No Tav, No Repressione davanti al Teatro Nuovo “Giovanni da Udine” NO TAV = NO MAFIA Ma Caselli non ne sa niente, di quanto è buono il TAV con la tangente? |
News a proposito di TAV e mafie http://radioblackout.org/2015/09/tav-il-senatore-limprenditore-e-ndrangheta/ Udine giovedì 24 settembre ore 20.00 Presidio – Volantinaggio Oltre una ventina di attivist* ha partecipato all’iniziativa |
segue testo del volantino + rassegna stampa
messaggero veneto 25 settembre 2015
GIANCARLO CASELLI.
BREVE STORIA DI UN PROFESSIONISTA DELLA REPRESSIONE
(e di alcuni suoi compari)
Stasera a Udine si incensa Giancarlo Caselli, magistrato che alla fine degli anni sessanta fu tra i fondatori di Magistratura “Democratica” (insieme a Violante e Laudi), e che tuttavia, iniziò la sua carriera istituzionale non lavorando per la difesa dei diritti civili e politici calpestati dal fascismo e da secoli di oppressione, ma al contrario attaccando i movimenti di rivolta sociale esplosi a Torino nel 1967 e propagatisi in tutta Italia nel 1968.
Venne nominato giudice istruttore nel 1969, poco dopo la rivolta di corso Traiano, a Mirafiori, dove gli operai in sciopero, insieme agli studenti, si scontrarono per ore con la polizia contro le indicazioni del sindacato e del partito comunista.
Caselli e gli altri magistrati “democratici”, fedeli allo Stato (che rispondeva ai movimenti con le stragi nelle piazze, le bombe sui treni, l’organizzazione di forze paramilitari,…), in questa guerra contro la ribellione sociale si allearono anche con chi tanto democratico non era, come ad esempio il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, già coinvolto in dure repressioni di piazza e in una strage di detenuti nel carcere di Alessandria.
Questa alleanza permise la repressione non solo delle organizzazioni armate di sinistra, ma di tutti i movimenti che volevano un cambiamento radicale della società, negli anni settanta e ottanta, attraverso l’uso sistematico e scientifico della tortura, gli arresti di massa sulla base di semplici sospetti, l’uso arbitrario del carcere preventivo, la censura dei mezzi di espressione (si pensi alla chiusura di Radio Alice a Bologna per mano dei carabinieri o di Radio Aut di Peppino Impastato a Cinisi, per mano di Cosa Nostra e dei carabinieri…), l’omicidio politico (ricordiamo Francesco Lo Russo e Giorgiana Masi, studenti uccisi dalla polizia nel 1977).
Tra il 1993 e il 1999 Caselli fu Procuratore della città di Palermo, affermandosi come “colui che sconfisse la Mafia”.
Negli stessi anni a continuare il lavoro con lui iniziato contro gli “estremisti” a Torino rimarrà il collega Maurizio Laudi che, assieme al pm Marcello Tatangelo, porterà avanti nel 1998 una strana inchiesta per terrorismo in Val Susa, nell’ambito della quale moriranno, suicidi in carcere, i due anarchici Sole e Baleno, che poi, ormai morti, saranno assolti.
Della pagina palermitana della carriera di Caselli si deve ricordare almeno la vicenda del depistaggio su via d’Amelio durante il quale Caselli difese pubblicamente, e a più riprese, l’uomo che torturò per mesi un innocente ragazzo palermitano (Vincenzo Scarantino) per fargli confessare ciò che non aveva fatto e accusare altre sei persone innocenti, al fine di tutelare i veri esecutori. Quel torturatore, Arnaldo La Barbera, capo della squadra mobile di Palermo, poi promosso a questore della stessa città, ce lo ritroveremo davanti alla scuola Diaz, a Genova, il 21 luglio 2001, a dare il via insieme a Mortola e a Canterini al pestaggio di massa e alle sevizie, successive, alla caserma di Bolzaneto. Ma per Caselli, come disse a Palermo mentre la gente scendeva in strada nei quartieri, contro quelle torture, La Barbera era “un uomo la cui eccellente professionalità non può essere messa in discussione”.
E arriviamo al 2008 e ad un altro salto di carriera. Caselli diviene Procuratore Capo di Torino. Il terrorismo rimane il suo pallino e, appena tornato in Piemonte, si rimette subito all’opera: c’è un movimento popolare di rivolta sociale da reprimere in modo esemplare, per impedire che si diffonda e contagi altre realtà e altri ambiti di lotta. Inizia la guerra contro il movimento NO TAV portata avanti attraverso la creazione di teoremi giudiziari persecutori ai danni dei militanti, colpevoli di lottare contro la devastazione e lo sfruttamento del territorio e contro le infiltrazioni mafiose nella costruzione delle grandi opere come il TAV.
