Dal Piccolo del 13/01/13
L’Arcigay sotto la Curia 200 persone in presidio
di Piero Rauber «Non farete campagna elettorale sulla nostra pelle!». Davide Zotti, presidente triestino Arcigay, si sgola al megafono sotto la casa del vescovo. Battimani e fischietti gli fanno eco. Duecento persone gli fanno quadrato, attorno a un bandierone arcobaleno da cento metri quadrati agitato a braccia. Sono le tre e mezza di pomeriggio. Primo sabato post-Epifania, che le feste s’è portata via. Le stesse feste sotto le quali un primo omo-presidio non era stato autorizzato. In via Cavana, sotto la Curia, stavolta va in onda l’orgoglio omosessuale. No, niente provocazioni sotto forma di trucco, parrucco e seminudità alla gay-pride. E nemmeno alcuna volgarità posticcia, ostentata per far notizia, per l’amor di Dio. Già, Dio. Il Dio che una percentuale dei manifestanti sente di avere dalla propria parte. «Crepaldi, lo sai che il tuo Dio mi ama?», è lo slogan mostrato da qualcuno. C’è poi chi sostiene per iscritto che «Dio è amore, Crepaldi e il papa no». Altri invece, più laicamente, e polemicamente, s’attaccano al petto il cartellone «Chiesa e pedofilia, il disordine non è a casa mia». Spuntano anche tre bandiere dei Cobas, quelle arcobaleno diventano “cotole” o mantelli anti-freddo. Sono i colori di un presidio – quello organizzato da Arcigay «per difendere la dignità degli affetti di gay, lesbiche e trans offesi dall’omofobia diffusa in reitarate dichiarazioni dall’arcivescovo di Trieste» – che fila liscio come l’olio. «Avevano paura della violenza, guardate quanta ce n’è», gongola Zotti davanto a cotanto clima civile. Carabinieri e poliziotti, compresi gli uomini della Digos, sono meno di dieci. Si vedono tre o quattro no-global, il megafono non arriva mai a tiro loro. Di contestatori neanche l’ombra. Gli ultracat di Salvatore Porro – che avevano chiesto di poter far a loro volta sotto la Curia un sit-in di preghiera «per esprimere incondizionata solidarietà all’arcivescovo per essere stato fatto bersaglio di impropri attacchi politici» – finiscono in piazza Venezia. Una ventina di loro andrà avanti fino alle sei a recitare il rosario. In piazza Cavana, per contro, il presidio Arcigay dura un’oretta. Vi partecipa un nutrito gruppo di politici, tutti di centrosinistra, in testa Fabio Omero, nella doppia veste di assessore e omosessuale. Dopo Zotti, parla Flavio Romani, presidente nazionale Arcigay. Il megafono circola come un calumet. «Prima di bacchettare Comune e Provincia per il patrocinio alla campagna antiomofobia sugli autobus, pagherei le tasse, io l’Imu la pago», sibila la radicale Clara Comelli. «Nel Vangelo ci sono parole di amore, pace, consivisione e accoglienza, il resto è storia della Chiesa», aggiunge il don isontino “in aspettativa” perché sceso in politica, Andrea Bellavite. «E baciamoci!», invita Zotti. Due uomini danno l’esempio. Due ragazze si sfiorano le labbra. Pochi si associano. E il presidio si scopre, oltre che orgoglioso, pudico. @PierRaub