DUMBLES / Resoconto

Avevamo scritto questo resoconto prima di quanto successo in Val Susa, di quello che in questo momento impegna le nostre forze e la nostra sensibilità.Lo pubblichiamo ugualmente un po’ come cronaca o promemoria o come invito ad ulteriori riflessioni intorno a temi che ci riguardano tutt*.

Giovedì sera siamo andate ad una iniziativa organizzata dalle Donne in nero di Udine su “il nodo della sessualità nella relazione fra uomini e donne. Una questione politica”.

A dire il vero, non condividevamo molto i presupposti della presentazione che individuavano nel berlusconismo, e sembra, solo in quello: “un esempio di degrado della cosa pubblica e l’espressione di una sessualità maschile in evidente crisi. Non solo di prestazione, visto il ricorso crescente alle protesi tecnologiche e farmacologiche, ma soprattutto in crisi di desiderio, ed incapace di dare senso alle relazioni con le donne. Una sessualità maschile tutta fondata sulla virilità, che tentava di ripristinare, con arroganza, i classici ruoli di generi che quarant’anni di femminismo aveva destabilizzato in Italia
Non condividevamo poi l’idea che la sua demolizione, sia avvenuta, a loro dire, in larga misura per il contributo delle donne…
Ma non è su quello che non condividiamo che ci vogliamo soffermare, ma sul relatore: Stefano Ciccone fondatore dell’associazione Maschile Plurale.
Per noi, forzate spesso dalla realtà, a declinare la differenza sessuale in termini di stalking, di stupro, violenza, femminicidio, insomma in tutte le gradazioni dell’aggressività maschile e della complicità sociale e mediatica che a questa afferiscono,  poterla vedere dalla  prospettiva offerta da Ciccone, dal genere maschile che tenta di decostruire il dominio che sessualmente e socialmente sarebbe chiamato ad esercitare, -e non solo in termini ideologici, come sono bravi a far tutti-, è stato come prendere una boccata d’ossigeno.
L’argomento è vasto, lo si può prendere da molti versi; prendiamolo da quello simbolico che poi è anche quello della lingua, con un esempio fatto dallo stesso Ciccone: quando negli anni ’70 il femminismo irruppe nelle piazze con le sue istanze, il gesto che simboleggiava con forza l’entrata nel contesto politico del femminile, del corpo negato del quale riappropriarsi,  era l’unione fra le due mani del pollice e dell’indice, il simbolo di una vagina. E che simboli ha l’uomo se vuole enunciarsi al di fuori degli schemi della dominanza? Il dito medio, il “vai a farti fottere”, il segno di penetrazione e di potere; fuori dal dominio non ha nulla, non simboli, non voce, non lingua perché il suo percorso quasi obbligato è la lingua che ha la presunzione di essere neutra universale, in realtà, maschile dominante.
“Maschile plurale” quindi, per chiamare il genere, perché il genere universale semplicemente non esiste, e come si può anche solo pensare la differenza sessuale, se essa non esiste in quanto entità riconosciuta per se stessa nemmeno nel comune parlare?
Luce Irigaray scriveva: “La differenza sessuale rappresenta uno dei problemi o il problema che la nostra epoca ha da pensare” (*) e lo scriveva 27 anni fa… abbiamo pensato? E che abbiamo concluso? Stando al parlato, poco. .…; la lingua non si inventa, vive nei suoi e nelle sue parlanti e la parola è una materializzazione, un’azione vera e propria…
Poiché è la nostra visione del mondo non si modifica l’una senza l’altro, ma dall’uno o dall’altra si dovrà pur incominciare.
La donna ridotta a “gnocca” esaltata da anni e anni di berlusconismo, è ancora tra noi e il “salga a bordo cazzo” è la voce del comando rinforzato dalla sua unità di misura e fino al governo del MontiRobot, il figurino Martone parla di giovani “sfigati“, che anche la s-figa è unità di misura per uomo…e via avanti.
Per questo non possiamo ascrivere a Berlusconi ciò che non è solo di Berlusconi;  lui ha sniffato più di altr* i profumi, o miasmi, della sociocultura patriarcale e li ha resi evidenti esaltandoli, tutto qui; il bello è che sono piaciuti a molt* perché come sappiamo il papi è stato molto votato.
Senonchè,  prima di lui e dopo di lui questi rimangono sottotraccia, ancora lì ad indicare che un’etica della differenza sessuale è di là da venire… che dei soggetti di genere maschile ci si mettano a riflettere seriamente è una gran cosa; cosa che difficilmente avviene in quei movimenti che per definizione antiautoritari si ritengono già con le carte in regola.
E questo è un altro aspetto ancora, sul quale varrà veramente la pena approfondire.
Come, per rimanere a giovedì, va detto che l’altra relatrice era Paola Melchiori attivista del movimento femminista, fondatrice della Libera Università delle Donne di Milano e presidente del Wise Women International Feminist University Network che, pur essendo una “femminista storica”, per noi non ha detto nulla di interessante; ancor meno i deprimentissimi interventi del pubblico in forma di “donne di partito” o simpatizzanti,  che riportando tutto a quote rosa, rappresentanza et similia hanno fatto sì che la preziosa riflessione di Ciccone, (peraltro contrario a questi pannicelli istituzionali ed anche critico verso le snoq [Se Non Ora Quando?]), sia stata, come dire, gettata alle ortiche.

(*) Luce Irigaray “Etica della differenza sessuale”, Feltrinelli 1985
(**) stesso pg. 110