Il 27 giugno 2011, nonostante i tentativi di resistenza degli attivisti, avviene lo sgombero manu militari del presidio permanente No Tav della Libera Repubblica della Maddalena. Il successivo 3 luglio il movimento assedia il cantiere sorto dopo lo sgombero. I pm Padalino e Rinaudo con a capo il procuratore capo Caselli stabiliscono l’arresto di moltissimi attivisti, accusati di lesioni, violenza e resistenza a pubblico ufficiale”.La sentenza , emessa il 27 gennaio 2015 nell’aula bunker del carcere delle Vallette di Torino, ha previsto condanne per 47 dei 53 imputati.
Questa attitudine all’utilizzo di mezzi di intimidazione a scopo di repressione politica spiega molto bene anche l’accanimento che Caselli ha messo nella vicenda degli arresti per gli scontri con le forze dell’ordine e le azioni non violente di sabotaggio al cantiere Tav di Chiomonte del maggio 2013 durante le quali venne danneggiato un compressore.
Quattro No Tav, Chiara, Claudio, Mattia, Niccolò, vengono arrestati con l’accusa di attentato con finalità di terrorismo. Nonostante non sia stato ferito nessuno, gli attivisti sono stati accusati di aver cercato di colpire gli operai del cantiere e i militari di guardia: «è ravvisabile la finalità di terrorismo tenuto conto che l’azione è idonea, per contesto e natura, a cagionare grave danno al Paese, ed è stata posta in essere allo scopo di costringere i pubblici poteri ad astenersi dalla realizzazione di un’opera pubblica di rilevanza internazionale”.
La sia il Tribunale del Riesame che la Cassazione riterranno incongrua l’accusa di terrorismo e la respingeranno e i 4 verranno condannati in primo grado a 3 anni e 6 mesi per danneggiamento aggravato, porto d’arma da guerra e violenza a pubblico ufficiale. C’è anche una multa di 5000 euro a testa e un risarcimento, del quale non si conosce la cifra, a Ltf.
Nel frattempo per fortuna Caselli è andato in pensione. Ma non si può dire altrettanto dei suoi compari.
E’ di questi giorni la notizia che dai pm è stata fatta una richiesta di un anno e mezzo di sorveglianza speciale per Chiara, che si trova attualmente agli arresti domiciliari. La sorveglianza speciale è una misura che può essere applicata su una base del tutto arbitraria di sospetti e sulla base più del profilo psicologico della persona (troppo incline a lottare) che su fatti commessi e prevede una limitazione paradossale della libertà con lo scopo di una sorta di rieducazione del soggetto che la subisce.
Inoltre l’attuale procuratore capo di Torino Marcello Maddalena, degno erede di Caselli, il prossimo 15 ottobre, data di inizio del processo d’appello per Chiara, Claudio, Mattia e Niccolò, sarà in aula per sostenere le ragioni dell’accusa di attentato con finalità di terrorismo caduta sia nel Riesame che in Cassazione. Come hanno evidenziato gli avvocati difensori degli attivisti, la scesa diretta in campo del procuratore capo, pur avendo scarso fondamento giudiziario, rappresenta una pericolosa mossa politica volta a creare un precedente per un’inasprimento delle incriminazioni e per cercare così di troncare sul nascere ogni lotta di rivendicazione sociale.
ATENEO LIBERTARIO FRIULANO
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Riceviamo e pubblichiamo dal Comitato Friuli Rurale
MI COL MUS E TI COL TAV
ANDEMO A SERVOLA DOMAN
Dopo undici anni di promesse elettorali, di annunci trionfalistici, di convegni internazionali, di banchetti, di miliardi gettati al vento in progettazioni inutili, hanno dovuto gettare la spugna. Intanto, il sistema ferroviario regionale è alle corde.
Quando il Commissario Bortolo Mainardi mise termine al balletto dei TAV e dei TAC e decretò la utilità di accantonare il progetto dell’Alta Velocità, ovvero l’urgente convenienza di ammodernare la linea ferroviaria esistente, la Serracchiani perse la testa: corse dall’allora ministro per le infrastrutture e, tanto brigò, che ottenne la testa dell’incauto architetto. In effetti Mainardi aveva infranto il mito dell’alta velocità, del giocattolo dai colori sgargianti da esibire in tutte le feste comandate e in occasione di ogni tornata elettorale. Con lui era crollato il miraggio di faraonici affari, l’illusione di una fantasmagorica crescita occupazionale e la faccia tosta di una caterva di illustri pifferai che si erano prodigati a sostenere la truffaldina impresa. Con quella presa di posizione si erano improvvisamente inaridite promettenti carriere universitarie pronte ad entrare nel gioco delle consulenze facili e, nel contempo, si erano prosciugati fiumi di inchiostro pronti a scorrere dalle penne servili del giornalismo regionale.
Dopotutto, quello di Mainardi era stato l’uovo di Colombo: la soluzione che da sempre, noi dei comitati No TAV avevamo pervicacemente sostenuto a dispetto di ogni vertice regionale e di ogni associazione di categoria sedotta dal mito della velocità e dal profumo di denaro pubblico emanato dal treno veloce.
