ELETTRODOTTI/ Il Consiglio di Stato dà ragione ai Comitati del Brenta

Testo della Sentenza

 

N. 03205/2013REG.PROV.COLL.

N. 06870/2012 REG.RIC.

N. 06871/2012 REG.RIC.

N. 06942/2012 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6870 del 2012, proposto da:
Comune di Vigonovo, Comune di Saonara, Comune di Stra, Comune di Camponogara, Comune di Dolo, Comune di Fossò in persona dei rispettivi sindaci in carica, rappresentati e difesi dagli avvocati Matteo Ceruti e Alessio Petretti, preso il primo elettivamente domiciliato in Roma, via degli Scipioni, 268/A;
;

contro

Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, Ministero per i beni e le attività culturali, Ministero dello sviluppo economico in persona dei rispettivi ministri in carica, Presidenza del consiglio dei ministri in persona del presidente in carica, tutti rappresentati e difesi dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Regione Veneto in persona del presidente in carica della Giunta regionale, rappresentata e difesa dagli avvocati Andrea Manzi, Tito Munari, Ezio Zanon, presso il primo elettivamente domiciliata in Roma, via Confalonieri, 5;

nei confronti di

Terna – Rete Elettrica Nazionale s.p.a. in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli avvocati Claudio Martino, Filomena Passeggio, Elena Buson, presso il primo elettivamente domiciliata in Roma, via Antonio Gramsci, 9;

 

sul ricorso numero di registro generale 6871 del 2012, proposto da:
Comune di Vigonovo, Comune di Saonara, Comune di Stra, Comune di Camponogara, Comune di Dolo, Comune di Fossò in persona dei rispettivi Sindaci in carica, rappresentati e difesi dagli avvocati Matteo Ceruti e Alessio Petretti, presso quest’ultimo elettivamente domiciliati in Roma, via degli Scipioni, 268/A;

contro

Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, Ministero per i beni e le attività culturali, Ministero dello sviluppo economico in persona dei rispettivi ministri in carica, Presidenza del Consiglio dei ministri in persona del presidente in carica, tutti rappresentati e difesi dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Regione Veneto in persona del presidente in carica della Giunta regionale, rappresentata e difesa dagli avvocati Andrea Manzi, Tito Munari, Ezio Zanon, presso il primo elettivamente domiciliata in Roma, via Confalonieri, 5;

nei confronti di

Terna – Rete Elettrica Nazionale s.p.a. in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli avvocati Elena Buson, Claudio Martino, Filomena Passeggio, con domicilio eletto presso l’avvocato Claudio Martino in Roma, via Antonio Gramsci, 9;

 

sul ricorso numero di registro generale 6942 del 2012, proposto da:
Adone Doni, Anna Maria Doni, Patrizia Doni, Clorinda Milani, Federico Masato, Mario Vescovi, Renzo Vescovi, Gianantonio Canova, Maria Masiero, Gianfranco Marigo, Silvano Doni, Rachelino Novello, Angelo Baldan, Associazione Cat – Comitati Ambiente e Territorio – Riviera del Brenta e Miranese in persona dei rispettivi legali rappresentanti in carica, tutti rappresentati e difesi dagli avvocati Francesco M. Curato, Debora Pretin, Valentina Porro, presso quest’ultima elettivamente domiciliati in Roma, via Appia Antica, 140;

contro

Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, Ministero per i beni e le attività culturali, Ministero dello sviluppo economico, Ministero delle infrastrutture e dei trasporti in persona dei rispettivi ministri in carica, rappresentati e difesi dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Regione Veneto in persona del presidente in carica della Giunta regionale, rappresentata e difesa dagli avvocati Tito Munari, Ezio Zanon, Andrea Manzi, presso quest’ultimo elettivamente domiciliata in Roma, via Confalonieri, 5;
Terna- Rete Elettrica Nazionale s.p.a. in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli avvocati Filomena Passeggio, Claudio Martino, Elena Buson, con domicilio eletto presso l’avvocato Claudio Martino in Roma, via Antonio Gramsci, 9;

per la riforma

quanto al ricorso n. 6870 del 2012:

della sentenza del T.a.r. Lazio – Roma: Sezione II n. 4068/2012, resa tra le parti, concernente approvazione progetto definitivo per la costruzione, da parte di Terna spa, di un nuovo collegamento a 380 kv tra le stazioni elettriche a 380/220/132 kv di Dolo (Ve) e Camin (Pd) – risarcimento danni

quanto al ricorso n. 6871 del 2012:

della sentenza del T.a.r. Lazio – Roma: Sezione II n. 4054/2012, resa tra le parti, concernente giudizio positivo di compatibilità ambientale sul progetto “razionalizzazione della rete elettrica ad alta tensione nelle aree di Venezia e Padova” – risarcimento danni

quanto al ricorso n. 6942 del 2012:

della sentenza del T.a.r. Lazio – Roma: Sezione II n. 4061/2012, resa tra le parti, concernente giudizio favorevole di compatibilità ambientale relativamente al progetto razionalizzazione delle rete elettrica ad alta tensione nelle aree di Venezia e Padova.

