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Sull’Oceano Atlantico, Pacifico e Indiano si scatenano tradizionalmente i cicloni tropicali. Haiyan che ha investito le Filippine è davvero un fenomeno da record?
Sì perché per la sua intensità ha raggiunto la categoria cinque della scala Saffir-Simpson con venti intorno ai 320 chilometri orari. In questo estremo violento e pericoloso della scala si collocava anche l’uragano Kathrina che nel 2005 investì il sud degli Stati Uniti, in particolare New Orleans, provocando 1.800 vittime. «Con una simile forza distruttiva se ne contano pochi, circa uno all’anno e anche meno – dice Guido Visconti, direttore del centro fenomeni atmosferici estremi dell’Università dell’Aquila -. Complessivamente dal 1924 al 2007 ne sono stati registrati 32 incluso Kathrina in un’ annata che ha visto addirittura cinque fenomeni del genere». Anche Sandy l’anno scorso negli Stati Uniti raggiunse livelli analoghi mentre la maggior parte arriva al quarto grado.
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Come mai si formano questi fenomeni nell’atmosfera e con quale frequenza?
Nelle tre grandi aree oceaniche se ne contano complessivamente una sessantina all’anno con varia intensità e con diversi nomi a seconda delle zone (uragano, tifone o ciclone) ma sono tutti cicloni tropicali. La causa è la rilevante differenza di temperatura tra le acque oceaniche tropicali che superano anche i 35 gradi centigradi e la bassa temperatura in quota nella troposfera (10-12 chilometri) intorno ai 50 gradi sotto lo zero. Più è notevole la differenza, maggiore è la forza distruttiva del ciclone perché aumenta la velocità dei venti. La maggior quantità di vapore che si genera alimenta il processo. Tuttavia oltre la differenza di temperatura possono influire altri fattori come per l’Atlantico, ad esempio, contribuisce il trasporto di sabbia dall’Africa.
A seconda delle aree, inoltre, il fenomeno ha una sua stagione e in quella delle Filippine (Ovest Pacifico) si manifesta da luglio a novembre. «Ora ci dovrebbe essere un’attenuazione – afferma Visconti – invece è accaduto il contrario e quindi siamo davanti ad una anomalia».
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Dopo la nascita come si comporta un ciclone tropicale e quanto può durare nel tempo?
La vita media dei cicloni più violenti è intorno a tre giorni ai quali bisogna aggiungere un periodo che può arrivare anche a dieci giorni necessari per sostenere la crescita. Haiyan nella sua traiettoria verso il Vietnam ora si sta estinguendo come accade per tutti gli uragani quando raggiungono le coste proprio perché la temperatura del suolo non è più così elevata. A quel punto la velocità del vento diminuisce e il fenomeno scende nella classificazione diventando una tempesta tropicale.
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Ma il riscaldamento globale della Terra può essere la causa dell’intensificazione dei cicloni?
Il loro numero non sembra cambiato nelle statistiche, però è sicuramente aumentata la loro intensità. Alcuni scienziati attribuiscono la colpa al riscaldamento del nostro pianeta. «Purtroppo, però, – nota Visconti – non abbiamo ancora dati certi per confermarlo. I circa quaranta modelli teorici che si utilizzano per valutare la questione non forniscono la necessaria garanzia». Tuttavia i danni provocati sono in aumento. Oggi solo per gli Stati Uniti si calcola una perdita di nove miliardi di dollari all’anno e questo valore secondo le stime dovrebbe elevarsi a 30 nel 2100. Tenendo poi conto del riscaldamento globale la stessa cifra salirebbe addirittura a 42 miliardi di dollari.
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Quindi, guardando verso il futuro, quali possono essere le prospettive immaginabili?
Non positive. Intanto l’innalzamento delle acque marine dovuto al riscaldamento globale estenderà le aree nelle quali i cicloni possono far sentire i loro effetti distruttivi. Negli ultimi decenni il sistema delle infrastrutture si è espanso ma è diventato anche più vulnerabile. Tenendo poi conto che l’urbanizzazione nei continenti è sempre più concentrata lungo le coste queste si presentano come future aree più a rischio. Sul piano scientifico, pur essendo accertato un aumento della temperatura, la discussione è sempre molto accesa. I ricercatori del Mit danno la colpa al riscaldamento globale. Invece gli scienziati della Noaa sono più prudenti.