Nella dura lotta iniziatasi con il sostegno ai NO TAV della Val di Susa e approdata ad una piena consapevolezza dei danni ambientali ed economici che la nuova linea avrebbe comportato nella tratta Venezia Trieste, siamo stati in grado di sbugiardare le tracotanti sceneggiate del proponente di turno. Ma quanta fatica, quanti rumorosi appostamenti sotto le finestre dei Municipi dove si estorcevano consensi ai Sindaci ammansiti con la tecnica del bastone e della carota; quante manifestazioni di piazza, quante assemblee pubbliche e convegni scientifici per dimostrare truffa che si celava dietro all’insano progetto. Siamo stati tanto bravi da sottrarre l’opinione pubblica alle menzogne diffuse con larghezza di mezzi dagli organi di informazione; ma forti del crescente consenso popolare siamo stati anche bravi nel fornire osservazioni e controdeduzioni inoppugnabili, tanto da obbligare la controparte ad improvvisi e continui cambi di rotta, a penosi voltafaccia: tanto da aver contribuito in maniera sostanziale alla sconfitta elettorale prima di Illy, poi di Tondo e, domani, della Serracchiani.
A dilatare la sconfitta della controparte contribuì non poco la poca competenza e convinzione dei proponenti: con essa la riduzione delle risorse finanziarie, ovvero la scarsa credibilità e personalità dei nostri politicanti, del tutto incapaci di attirarle. Tanto è vero che i nostri governanti, anziché battere i pugni a palazzo Chigi, altro non sapevano fare che recarsi a tifare per la Tav in Val di Susa, convinti che al grido del “Boia chi molla”, i binari potessero penetrare nella città giuliana grazie ad un viagra mediatico. Tuttavia, la lotta non è stata indolore, tant’è che il cinismo della controparte -secondo il ben noto principio del tanto peggio, tanto meglio- finì per trascurare la rete ferroviaria esistente, riducendola ad uno stato pietoso: penalizzando in tal modo i passeggeri, ma anche il traffico delle merci e, in particolare, la portualità rimasta letteralmente azzoppata a tutto vantaggio di Capodistria, ma soprattutto di Venezia che in tal modo si avvantaggia su Trieste e sa cogliere ogni finanziamento statale.
Visto che a Trieste si avvicinano le elezioni e bisogna rieleggere Cosolini, sono dunque iniziate le grandi manovre con tanto di ministri in visita elettorale. Cosa mai dirà agli elettori la gioiosa governante? Le basterà millantare i suoi meriti di responsabile nazionale delle infrastrutture o arriverà nella veste di Oloferne con il capo mozzato del buon Mainardi? Come giustificare il nulla di fatto dopo una gestione fallimentare dei collegamenti viari e della portualità regionale? Niente di più semplice: con un bel “Forum ferroviario internazionale Italia-Balcani”, dove poter esibire il rubicondo Cosolini e sparare i soliti editti acchiappa merli da far divulgare ai media regionali. “Il Friuli Venezia Giulia è impegnato a recuperare una centralità che serve non solo alla regione ma anche all’Europa e all’area balcanica. Le prospettive sono importanti”, vanno fatti investimenti per l’ammodernamento delle infrastrutture di trasporto, ma è arrivato il tempo di “impegnarsi al miglioramento dell’esistente piuttosto che su grandi progetti alternativi“… “di fare le cose possibili e non quelle difficili da realizzare” .
Siamo alla farsa. Non paga del voltafaccia, non vuole nemmeno rimangiarsi gli antichi propositi e finisce per inneggiare alla TAV “L’Alta Velocità/Alta Capacità è fondamentale, è stato un investimento per il Paese e, laddove esiste, funziona” Indifferente al fatto che non siamo nemmeno in grado di collegarci con la vicina Slovenia, non le resta che magnificare quello che chiamano “polo intermodale di Ronchi dei Legionari”, ma che altro non è che un inutile, enorme parcheggio.
Ecco allora, l’amministratore delegato delle Ferrovie promettere la redazione di un piano di fattibilità per l’ammodernamento della linea esistente, se non altro per ridurre l’anacronistico tempo di percorrenza fra i due capoluoghi. Si capisce che hanno tirato il freno a mano, ma intanto il tempo passa e non si vede un bel nulla: invece di rendere il servizio ferroviario appetibile e immediatamente accessibile ai disabili e alle persone anziane, si continua a tenere in ballo la favola che per l’Alta Capacità i treni debbano viaggiare ad almeno 220 chilometri all’ora e quindi la necessità di operare sostanziali modifiche di tracciato. Ebbene, noi non staremo con le mani in mano, né vogliamo subire scelte preordinate o camuffate, affidate ancora una volta a chi ha già fallito. Chi pensa di escludere la partecipazione delle popolazioni interessate, è bene che faccia tesoro delle disavventure di un recente passato, del tempo perso, dei danni subiti dalla collettività e dei costi abnormi spesi per una caterva di progetti finiti al macero e ingiustamente addebitati alla cittadinanza, anziché agli autori di una gestione irresponsabile, per non dire scellerata.
20/09/2015 Comitato per la Vita del Friuli Rurale
www.facebook.com/comitato.friulirurale
News tratta Venezia Trieste