 

Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio delle Amministrazioni pubbliche intimate e di Terna – Rete Elettrica Nazionale s.p.a, come sopra specificato;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 30 aprile 2013 il consigliere Roberta Vigotti e uditi per le parti l’avvocato Ceruti, l’avvocato dello Stato Guida, gli avvocati Andrea Manzi, Munari, Buson e Martino;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

 

FATTO e DIRITTO

Con ricorso in appello rubricato al numero di ruolo generale 6870/2012 i Comuni di Vigonovo, Saonara, Stra, Camponogara, Dolo e Fossò chiedono la riforma della sentenza 7 maggio 2012, n. 4068 con la quale il Tribunale amministrativo del Lazio ha respinto il ricorso presentato avverso il decreto ministeriale n. 239 del 7 aprile 2011, recante autorizzazione unica ai sensi dell’art. 1-sexies d.l. 29 agosto 2003 n. 239 conv. nella legge 27 ottobre 2003 n. 290, e degli atti allo stesso prodromici, per la realizzazione, da parte di Terna-Rete Elettrica Nazionale s.p.a. (d’ora in avanti: Terna) di un nuovo collegamento tra le stazioni di Dolo e Camin, inserito nel piano di sviluppo della rete elettrica nazionale.

I medesimi Comuni hanno impugnato anche, con distinto appello (n. 6871/2012) la sentenza n. 4054 del 7 maggio 2012 dello stesso Tribunale amministrativo, reiettiva del ricorso presentato per l’annullamento del decreto ministeriale 2 febbraio 2010, recante giudizio di compatibilità ambientale dell’impianto suddetto, e degli atti del relativo procedimento statale di valutazione.

Analogo ricorso in appello (n. 6942/2012), avente ad oggetto la sentenza del Tribunale amministrativo del Lazio 7 maggio 2012, n. 4061, è stato presentato da alcuni privati residenti nelle aree interessate dal tracciato della progettata linea elettrica.

I) Gli appelli possono essere riuniti, data la connessione oggettiva e soggettiva che li lega.

Essi concernono l’approvazione del progetto per la costruzione di interventi di razionalizzazione della rete elettrica ad alta tensione nelle aree di Venezia e Padova, per la cui realizzazione ed esercizio Terna ha presentato istanza ex art. 1-sexies d.-l. 29 agosto 2003, n. 239, al Ministero dello sviluppo economico in data 28 dicembre 2007, integrata con nota del 29 gennaio 2008, e gli atti del relativo procedimento, in particolare il giudizio di compatibilità ambientale.

Nella valutazione del progetto presentato da Terna è intervenuta l’intesa della Regione Veneto, espressa con deliberazione della Giunta regionale n. 642 del 18 marzo 2008.

Successivamente ha preso avvio il procedimento di valutazione di impatto ambientale, nel quale sono intervenuti il parere favorevole della commissione regionale (8 luglio 2009, n. 246), il decreto del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con il Ministero per i beni e le attività culturali del 1° dicembre 2009, il decreto del Ministero dell’ambiente del 2 febbraio 2010, parzialmente modificato il 15 novembre 2010 (tali decreti sono stati oggetto dei ricorsi decisi dal Tribunale amministrativo del Lazio con le sentenze n. 4054 e 4061 del 2012).

Nel frattempo, con provvedimento dell’11 settembre 2009 il progetto è stato sottoposto ad un primo accertamento di compatibilità rispetto agli strumenti urbanistici dei comuni interessati da parte della direzione urbanistica della Regione Veneto, a seguito del quale Terna ha presentato un progetto aggiornato e revisionato quanto al tracciato in base alle prescrizioni imposte, che è stato sottoposto ad un secondo accertamento di conformità urbanistica al piano territoriale di coordinamento nel frattempo intervenuto.

La conferenza di servizi per la valutazione del progetto si è conclusa il 14 dicembre 2010 con il rilascio dell’autorizzazione unica del 7 aprile 2011, oggetto della sentenza del Tribunale amministrativo del Lazio n. 4068 del 2012.

