Nostra foto: parcheggio ex frigorifero 30 ottobre 2010 |
Ed infatti ecco il risultato ——————————— Bene, la pre-tattica continua ad avere effetto ——————————— Messaggero Veneto DOMENICA, 31 OTTOBRE 2010 Pagina 4 – Udine Nuova protesta del Centro sociale autogestito. «Perché il Comune non interviene?» «C’è amianto, transennare l’ex Frigorifero» |
Manifestazione ieri pomeriggio da parte del Centro sociale autogestito per denunciare, come era già avvenuto nei giorni scorsi con il volantinaggio, la presenza di amianto sul piazzale del parcheggio dell’ex Frigorifero, in via Sabbadini.
«Si è creata – si legge in una nota diffusa da Paolo de Toni – una situazione paradossale sotto gli occhi della polizia municipale, ovviamente mandata per l’ordine pubblico. A rigor di logica i due agenti, in quanto ufficiali di polizia giudiziaria avrebbero quanto meno dovuto verbalizzare la denuncia del gruppo di manifestanti, espressa con volantini e uno striscione molto chiaro appeso a indicare la tettoia fatiscente e soprattutto i pezzi di eternit a terra. Invece niente».
«Riteniamo stupefacente – aggiunge la dichiarazione – la condotta omissiva del Comune che avrebbe dovuto mandare quanto meno a transennare l’area dove ci sono pezzi di eternit in circolazione ed emettere un’ordinanza contingibile e urgente per la bonifica del sito. È una settimana che stiamo battendo su questo punto e niente è ancora successo. Cosa fa Honsell, dorme? Eppure l’assessore Malisani aveva dicharato che avrebbe fatto delle ri-verifiche. E allora non ha visto niente? E i soliti campioni del populismo udinese? I vari Dordolo, Blasoni, Colautti, Volpe Pasini, Belviso? Niente, neanche una parola! Si vede che la vicenda non rende abbastanza politicamente, eppure dal punto di vista sanitario ed ambientale si tratta di tutt’altro che una banalità».
«Questa è la situazione – aggiunge infine il Csa -: vengono spesso agitati spauracchi ad arte e poi di fronte alle cose serie i politici fanno finta di niente. Vedremo gli sviluppi la prossima settimana, ma il Comune di Udine tenga presente che oramai la questione è già ampiamente di ordine penale. Infine ribadiamo l’assoluta necessità di non dilazionare ulteriormente e di intervenire immediatamente per la rimozione dell’eternit sparso nel piazzale e dell’intera tettoia fatiscente che insiste sul lato sinistro del parcheggio».
Casualmente il MV si era occupato dei rischi dell’amianto proprio il giorno prima del presidio.
VENERDÌ, 29 OTTOBRE 2010 Pagina 2 – Udine
L’amianto e il male che non scompare
di PAOLO MEDEOSSI
Anche l’attore Steve McQueen fu una vittima dell’amianto, sostanza altamente cancerogena. Aveva contratto il mesotelioma peritoneale in seguito all’esposizione alla fibra killer nel periodo del servizio militare tra i marines e poi indossando le tute protettive in occasione delle corse automobilistiche cui partecipava. Ma la casistica riguardante le possibilità di esposizione più o meno diretta all’amianto (o absesto) concerne tantissimi ambiti professionali, come nella vicenda incredibile di un barbiere di Reggio Emilia che contrasse il mesotelioma in seguito al contatto con le fibre minerali presenti fra i capelli di alcuni clienti, che erano operai nello stabilimento Eternit di Rubiera. Invece un dipendente della Scala di Milano andò incontro a una tragica sorte svolgendo mansioni di meccanico ed elettricista di palcoscenico in quanto, fra anni Settanta e Novanta, dovette subìre un continuo contatto con le fibre per lo scuotimento del sipario antiacustico e antincendio, costituito da teli di amianto. Dopo la sua morte avvenuta nel 2000, i parenti hanno avuto diritto al risarcimento in sede civile.
