Il flop dei forconi era già chiaro dal 18 gennaio in seguito al fallimento della manifestazione nazionale a Roma.
Ad Udine, più che nel resto della Regione, avevano goduto una settimana di successo dal 9 al 14 dicembre, riuscendo a strumentalizzare il disagio e le sofferenze diffuse in vari strati sociali in seguito alla crisi.
Grazie all’ambiguità del loro capo, Alessandro Gallo, ad Udine, il cosiddetto “coordinamento 9 dicembre” era riuscito ad intortare anche molta gente senz’altro non di destra, anche se si è lasciata egemonizzare dalla furbesca sloganistica di casapound.
Abbiamo seguito passo passo la loro evoluzione intervenendo in vari modi per ostacolarli, con iniziative che hanno avuto anche significativa efficacia.
Dei forconi non resterà nulla.
Quello che invece purtroppo resta è il ringalluzzimento di casapound che, come si diceva un tempo, è passata dal “doppio petto al manganello”.
Casapound, grazie ai contatti sviluppati al presidio di piazzale Osoppo, ha potuto avere una certa ramificazione nel territorio come si è potuto vedere con la conferenza di Basiliano a favore degli Ogm del 13 gennaio, che comunque è stata anch’essa efficacemente, boicottata, da chi ha capito che l’antifascismo in Friuli non si fa solo il 25 aprile e non solo ad Udine, ma sempre e su tutto il territorio friulano.
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Messaggero Veneto online 16 febbraio 2014
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Liti e veleni fra i forconi,
chiuso il presidio di Udinedi Michela Zanutto
Lo sfogo di Gallo su Facebook: «Fermi. Stop. Fate voi qualcosa se volete. Era un covo di serpi»«Il gruppo di Udine si chiude ora». Con un post sul social network Facebook, il coordinatore del Coordinamento 9 dicembre ha chiuso l’esperienza dei forconi a Udine. Niente più presidio in piazzale Chiavris, niente più gruppo. Tutto cancellato. E non senza attriti e insulti.
«Chiuso. Stop. Fate voi qualcosa se volete», scrive Alessandro Gallo sul social network che in questi mesi è stato la cassa di risonanza e la piazza (virtuale) che ha aiutato i manifestanti a unirsi e organizzarsi. E dopo le ipotesi di sabotaggio imputate a qualche hacker, è Francesco a rompere il ghiaccio: «Ragazzi mi meraviglia il fatto che in un gruppo con gli stessi obiettivi ci si scanni solo per la smania e la convinzione di essere i primi della classe. Il cervello, se lo abbiamo, serve per ragionare». Segue Luca: «Cioè il presidio di Udine ha fatto la stessa fine del Coordinamento 9 dicembre iniziale? Litigi e dissapori tra i componenti lo hanno fatto fallire?», domanda.
E Gallo replica: «C’era un forte scambio di infamità e calunnie. Le persone che si stimano non hanno bisogno di un gruppo Facebook, e nemmeno di un presidio per combattere. Fatene un altro e gestitelo voi. Ho dato questa possibilità molte volte. E ora il gioco è finito. Quel gruppo era divenuto un covo di serpi». Dal piano virtuale l’addio è immediatamente approdato a quello reale. Da un paio di giorni il presidio di piazzale Chiavris – emigrato da piazzale Osoppo dopo lo “sfratto” del Comune – non c’è più.
Niente tenda, né fornelletti da campeggio o generatori di elettricità. Ma la protesta non sembra placarsi. Appena qualche giorno fa una ventina di militanti del Coordinamento 9 dicembre di Udine è andata a Roma per protestare contro il governo. Chi in treno, chi in auto e chi persino a piedi, i cosiddetti “forconi” hanno raggiunto la capitale chiedendo l’annullamento delle elezioni di febbraio perché la legge che ha permesso di formare il Parlamento è stata dichiarata incostituzionale dalla Consulta. E la “staffetta” romana fra Letta e Renzi non ha certo placato gli animi dei ragazzi, tutt’altro.
Intanto però i giovani accusano anche il Palazzo D’Aronco per il lento sfaldamento del presidio: «Il Comune di Udine, caso unico in Italia, ha richiesto tramite gli agenti della Polizia municipale il pagamento della tassa di occupazione di suolo pubblico nella misura prevista dalla legge per questa tipologia, ovvero 17 centesimi di euro al metro quadrato, per ogni giorno di occupazione. L’imposta è stata pagata fino a sabato 18 gennaio, data in cui il Comune, con una motivazione da noi ritenuta pretestuosa, ha negato l’autorizzazione al prosieguo del presidio, lamentando problemi legati al verde pubblico».