III) Le sentenze impugnate hanno respinto i ricorsi rilevando, in particolare, che:

– l’intesa regionale prevista dall’art. 1-sexies d.-l. n. 239 del 2003, avendo carattere politico, non deve necessariamente intervenire in esito a specifica e completa istruttoria, e l’assenso regionale in seno alla conferenza di servizi del 14 dicembre 2010 è stato legittimamente espresso dal dirigente regionale;

– nel procedimento regolato dalla norma appena citata l’autorizzazione unica sostituisce tutte le autorizzazioni e gli atti d’assenso comunque denominati e incide, con forza di variante, sugli strumenti urbanistici vigenti;

– tale autorizzazione è stata rilasciata in esito anche all’accertamento positivo di conformità urbanistica condotto dal Ministero delle infrastrutture a seguito di un’apposita valutazione regionale che ne ha verificato la compatibilità con il Piano territoriale regionale di coordinamento vigente e con quello adottato, nonché, per le aree interessate, con il Piano d’area della laguna di Venezia, come risulta dalle note della Regione Veneto dell’11 settembre 2009 e del 5 gennaio 2011, quest’ultima relativa al progetto variato a seguito delle prescrizioni di carattere tecnico inserite nel decreto di VIA;

– gli artt. 4 e 5 della legge regionale del Veneto 30 giugno 1993, n. 27, della quale i ricorrenti deducono la violazione, non sono più in vigore, essendo la materia ormai regolata dalla legge statale 22 febbraio 2001, n. 36 e, quanto al procedimento, dal d.p.r. 18 aprile 1994, n. 383, oltre ad essere incompatibili con l’art. 1-sexies d.-l. n. 239 del 2003;

– la sistemazione della rete di cui al progetto in esame è prevista nel piano annuale 2007 per lo sviluppo della rete di trasmissione nazionale, approvato con decreto ministeriale dell’11 aprile 2007 e poi in tutti i piani successivi ed è stato approvato dalla Regione mediante l’intesa, come necessario alla riqualificazione ambientale e di ammodernamento della rete locale mediante la realizzazione della nuova linea Camin-Dolo con le modalità previste dall’alternativa 2, approvata in sede di VIA e l’eliminazione di numerose linee aeree esistenti;

– la scelta della soluzione migliore spetta non alla Regione, ma ai competenti Ministeri, mentre la Regione ha condiviso la necessità di realizzare il progetto, anche per conseguire l’obiettivo previsto con il cosiddetto accordo Morazzani;

– i termini prescritti dall’ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3764 del 2009 per la conclusione del procedimento di valutazione di impatto ambientale e per il rilascio dell’autorizzazione unica non sono perentori;

– il parere del Genio civile è favorevole alla realizzazione del progetto;

– la possibilità di tracciati alternativi è stata accuratamente vagliata ed è comunque oggetto di una censura inammissibile;

– la valutazione da parte della Regione, in sede di procedura di VIA, del profilo paesaggistico relativo al tracciato è stata compiuta nella versione originaria del progetto, che non risulta variato nella versione definitiva;

– i ricorrenti non hanno interesse a lamentare l’illegittimità delle condizioni indefinite imposte a Terna con il parere della Regione Veneto;

– la prevalenza numerica dei voti contrari nella conferenza di servizi al progetto è irrilevante, poiché hanno espresso parere favorevole le Amministrazioni dotate di competenze esclusive e/o prevalenti nella materia;

– la partecipazione di Terna alla conferenza di servizi decisoria è consentita dall’art. 14,ter, comma 2-bis, della legge 7 agosto 1990, n. 241.

IV) Gli appelli contestano tutti le considerazioni sopra riassunte.

Alla loro disanima vale premettere l’inquadramento normativo della materia.

L’art. 1-sexies del d.-l. 29 agosto 2003, n. 239 (Disposizioni urgenti per la sicurezza e lo sviluppo del sistema elettrico nazionale e per il recupero di potenza di energia elettrica), come sostituito in sede di conversione dalla legge 23 agosto 2004, n. 239 e successivamente modificato dall’articolo 27, comma 24, lettera a), della legge 23 luglio 2009, n. 99, prevede che “la costruzione e l’esercizio degli elettrodotti facenti parte della rete nazionale di trasporto dell’energia elettrica sono attività di preminente interesse statale e sono soggetti a un’autorizzazione unica comprendente tutte le opere connesse e le infrastrutture indispensabili all’esercizio degli stessi, rilasciata dal Ministero delle attività produttive di concerto con il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e previa intesa con la regione o le regioni interessate”. Tale autorizzazione “sostituisce autorizzazioni, concessioni, nulla osta e atti di assenso comunque denominati previsti dalle norme vigenti e comprende ogni opera o intervento necessari alla risoluzione delle interferenze con altre infrastrutture esistenti, costituendo titolo a costruire e ad esercire tali infrastrutture, opere o interventi, in conformità al progetto approvato. Il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio provvede alla valutazione di impatto ambientale e alla verifica della conformità delle opere al progetto autorizzato. Restano ferme, nell’ambito del presente procedimento unico, le competenze del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti in merito all’accertamento della conformità delle opere alle prescrizioni delle norme di settore e dei piani urbanistici ed edilizi”.