Sono storie tremende tra le tante che si potrebbero raccontare visto che, secondo l’Organizzazione internazionale del lavoro, sono oltre 100 mila i decessi causati ogni anno nel mondo (e 4 mila in Italia) da tumori absesto correlati. Secondo i calcoli dell’istituzione, attualmente ogni cinque minuti muore una persona a causa dell’amianto. Un’emergenza enorme, ma a lungo sottovalutata e di cui ora si pagano le conseguenze. Tutto ciò appare ancora più inconcepibile in quanto la pericolosità nell’uso dell’amianto era nota agli inizi del Novecento se si considera che già nel 1898 un medico londinese osservò, in un cardatore di fibre di absesto, profonde alterazioni polmonari di tipo sclerotico. Ed è interessante ricordare anche che nel 1906 la British absestos company, impresa che lavorava amianto a Nole Canavese, in Piemonte, denunciò per diffamazione il direttore di un foglio locale, il Progresso del Canavese, che in un articolo su uno sciopero di protesta dei lavoratori aveva scritto: «L’industria dell’amianto fa annualmente un numero incredibile di vittime e dalle tavole necrologiche del Comune appare che con triste frequenza operai e operaie dell’amianto muoiono di tisi, anemia o gastro-enteriti». Un secolo fa, gli effetti dell’esposizione all’absesto erano quasi del tutto sconosciuti da un punto di vista scientifico, ma le parole del cronista dimostravano come fosse invece diffusa la percezione dei danni alla salute per le maestranze addette. Il giudice, dopo l’acquisizione dei pareri medici, concluse che non vi era diffamazione, assolse il giornalista e implicitamente riconobbe la validità dell’inchiesta, ma i risultati del processo alla fine non cambiarono la vita in fabbrica, né a Nole Canavese né altrove visto che bisogna arrivare agli anni Sessanta per le prime concrete prese di coscienza. Eppure, in questa tragica vicenda, vanno segnalati anche paradossi storici incredibili. A esempio, in un convegno a Trieste, il dottor Lorenzo Tomatis segnalò che la prima nazione ad aver riconosciuto il tumore polmonare da amianto come malattia occupazionale rimborsabile è stata la Germania nazista nel 1942 mentre successivamente gli americani negarono tale scelta in quanto veniva dal Terzo Reich rinviando così l’attività di prevenzione primaria di 25-30 anni. Anche per questo i ricercatori che sollevavano la questione dell’amianto vennero spesso tacciati di catastrofismo, allarmismo o di essere dei visionari in cerca di visibilità e fama e, come minimo, furono accusati di esagerare un problema sotto controllo e contenuto. Cose ribadite anche di recente da chi ha difeso la scelta della Svizzera, Paese che non ha vietato l’uso dell’amianto e in cui la multinazionale Eternit ha la sede legale. In Italia invece l’amianto è stato messo al bando con la legge 257 del 1992, la prima a prevedere forme di risarcimento per le persone colpite dal male a causa dell’absesto. In regione le aree più colpite sono quelle di Trieste e Monfalcone dove ci sono i cantieri navali e dove la stima delle morti, dal 1980 in poi, potrebbe raggiungere le due migliaia considerando i casi complessivi di malattie absesto correlate, cioè includendovi absestosi, mesoteliomi e carcinomi.
Di questo problema parliamo perché giorni fa abbiamo dato notizia dell’inchiesta della Procura sulle morti avvenute a Udine nell’ex officina delle Ferrovie dello stato. In seguito sono stati pubblicati altri interventi al riguardo e ieri è apparsa anche la lettera di un nostro lettore. Argomenti sui quali torneremo in sede di cronaca e che vanno approfonditi attraverso libri e studi già apparsi. Quanto abbiamo riferito sopra, a esempio, è tratto dal libro Il male che non scompare, del monfalconese Enrico Bullian, pubblicato nel 2008 dall’editore Il ramo d’oro di Trieste. Pagine da leggere perché l’emergenza non è finita. L’amianto non è del tutto debellato mentre i picchi di mortalità per gli effetti indotti dall’esposizione sono previsti in Italia e in Europa attorno al 2020. Una ferita dunque ancora aperta, una storia in ampia parte da scrivere.