Messaggero Veneto
MERCOLEDÌ, 13 APRILE 2011 Pagina 26 – Provincia
Sequestrato il depuratore del Cipaf
Sostanze inquinanti oltre i limiti nelle acque dopo il trattamento. Un custode giudiziario dovrà far funzionare l’impianto
I TEMPI
Subito i lavori, altrimenti stop alle imprese
La nuova normativa ha fatto da ancora di salvataggio per le aziende insediate al Cipaf, roba da 5 mila posti di lavoro tra diretti e indotto, ma il rischio di una crisi tipo Caffaro o Burgo (anche lì c’entrava un depuratore) non è affatto scongiurato. La Regione infatti una decina di giorni fa ha ricevuto dalla Procura la comunicazione dell’intenzione di operare un sequestro e ha indicato il nome di un custode (la legge prevede anche un albo cui attingere, peccato che l’albo non è stato istituito). Che ora in tre settimane dovrà fornire al procuratore Buonocore un cronoprogramma preciso di intervento per la segregazione delle acque di raffreddamento e il corretto funzionamento dell’impianto. Poi la Procura, compatibilmente con i tempi tecnici, concederà qualche mese di tempo affinchè cromo, zinco e gli altri metalli pericolosi la finiscano di inquinare le acque. Mesi non anni, perchè altre perdite di tempo non saranno tollerate. Ecco che allora il lavoro del dottor Chiarelli sarà tutt’altro che semplice perchè il professionista dovrà chiedere al Cipaf i fondi per i lavori. E il Cda del Cipaf, Consorzio ora con capacità di spesa pressochè nulla, dovrà consultare i soci che in tutta fretta dovranno cercare la via maestra per completare il budget (almeno un milione) o trovare i finanziamenti necessari. Non sarà facile. Per questo la Regione aveva tentato di intraprendere la strada del commissariamento del Cipaf. Il commissario infatti sarebbe stato anche il custode e avrebbe quindi avuto una via diretta per aprire i cordoni della borsa. E se alla fine per aggiustare un depuratore non funzionante e definito inutile realizzato con 3,2 milioni di soldi pubblici si utilizzassero altri soldi pubblici?
di Antonio Simeoli
BUJA La bomba è scoppiata. Un provvedimento del Gip del Tribunale di Tolmezzo ha certificato l’inquinamento delle acque che escono dal depuratore del Cipaf. L’impianto da 3,2 milioni di euro realizzato con soldi pubblici dunque non funziona e non impedisce a sostanze nocive come zinco rame, piombo e pure cromo di finire nelle acque circostanti e forse nella falda. La svolta. Sostanze che da anni e anni finiscono indisturbate persino nelle “Sorgive di Bars” uno dei paradisi naturalistici del Friuli e naturalmente nel Tagliamento. È la svolta, anticipata ieri dal Messaggero Veneto, di un inchiesta aperta un anno e mezzo fa dalla Procura di Tolmezzo e che vede dodici persone indagate per il reato di abuso d’ufficio e una serie di illeciti ambientali. Si tratta dell’ex Cda del Cipaf, degli industriali Pittini e Fantoni, dei progettisti dell’impianto Gentilli e De Cecco) nonchè dall’ex presidente della Provincia di Udine, Marzio Strassoldo, tutti raggiunti ieri dalla notifica del provvedimento di sequestro. Già un anno fa la Procura aveva chiesto invano al Gip lo stop del depuratore. Ora però le cose sono cambiate. Il procuratore Buonocore e il pm Alessandra Burra sono tornati alla carica con una corposa perizia affidata all’ingegner Marforio, che ha dimostrato come le acque che escono dal depuratore non sono trattate adeguatamente e portano con sè una serie di sostanze dalla notevole capacità inquinante. Il sequestro. Il Gip a questo punto ha firmato il decreto di sequestro preventivo. Che ieri è stato eseguito dai carabinieri del Nucleo investigativo guidati dal capitano Fabio Pasquariello. I militari dell’Arma hanno prima consegnato il provvedimento al presidente del Cipaf Ivano Benvenuti, poi si sono recati nella sede dell’impianto a Saletti di Buja per affidare a un custode giudiziario, che il giorno prima stato indicato dalla Regione (il dottor Lucio Chiarelli vice direttore dell’assessorato alle attività produttive), la gestione dell’impianto. Che dunque continuerà a funzionare consentendo alle aziende insediate, in primis i colossi Fantoni e Pittini, di non interrompere la produzione. Nuova legge. Non ci saranno quindi altri caso Burgo (cartiera di Tolmezzo, 2001) o Caffaro (Torviscosa, 2008), ma solo grazie a un anuova legge. Perizia alla mano, l’inquinamento registrato nelle acque intorno alla zona industriale è preoccupante. Per questo il tecnico indicato dalla Regione avrà 21 giorni di tempo per interfacciarsi con il Consorzio e presentare poi alla Procura un cronoprogramma di lavori per mettere in sicurezza il depuratore e farlo funzionare. E le opere, stimate in un milione di euro, dovranno innanzi tutto “segregare” le acque di raffreddamento degli impianti di Fantoni e Pittini impedendo che partecipino al processo di depurazione, come già peraltro indicato dalla legge. Peccato che di quella legge, secondo l’accusa, tutti se ne sarebbero infischiati per anni (Provincia di Udine compresa, quella che ha sempre autorizzato gli scarichi). Perchè? L’accusa. Semplicemente perchè con le acque di raffreddamento l’inquinamento veniva diluito e quindi non captato dai frequenti controlli effettuati sulle acque in primis dall’Arpa. Tutto questo, ecco il reato ipotizzato di abuso d’ufficio, per evitare ai grandi industriali le spese di costruzione degli impianti. Che ora dovranno esserci, altrimenti stavolta le fabbriche chiuderanno davvero.