Da tale norma deriva che le funzioni in merito alla realizzazione e all’esercizio degli impianti sono di competenza dello Stato; che l’autorizzazione unica sostituisce qualunque atto d’assenso e costituisce titolo per la realizzazione del progetto; che, per quanto qui interessa, l’accertamento della conformità delle opere ai piani urbanistici ed edilizi è di competenza del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.

Il comma 3 del medesimo decreto-legge prevede che l’autorizzazione sia rilasciata a seguito di un procedimento unico, nel rispetto dei principi di semplificazione e con le modalità di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241, che può essere avviato sulla base di un progetto preliminare e al quale “partecipano il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e le altre amministrazioni interessate nonché i soggetti preposti ad esprimersi in relazione ad eventuali interferenze con altre infrastrutture esistenti. Ai fini della verifica della conformità urbanistica dell’opera, è fatto obbligo di richiedere il parere motivato degli enti locali nel cui territorio ricadano le opere”.

Corollario di tale disposizione è la necessaria partecipazione al procedimento della Regione e dei Comuni il cui territorio è interessato dal progetto. A questi non spetta, peraltro, l’accertamento della conformità delle opere ai piani urbanistici ed edilizi (dal momento che, come prevede il primo comma, competente all’accertamento è lo Stato), ma solo l’espressione di un parere.

IV.a) Alla luce di tale inquadramento appare condivisibile quanto ritenuto dal primo giudice in merito alla non necessità che l’intesa regionale proceda da una completa istruttoria. Anzitutto, infatti, la Regione partecipa necessariamente al successivo procedimento preordinato a valutare l’autorizzabilità dell’opera per esprimervi un parere motivato ( e quindi necessariamente istruito). In secondo luogo, l’intesa di cui al primo comma della disposizione citata è prevista in una fase preliminare alla vera e propria valutazione del progetto (è “previa”). Inoltre, postulare una piena motivazione dell’intesa (in ciò dovendosi ricondurre, come si è detto, il preteso obbligo di completa istruttoria) significherebbe appiattirne la portata sulla vera e propria partecipazione al procedimento unico, configurando una ingiustificata ripetizione valutativa, oltretutto in contrasto con le esigenze di celerità che la norma intende presidiare. Infine, dal momento che, come visto, l’accertamento della conformità urbanistica spetta al Ministero in sede di procedimento unico, sarebbe illogico pretendere che, invece, la completa disamina di tale conformità appartenga alla Regione ai fini dell’espressione dell’intesa.

Nemmeno si può ritenere, con gli appellanti, che una diversa interpretazione discenda dall’art. 3 della legge regionale del Veneto 30 giugno 1993, n. 27 che prevede la valutazione di impatto ambientale ai fini dell’accertamento della conformità urbanistica degli elettrodotti di cui ai commi 2 e 3 dell’art.81 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616. Tale disposizione è precedente al disegno anche procedimentale recato da quella del 2003, che espressamente dichiara gli elettrodotti opere di preminente interesse dello Stato,e i cui principi si impongono alle Regioni per i procedimenti di autorizzazione alla costruzione e all’esercizio di reti elettriche di propria competenza (art. 1-sexies,5), e che ha quindi portata innovativa sull’intera materia rispetto al contenuto del d.P.R. n. 616 del 1977, il cui art. 81 è stato, del resto, esplicitamente abrogato dall’art. 4 d.P.R. 18 aprile 1994, n. 383.

E’, in conclusione, infondata la censura svolta con gli appelli, relativa appunto al momento in cui è intervenuta l’intesa della Regione, dovendosi riconoscere a tale inserto procedimentale una portata valutativa di massima circa la consonanza con gli interessi perseguiti in sede locale.

IV.b) Quanto alla pretesa incompetenza del direttore regionale a manifestare la volontà dell’amministrazione in seno alla conferenza di servizi in senso confermativo dell’intesa già espressa, va rilevato che la censura si fonda sulla considerazione della partecipazione alla conferenza quale momento di espressione dell’intesa.

