Sciopero della fame al Cie di Gradisca
Da vent’anni in Italia con la famiglia, ora rischia l’espulsione.
Da Il piccolo del 02/04/10
Sciopero della fame al Cie di Gradisca
GRADISCA Da vent’anni in Italia con la famiglia, ora rischia l’espulsione. Il caso di Said Stati, cittadino marocchino trattenuto al Cie di Gradisca, è approdato anche sulla scrivania del presidente della Camera Gianfranco Fini grazie all’intercessione dell’associazione umanitaria EveryOne, oltre che sui banchi del Consiglio provinciale. L’uomo da una decina di giorni ha intrapreso uno sciopero della fame per protestare la propria condizione. «Mi trattano come un delinquente ma sono sempre stato uno onesto e lavoratore, come tanti. Da un giorno all’altro tutto è finito, per la legge Maroni sono un delinquente da rinchiudere e, presto, da spedire a casa come un pacco postale. Che io viva qui da 20 anni con moglie e figli non conta nulla». Il 10 novembre scorso, questa la versione dell’immigrato, 40 anni, Said si stava recando dall’avvocato per il rinnovo del permesso di soggiorno. Fermato dai carabinieri, che ne hanno riscontrato la documentazone scaduta, è finito in caserma a Brescia. E poi al Cie. «Tengo nascosta la verità ai miei bambini, dico loro che sono altrove per lavoro. Qui dentro si vive male. La tensione spesso è alta e la polizia in passato non ha perso tempo a picchiarci, anche chi non c’entrava nulla con le rivolte». È detenuto nel Cie con un decreto di espulsione perché ha perso il lavoro e dunque, dopo sei mesi, anche il permesso di soggiorno. È sposato con Nadia, marocchina come lui, e ha due figli: un maschio di otto anni e una femmina di tre. Said ha quarant’anni. Quando ne aveva 21 è partito da Casablanca per raggiungere la sua famiglia – madre, padre e sei fratelli – nel Bresciano. «Ho sempre lavorato in questo Paese, ma non mi hanno mai assunto. Ecco cos’è un clandestino per voi in Italia. Perchè sto in un centro di identificazione se sanno già chi sono?». A maggio si deciderà il suo destino. Forse anche prima, perchè nel frattempo c’è il fattaccio dello scontro con la polizia. Dopo una rivolta dello scorso inverno, le forze dell’ordine intervennero per riportare la calma e vennero costrette ad usare anche le maniere forti. «Alcuni ragazzi avevano tentato di scappare. Si sono ribellati, hanno distrutto la stanza dove dormivo. Per questo mi hanno rinchiuso, in isolamento, in una stanza fredda e senza materassi. Provavo a bussare per farmi aprire, ho citofonato ma nessuno rispondeva. Allora, preso dalla rabbia, ho colpito la vetrata e l’ho rotta. Tutto qui. Invece mi sono svegliato in infermeria da tante botte che ho preso». Said ha denunciato il pestaggio, ma è doveroso dire che a sua volta è stato denunciato, da uno dei poliziotti, per danneggiamento e resistenza a pubblico ufficiale. (l.m.)