farsi rinchiudere in riserve, o addirittura rinchiudersi da soli in una logica eccessivamente localista. Agire a livello locale è oramai un criterio di legittimità politica nel senso che lo si deve fare, bisogna radicarsi nei territori, ma poi il “pensare globale” non è una cosa che viene da sè, il pensiero globale, olistico, va continuamente rielaborato e deve essere un’opera collettiva. Invece siamo di fronte ad un pensiero riduzionista localizzato, segmentato, frazionato, sclerotizzato e per di più con la presunzione di applicarlo globalmente a tutto il mondo. No Grazie.

Per concludere, il  logo della festa, anche quest’anno è stato l’indiano che impugna la bandiera No Tav, in perfetta sintonia con il principio di Cavallo Pazzo “No si vent le tiare dulà cal cjamine un Popul”, ed in sostegno alla lotta contro l’opera più inutile, mafiosa e devastante mai programmata ed imposta in Italia. Ripeto, come ho avuto modo di affermare in molte altre occasioni, che diffondere la tematica del No Tav è un percorso molto difficile e quindi la familiarizzazione con le bandiere No Tav ad iniziative come questa è molto importante.

 

26 agosto 2012 De Toni Paolo

 

 

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