La partecipazione alla conferenza di servizi realizza invece, come si è rilevato, un momento diverso, il cui contenuto consiste nell’apporto del parere circa la conformità urbanistica del progetto e non nella manifestazione di una volontà dell’Amministrazione (come si è visto, la valutazione finale spetta infatti, anche per la parte urbanistica ed edilizia, all’Amministrazione statale). Ne deriva che la delega rilasciata con nota del 14 dicembre 2010 dal Presidente della Giunta regionale al dirigente per la partecipazione alla conferenza di servizi è sufficiente a costituirne la legittimazione ai lavori, dato che, ai sensi dell’art. 1-sexies del ricordato decreto-legge, la Regione non era chiamata ad esprimere una volontà, né amministrativa né politica, ma solo un parere. Indipendentemente, quindi, dall’espressione usata nella conferenza del 25 giugno 2009 dal dirigente regionale, che ha ribadito l’intesa favorevole espressa con la deliberazione del 18 marzo 2008 e si è riservato di inviare i pareri “entro breve”, i lavori e l’esito della conferenza non possono ritenersi viziati sotto il profilo esaminato; tanto più che, come risulta dal verbale del 14 dicembre 2010, i pareri espressi da tutte la strutture regionali coinvolte sono stati effettivamente consegnati agli atti.

IV.c) La già ricordata attribuzione alla competenza statale dell’accertamento di conformità urbanistica ed edilizia delle opere progettate, insieme al valore di variante urbanistica che l’art. 1-sexies, comma 2, lettera b) del decreto-legge più volte citato riconosce all’autorizzazione unica, che costituisce titolo a costruire in conformità al progetto approvato, rende palese l’infondatezza delle censure relative alla violazione della legge regionale del Veneto n. 27 del 1993 in ragione sia della mancata valutazione della compatibilità del progetto con tutti gli strumenti urbanistici e territoriali, anche sovraordinati (piani provinciali e regionale di coordinamento territoriale), sia della interferenza con zone residenziali e/o vincolate nel territorio dei Comuni di Saonara e di Vigonovo. La non conformità dichiarata dai Comuni appellanti delle opere progettate ai propri strumenti urbanistici non rileva a illegittimità dell’autorizzazione, come la pretesa violazione delle zone di rispetto o sottoposte a vincolo da parte degli elettrodotti in cavo aereo, e ciò in ragione sia della valutazione positiva compiuta in sede ministeriale su conforme parere della Regione Veneto, sia della preminenza dell’autorizzazione rispetto alla difforme programmazione territoriale, dato che, insieme alla funzione di titolo edificatorio riconosciuto all’autorizzazione unica, tale prevalenza indica la non necessità della conformità del progetto alle prescrizioni urbanistiche ed edilizie, anche di coordinamento sovraordinato.

In questo senso deve essere precisato che la legge 22 febbraio 2001, n. 36 (legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici) e la legge n. 290 del 2003, più volte ricordata, hanno determinato, con il nuovo assetto della materia sotto i diversi ed esaustivi aspetti rilevanti (tutela della salute, dell’ambiente e del paesaggio, promozione della ricerca, insediamento territoriale) l’abrogazione implicita delle difformi norme regionali incidenti nel medesimo settore dell’inquinamento elettromagnetico e della realizzazione dei relativi impianti, assorbendone l’oggetto. E la riconduzione del thema decidendum alla programmazione urbanistica, della quale gli appellanti rivendicano, in sostanza, la competenza per gli enti territoriali, evidenzia ancora una volta la sufficienza della legge n. 290 del 2003 a sostenere, di per sé (e quindi indipendentemente dalla questione della piena applicabilità della legge n. 36 del 2001, contestata dai ricorrenti) la legittimità della mancata considerazione dei parametri regionali.

Va, infine, ancora rilevato che, in forza della portata delle citate leggi statali e del conseguente disegno del riparto di competenze tra Stato e Regioni, a queste ultime spetta, nel rispetto dei criteri e delle modalità stabiliti dallo Stato, la “definizione dei tracciati degli elettrodotti con tensione non superiore a 150 kV” (art. 8 della legge n. 36 del 2001, avente, come detto, valore di legge quadro), mentre è riservato allo Stato la “definizione dei tracciati degli elettrodotti con tensione superiore a 150 kV” (art. 4). La considerazione che la nuova linea progettata prevede, solo per il tratto Dolo-Camin, una potenza pari a 380 kV rende allora evidente l’infondatezza anche delle questioni attinenti all’ambito riservato dall’art. 117 della Costituzione alla potestà legislativa delle Regioni.

IV.d) I ricorrenti ripropongono la doglianza, già disattesa in primo grado, secondo la quale nel procedimento sfociato nell’autorizzazione unica avrebbe svolto un ruolo decisivo l’accordo di programma cosiddetto “Morazzani”, relativo alla riqualificazione ambientale, paesaggistica, idraulica e viabilistica dell’area di Venezia-Malcontenta-Marghera, sottoscritto il 31 marzo 2008 senza alcun coinvolgimento della Provincia di Padova e dei Comuni di Vigonovo, Saonara, Camponogara, Stra e Dolo, il cui territorio è attraversato dalle linee elettriche del nuovo elettrodotto Dolo-Camin, la cui mancata autorizzazione è prevista dall’accordo stesso come causa di risoluzione.

