DENISE E I SUOI CONTORNI
Samantha è stata uccisa dal cognato lo scorso mese di luglio, Lisa è stata uccisa dall’ex compagno il 7 dicembre, Denise dal marito ieri, 2 marzo.
Friuli Venezia Giulia, 1.236.103 abitanti più o meno, 7858 km²; donne ammazzate: 3 in 9 mesi.
Ma poi, ci ricorda il giornale, ad Attimis paese in cui da dieci anni viveva Denise, già nel 2007 un uomo aveva ucciso la propria moglie e poi si era suicidato.
Una mappa, una cartografia e un calendario di donne uccise; ci lavorerà sopra la statistica, la psichiatria, l’antropologia, le scienze sociali. Al “fenomeno” è stato dato un nome: femminicidio, ormai acquisito ed accettato da più parti.
Dare un nome al fenomeno è servito a connotarlo nella sua natura, a coglierne l’essenza, a riconoscere le sue caratteristiche: uomini che uccidono le donne in quanto donne cioè in quanto soggetti autodeterminati che in un modo o nell’altro sfuggono alla loro comprensione ed al loro controllo.
Nominare il fenomeno però, non incide su di esso.
Magari tranquillizza perchè è come quando si è isolato il virus e si sa da che malattia si è affett∞ oppure se ne fa un’etichetta da usare politicamente come autocertificazione di sensibilità verso le disgrazie che affliggono le donne. Non cambia niente.
Lo avevamo scritto qui parlando di Lisa: il femminicidio è l’ultimo atto di una sommatoria di pièces culturali dove si mescolano molti input spesso negativi per le donne come oggettificazione, sfruttamento, irrisione, prevaricazione, ma ancora più deleteri per gli uomini che continuano ad alimentare le loro menti di immagini, idee e concetti che li portano dritti verso vie senza uscita.
Dovrebbero aver capito anche i sassi che l’idea di amore e fedeltà coniugate con famiglia e proprietà sono una gabbia e un’arma puntata contro qualcun∞ de∞ componenti.
La propensione alla fuga alcolica, più o meno accentuata in diverse aree del Friuli, è poi una corsa in un vicolo cieco; che altro? L’unica via di uscita socialmente ammessa se pur moralmente e ipocritamente ritenuta riprovevole.
Beveva Silvano che ha ucciso Denise, beveva e la picchiava; bevevano e picchiavano anche Gabriele ucciso da Francesca ad ottobre dell’anno scorso e Carlo ucciso da Fiorella un po’ prima, in febbraio.
Un’altra cartografia collaterale quella delle donne, 2, che in un anno hanno ucciso i loro compagni uscendo da un sottosuolo di botte e soprusi.
Si può sempre sterilizzare il tutto mettendo in primo piano il “vizio”, ma, pur essendo spesso un comun denominatore, non è il motore, no.
Dice lo psichiatra interpellato, come sempre in questi casi, dal giornale locale: “…in ogni caso è un fenomeno molto grave, da studiare in termini di ‘salute mentale della comunità’...”.
Non ci piace questo determinismo psichiatrico; sono le menti malate? Noi riteniamo di no; la mente, per buona parte, elabora e connette le informazioni che riceve. Nel grande e nel piccolo, nel bene e nel male, siamo tutt∞ codificatori di informazioni. Prima ci sforziamo di capire dove stanno quelle che sono precursori di tragedie annunciate come i femminicidi, prima finiscono.
Gelosia ed alcolismo sono ingredienti bomba soprattutto se mescolati assieme nel contenitore rigido del familismo, della misoginia, del tradizionalismo antropologico dove i soggetti coinvolti non hanno vie di fuga alternative.
Silvano, furlàn patòc, Denise di Antigua, anglicana, ma che “a volte veniva in chiesa a pregare”, dice il prete in un tentativo penoso di assimilazione post mortem.