CSA in esilio/ Adesso basta!

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Comunicato. Il CSA di Via Volturno-Via Scalo Nuovo in esilio (dopo lo sgombero del 10 dicembre 2009), solidarizza con gli squatters della caserma Piave, sgomberati il 7 luglio dalla Digos, e denuncia che, ancora una volta, l’unica risposta alle esigenze oggettive, abitative e di socializzazione autogestita, sia costituita da  sgomberi, repressione, denunce, fogli di via eccetera.


Già un anno fa, per quanto ci riguarda, le trattative con il Comune per ottenere un posto per il CSA si sono arenate e Honsell ci ha liquidati dicendoci che non ci sono spazi a disposizione. Presto dimostreremo il contrario e ci chiediamo: chi arriverà per prima a sgomberarci? I Carabinieri o la Digos? Infatti il CSA in esilio, dopo una lunga incubazione, ha deciso di ritornare alla carica ed entro il secondo anniversario dello sgombero riaprirà un altro posto con le stesse caratteristiche dei Centri Sociali precedenti, anche se con maggiori accortezze tattiche, derivanti dal patrimonio dell’esperienza acquisita in un quarto di secolo di lotte in Friuli.

CSA in esilio 8 luglio 2011

 

Messaggero Veneto SABATO, 09 LUGLIO 2011 Pagina 21 – Cronache

L’ANNUNCIO

Il Centro sociale: adesso basta pronti a una nuova occupazione

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di Cristian Rigo.

Il Centro sociale autogestito (Csa) esprime solidarietà agli «squatters sgomberati dalla caserma Piave che non davano fastidio a nessuno» e annuncia una nuova occupazione. «È l’unica strada – racconta il portavoce del Csa, Paolo De Toni -. Abbiamo provato a in tutti i modi a trovare un accordo con il Comune e persino con le Ferrovie, ma non c’è stato niente da fare. L’unico modo per difendere la nostra storia e la nostra identità (che per 22 anni ci ha portato a gestire uno spazio in via Volturno evitando che le ruspe abbattessero le palazzine che oggi tutti ammirano vicino alla nuova sede della Regione) è l’occupazione. Così abbiamo deciso che entro pochi mesi troveremo un altro stabile abbandonato per organizzare concerti ed eventi». Secondo il Csa, manca la volontà politica di risolvere il problema della «mancanza di spazi di autogestione». Tanto che tutte le proposte avanzate all’amministrazione sono venute meno: dalla caserma Osoppo, al campeggio di Italia ’90 al confine con il Comune di Pasian di Prato, dallo stabile di proprietà della Provincia in viale Leonardo da Vinci all’ex Macello, fino all’ex Frigorifero e all’ex birreria Dormish. «Alle Ferrovie – continua De Toni – eravamo anche disposti a pagare i 500 euro di affitto che ci hanno chiesto come danno per l’occupazione di via Scalo Nuovo nel processo che ci ha visto tutti assolti, ma non c’è stato modo di trovare un accordo. E adesso quello stabile che noi avevamo ripulito e rimesso a nuovo sta cadendo a pezzi». Non lo dicono esplicitamente, ma per i componenti del Csa dovrebbero essere i proprietari degli immobili abbandonati a pagare chi li rimette e mantiene in ordine: «Altro che occupazione abusiva», dicono. «L’ex Frigo sta cadendo a pezzi – dice De Toni -. Perché una volta risolto il problema amianto non ce lo affidano? Siamo disponibili a rimetterlo a nuovo e poi a lasciarlo quando finalmente partirà il progetto per ricavarci un museo. Ma il sindaco Honsell dopo tante promesse ci ha liquidati dicendo che non ci sono spazi a disposizione. Presto dimostreremo il contrario: entro il secondo anniversario dello sgombero di via Scalo nuovo occuperemo un altro posto con le stesse caratteristiche dei centri sociali precedenti».