Due, al riguardo, appaiono le considerazioni decisive. Anzitutto, il perseguimento degli impegni presi in sede di accordo di programma non possono ridondare, di per sé, in illegittimità nella diversa procedura qui in esame, essendo anzi pienamente legittimo che di essi le Amministrazioni che hanno stipulato l’accordo abbiano tenuto conto. In secondo luogo, l’eventuale illegittimità dell’accordo per mancata partecipazione di tutti gli enti interessati non ha alcuna rilevanza ai fini dell’indagine sull’autorizzazione unica, che va condotta alla stregua dei parametri normativi e delle circostanze di fatto propri di tale provvedimento e del suo procedimento, in particolare circa la completezza della partecipazione di tutti gli enti locali interessati, che in concreto si è verificata nella fattispecie in esame.

Anche questa censura non è, quindi, fondata.

IV.e) Del pari non condivisibile è il motivo attinente al superamento del termine previsto dall’art. 12 dell’ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri 6 maggio 2009 per il rilascio dell’autorizzazione unica, termine al quale, in mancanza di espressa indicazione normativa in tal senso, non è dato riconoscere natura perentoria. Inoltre, l’eventuale accoglimento del motivo comporterebbe la riedizione del potere da parte dell’Amministrazione, con un effetto di ulteriore dilatazione dei tempi, in contrasto con lo stesso interesse dedotto in causa.

IV.f) L’istruttoria del Genio civile, della quale gli appellanti lamentano la carenza, si è conclusa positivamente con la nota del 10 marzo 2011, la quale, sia pure successiva alla chiusura dei lavori della conferenza (nella quale, comunque, il rappresentante della Regione ha espresso parere complessivamente favorevole, come risulta anche dall’allegato al verbale della seduta conclusiva), ha superato i rilievi circa la mancanza di necessaria documentazione negli elaborati del progetto revisionato da Terna a seguito del precedente parere condizionato del 7 dicembre 2010. Non è quindi dato riscontrare la carenza di istruttoria, né lo sviamento o la contraddittorietà denunciati dagli appellanti, dato che il parere positivo è comunque subordinato alla condizione che “nella fase esecutiva vengano sottoposti all’ufficio del Genio civile adeguati disegni esecutivi e quindi concordate tutte le modalità costruttive di dettaglio atte a garantire la sicurezza idraulica e la piena funzionalità dell’idrovia”.

IV.g) Quanto alla violazione del Piano d’area della Laguna di Venezia, riferita alla mancata esplorazione di soluzioni di minor impatto sulle aree di interesse paesistico-ambientale, sia quanto al tracciato, sia quanto al sistema costruttivo, la censura va esaminata insieme a quella relativa alla mancata acquisizione dell’autorizzazione paesaggistica regionale sul progetto revisionato da Terna. L’esame di tutti tali aspetti, attinenti alla compatibilità del progetto con i valori paesaggistici e ambientali è presidiato dal procedimento di valutazione di impatto ambientale previsto dall’art. 29 d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, in esito al quale, nella fattispecie in esame, il Ministero dell’ambiente si è espresso in senso favorevole, con prescrizioni, con il decreto n. 3 del 2 febbraio 2010 e, sul progetto modificato da Terna a seguito delle suddette prescrizioni, con il decreto 15 novembre 2010, n. 832.

In data successiva (14 dicembre 2010) si è tenuta la seconda riunione della conferenza, nell’ambito della quale si è tenuto conto del giudizio finale di compatibilità ambientale.

Si deve, quindi, esaminare la legittimità del suddetto decreto ministeriale n. 3 del 2 febbraio 2010, recante giudizio positivo di compatibilità ambientale, rispetto al quale il successivo decreto del 15 novembre 2010 non ha portata integralmente innovativa.

Gli appelli n. 6871 e 6942 ne sostengono l’illegittimità per contraddittorietà con precedenti determinazioni ministeriali, in particolare con il decreto ministeriale n. 1833 del 1° dicembre 2009, che, a tutela del complesso monumentale di Villa Sagredo, richiama le prescrizioni indicate dal Ministero per i beni e le attività culturali nella nota 3 luglio 2009, n. 8802 nel rendere il parere di competenza ai fini della valutazione di compatibilità ambientale del progetto presentato da Terna l’11 febbraio 2008 (la stessa oggetto del successivo provvedimento).