MERCOLEDÌ, 13 APRILE 2011 Pagina 26 – Provincia
LA PERIZIA
Zinco, cromo, piombo fino alle Sorgive di Bars
BUJA Il vecchio depuratore non funzionava a dovere, il nuovo, da 3,2 milioni di soldi pubblici, fa addirittura peggio. E il malfunzionamento è stato “mascherato” solo per la presenza delle acque di raffreddamento dei grandi impianti di Ferriere Nord e Fantoni, liquidi che la legge vieta entrino nel processo di depurazione e che diluiscono i materiali inquinanti nascondendoli ai controlli di legge. Un meccanismo semplice che è continuato per anni. E secondo la Procura di Tolmezzo la realizzazione del nuovo costosissimo impianto decisa dall’ex Cda del Cipaf (tutto indagato) e spinta dagli ex Presidente della Provincia, Marzio Strassoldo e assessore Adriano Piuzzi (anche ex vice di Burello al Cipaf) si inseriva proprio in una seri di favori decisi da politici e amministratori per i grandi industriali. Della serie, secondo l’accusa ovviamente: non vi preoccupate, non serve che spendiate soldi per segregare le acque di raffreddamento, buttiamo tutto nel depuratore che paghiamo con i soldi pubblici. Questo per il dottor Buonocore e il pm Burra è il reato di abuso d’ufficio, illecito che gli inquirenti hanno cercato di provare anche con una lunga serie di intercettazioni telefoniche. E l’inquinamento per il Procuratore, che ieri a Tolmezzo ha fatto il punto sull’inchiesta, è la conseguenza dell’abuso d’ufficio. Una catena, dunque, lineare per l’accusa che adesso dovrà forse fare i conti con la possibile impugnazione del provvedimento di sequestro da parte dei 12 indagati o dello stesso Cipaf al Tribunale del Riesame. Il sequestro, di fatto, ha segnato una tappa importante nell’inchiesta, che non è ancora arrivata al traguardo, ma vi si sta avvicinando. «Con la perizia del dottor Marforio però – ha detto Buonocore – crediamo di avere cristallizzato una situazione di inquinamento che anche in servizi giornalistici era già stata ipotizzata già una ventina d’anni fa». Metalli pesanti che attraverso il Rio Molin del Cucco finiscono nelle Sorgive di Bars, nel Tagliamento, probabilmente nei vicini terreni coltivati. (a.s.)
MERCOLEDÌ, 13 APRILE 2011 Pagina 26 – Provincia
Il Consorzio: pieno appoggio alle indagini
Benvenuti: ereditata una situazione pesante. Ma il Gip alla Procura: indagate anche il nuovo Cda
GEMONA Piena fiducia nell’attività della magistratura, piena disponibilità a collaborare, ma un paletto ben chiaro da parte del Cda del Cipaf guidato dal presidente Ivano Benvenuti: niente a che fare con la vecchia gestione, quella degli indagati per abuso d’ufficio. I vertici del Cipaf, ricevuta dai Cc copia del decreto di sequestro preventivo, hanno reagito così alla decisione della magistratura. «La Regione ci ha formalmente trasmesso la nota della Procura, in relazione alle indagini in corso che, come è noto, non toccano la nostra gestione, e noi abbiamo prontamente risposto che se la Procura, anche in concerto con la Regione, ritenesse opportuno, al fine di una celere conclusione delle indagini, affidare a un “amministratore”, in sostanza ad acta, la gestione dell’impianto e del sistema di depurazione, per favorire una celere conclusione dell’attività investigativa, contemperando la necessità dell’esercizio dell’azione penale con quella di non penalizzare né il lavoro né la produzione, ebbene questa scelta avrebbe avuto la nostra piena condivisione e la nostra massima collaborazione». Poi il Consorzio, che vede tra i soci i comuni di Buja, Osoppo, Gemona e Majano, la Camera di Commercio, la Provincia, la Cisl, i grandi e piccoli industriali (tutti preoccupati per l’escaletion che sta avendo l’indagine), ha ribadito che «prendere in carico la responsabilità del processo di depurazione con l’indagine in corso sul “nuovo depuratore”, sotto la completa responsabilità e gestione dell’impresa costruttrice e non del Cipaf, non è stato molto facile, ma l’abbiamo fatto con estremo rigore e serietà. Abbiamo attivato subito le procedure per indire la nuova gara d’appalto per la gestione del depuratore nella parte di nostra competenza, imponendo maggiori controlli e responsabilità al gestore». E poi altre azioni, tra cui l’incarico per una serie di analisi e rilevazioni, concordate con l’Arpa e l’Ufficio provinciale all’ambiente, per la verifica delle condizioni ambientali del sito industriale «studio che si sta concludendo e di cui comunicheremo, certamente anche alla Procura, i risultati». Insomma, il Cda si chiama fuori dall’inchiesta, anche se il Gip ha invitato la Procura ad attribuire il reato ambientale anche a tutti coloro che non hanno adempiuto alla prescrizione imposta con l’autorizzazione nel novembre 2010. E nel 2010 il nuovo Cda era già insediato. (a.s.)