Dal Piccolo del 05/08/12
Nell’agriturismo la “vera” centrale a biomasse
SGONICO «Non facciamo passare per bio ciò che bio non è. Si sta confondendo l’energia a biomasse con quella che potrebbe essere definita una raffineria… ». Non ci stanno Andrej e Bernarda Milic, proprietari dell’omonimo noto agriturismo di Sagrado e seguaci della cultura energetica di natura ecologica e rinnovabile, e attaccano: «Non raccontiamo falsità per far passare un progetto, quello del megaimpianto di Opicina, che di sostenibile ha davvero poco. Parlarne come di una centrale a biomasse corrisponde a mentire alla gente tenendo nascosta una risorsa energetica naturale e a fare danno a chi davvero usa l’energia biologica, con grandi spese iniziali e al fine di ridurre l’inquinamento». La famiglia Milic, dal 2006, ha deciso di affrontare i consumi energetici delle grandi proprietà di cui si avvale attraverso una caldaia a biomasse. Una spesa iniziale di 70 mila euro, sostenuta grazie ad un contributo regionale pari al 40 per cento dell’investimento, ha consentito l’acquisto e l’installazione di una caldaia ibrida (con alimentazione a legna e, in più, pannello solare termico integrato) per fornire acqua sanitaria nel locale agrituristico, nelle cinque camere per i forestieri e in due case ad uso personale. «Non abbiamo più usato nè gas nè nafta. Delle cinque caldaie precedenti non ne abbiamo salvata una», spiega Andrej Milic. «Il nostro impianto a biomassa richiede un combustibile a base di legna sminuzzata, il cippato, che otteniamo dalle potature delle vigne, ad esempio. E non produce residui ingombranti o nocivi: una quantità minima di cenere finissima. E oltre agli scarti dell’agricoltura non vi si può inserire nient’altro: l’impianto auto-analizza i propri fumi costantemente e nel caso si trovi a bruciare della plastica o dell’olio raffinato si blocca e rimane inutilizzabile fino all’avvenuta ripulitura». Informazioni che ben si distanziano dal quadro tecnico presentato per l’“ecomostro” di Opicina: «Il principio dell’energia a biomasse è il territorio circostante, la pulizia del bosco e il suo ritorno energetico – continua Bernarda Milic – e si caratterizza per la riduzione al minimo di emissioni di CO2 e per lo smaltimento di rifiuti totalmente ecologici. L’olio di palma africano trasportato via mare o ferrovia e fatto ardere poi nella centrale (già peraltro tolto dalla lista dei combustibili ecologici, ndr) non corrisponde certo a questa descrizione…» La caldaia a biocombustibili consente inoltre di stabilire una rete di teleriscaldamento per un paese intero. «Il nostro timore è che presentino la centrale di Opicina come una tecnologia alimentata a biomasse per avere gli incentivi statali per l’energia rinnovabile che, in Italia, sono i più alti d’Europa». Vanessa Maggi