In realtà, con tale nota (nella quale non è dato riscontare il punto B4, citato nel decreto n. 1833 del 2009), il Ministero per i beni e le attività culturali, per quanto riguarda l’area di intervento Dolo-Camin, ha espresso parere favorevole all’alternativa 1 (impianto in parte interrato) e solo in via subordinata, e con condizioni, per l’alternativa 2 (completamente in soluzione aerea), ritenuta non compatibile con la tutela di Villa Sagredo.

Sul punto, la sentenza erra sia nel ricondurre il paragone al solo decreto interministeriale n. 1833 del 1° dicembre 2009 (che comunque contiene prescrizioni non riportate nel successivo provvedimento del 2010), laddove nei ricorsi si svolgeva una più articolata censura, sia nel considerare privo di qualsiasi effetto il precedente parere del Ministero per i beni e le attività culturali, sfavorevole all’alternativa poi definitivamente scelta, in coerenza con quanto già rappresentato dallo stesso Ministero con la nota 23 marzo 2009, n.7280, nella quale si evidenziava l’opportunità di “considerare l’opzione cavo interrato, al fine di non interferire con l’ambito paesaggistico ambientale caratterizzato dall’idrovia esistente e dalla Villa Sagredo e con gli insediamenti abitativi”.

La mancata comunicazione del decreto n. 1833 del 2009 alla società richiedente e alle Amministrazioni interessate (invero smentita dal successivo iter procedimentale, come si dirà), valorizzata dalla sentenza impugnata al fine della reiezione della censura, incide nella fase di integrazione dell’efficacia e non tocca, quindi e in ogni caso, né la validità del provvedimento, né la sua esistenza storica, della quale la stessa Amministrazione procedente avrebbe dovuto tener conto.

Piuttosto, va rilevato che, come risulta dalla documentazione versata in atti, il parere del 3 luglio 2009 è stato superato dalla successiva nota del medesimo Ministero per i beni e le attività culturali n. 7126 del 20 ottobre 2009, che, peraltro, non appare congruamente motivato né sulla necessità di determinarsi in modo diverso (anzi, conferma “le considerazioni espresse […] in merito all’impatto sul patrimonio culturale delle diverse alternative”) né sulla “dichiarata impossibilità di perseguire soluzioni alternative alla soluzione denominata alternativa 2”, posto che la motivazione del ripensamento riposa unicamente su “quanto dichiarato da Terna con nota […] del 7.10.2009, ed in particolare che l’unica soluzione perseguibile è la realizzazione dell’elettrodotto 380kV Dolo-Camin secondo la proposta denominata alternativa 2” (in contrasto con lo stesso progetto presentato l’11 febbraio 2008, nel quale Terna proponeva come prima ipotesi l’alternativa 1, evidentemente considerata realizzabile).

Tale esclusiva rilevanza attribuita alle ragioni di Terna, in assenza di qualsiasi considerazione atta a evidenziare i motivi per i quali queste debbano avere la prevalenza sulle esigenze di tutela del patrimonio culturale, del quale tuttavia si riconosce la compromissione, non è sufficiente a fondare un’adeguata motivazione circa il mutamento di parere, rispetto alla primitiva valutazione del progetto.

Sulla base di tale rinnovato parere sono stati poi emessi il decreto del Ministero dell’ambiente, di concerto con il Ministero per i beni e le attività culturali, n. 1833 del 1° dicembre 2009, recante giudizio favorevole, con prescrizioni, al progetto proposto da Terna, e le successive integrazioni e precisazioni di cui ai decreti del 2010, già ricordati. La motivazione del parere del 20 ottobre 2009, con il relativo vizio, ridonda quindi sui successivi decreti di valutazione, che lo richiamano espressamente e che lo considerano quale precedente: ne deriva la fondatezza della censura esaminata, e l’erroneità della sentenza impugnata che non l’ha riconosciuta. Quindi, in riforma della sentenza impugnata, deve essere annullato l’impugnato giudizio di compatibilità ambientale, e, di conseguenza, anche l’autorizzazione unica, che assume la valutazione di impatto ambientale quale “parte integrante e condizione necessaria” (art. 1-sexies, comma 4, d.-l. n. 239 del 2003).

IV.h) Ai fini della conformazione della successiva attività dell’Amministrazione, è peraltro opportuno valutare anche le ulteriori censure svolte con gli appelli.

1) Non è fondato il vizio di indeterminatezza degli oneri compensativi poti dall’autorizzazione unica a carico di Terna e a favore dei Comuni danneggiati dall’intervento nella tratta considerata, poiché, come ha rilevato il Tribunale amministrativo, il contenuto specifico degli oneri dovrà e potrà essere determinato solo in sede attuativa, in relazione alla concreta entità dei danni.

2) La mancata considerazione delle posizioni contrarie all’intervento in sede di conferenza di servizi, la cui maggiore consistenza numerica rispetto a quelle favorevoli non consentirebbe, secondo gli appellanti, di ritenere raggiunta la prevalenza che l’art. 14-ter della legge 7 agosto 1990, n. 241 considera ai fini dell’esito della conferenza stessa, costituisce censura che rimane assorbita dall’accoglimento del motivo di cui sopra, per effetto del quale il procedimento dovrà essere ripreso fino ad un nuovo esito (non senza evidenziare che il diverso peso delle posizioni è diretta conseguenza del riparto di competenze tra Stato ed enti locali stabilito dall’art. 1-sexies del d.l. 29 agosto 2003, più volte sottolineato).

3) Va invece rilevato, con riguardo alla contestata partecipazione delle società Anas, Italiana Energia e servizi e Veritas, che esse, in quanto “soggetti preposti ad esprimersi in relazione ad eventuali interferenze con altre infrastrutture esistenti” sono abilitate dall’art. 1-sexies, comma 3, legge n. 290 del 2003, come modificato dalla legge 23 agosto 2004, n. 239, a partecipare ai lavori della conferenza e a esprimersi in merito all’intervento da valutare.

4) Poiché dai verbali delle riunioni della conferenza risulta che la partecipazione di Terna, consentita dall’art. 14-ter, comma 2-bis, della legge n. 241 del 1990, introdotto dalla legge 18 giugno 2009, n. 69, si è limitata all’apporto collaborativo per la completa disanima dell’intervento, ma non ha comportato l’espressione di un voto finale, anche la censura relativa alla sua partecipazione non può essere condivisa.

5) Anche assorbite rimangono la censura relativa al superamento dei limiti consentiti per l’inquinamento elettromagnetico, che potrà essere apprezzata solo in relazione alla soluzione progettuale che verrà approvata in sede di riedizione del procedimento (limiti che, comunque, sono quelli stabiliti in sede nazionale), e, per lo stesso motivo, quella relativa all’incompetenza che vizierebbe il decreto del 2 febbraio 2010, argomentata con riferimento agli specifici profili del progetto approvato. Il vizio relativo alla composizione della commissione di valutazione di impatto ambientale, dedotto con riferimento ai termini previsti per la sostituzione dei commissari ai sensi del d.l. 23 maggio 2008, n. 90, convertito nella legge 14 luglio 2008, n. 123, perde di rilevanza in ragione della dilatazione dei tempi derivanti dalla riedizione del potere.

6) Le censure relative alla inchiesta pubblica convocata al fine della formulazione del parere regionale nell’ambito della procedura di valutazione di VIA statale sono infondate, posto che l’art. 18 della legge regionale del Veneto 26 marzo 1999, n.10, che la prevede, è applicabile “salvo quanto diversamente disposto dalla normativa statale”: l’art. 24, comma 6, d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (c.d. Codice dell’ambiente) prevede che la consultazione sia facoltativa, contrariamente a quanto pretendono i ricorrenti.

7) Infondata è anche la censura di illegittima composizione della commissione regionale di VIA in ragione della presidenza attribuita al segretario generale infrastrutture e mobilità e non al segretario competente in materia ambientale, come prescrive l’art. 5 della legge regionale appena richiamata. La trasversalità della “materia ambientale” esclude che il settore infrastrutture e trasporti ne possa ritenersi estraneo, come ha rilevato la sentenza impugnata.

8) All’infondatezza delle censure relative alla violazione degli artt. 4 e 5 della legge regionale del Veneto n. 27 del 2001 valgono le considerazioni già svolte in merito alla intervenuta tacita abrogazione della medesima legge per effetto della successiva normativa statale.

V) In conclusione, assorbito ogni altro profilo, in accoglimento degli appelli, le sentenze impugnate devono essere riformate nei sensi di cui sopra.

La particolare complessità e la parziale novità delle questioni trattate giustifica la compensazione delle spese di lite anche per questo secondo grado del giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sugli appelli in epigrafe indicati, li riunisce e li accoglie, riformando, per l’effetto, le sentenze impugnate con conseguente annullamento, nei sensi di cui in motivazione, del giudizio di positivo di compatibilità ambientale, salvi gli ulteriori provvedimenti dell’Amministrazione.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 30 aprile 2013 con l’intervento dei magistrati:

Giuseppe Severini, Presidente

Gabriella De Michele, Consigliere

Roberta Vigotti, Consigliere, Estensore

Andrea Pannone, Consigliere

Vincenzo Lopilato, Consigliere

 

 

 

 

 

 

L’ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 10/06/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)