Protezione civile. Peggio di Attila

Questo articolo apparirà su Umanità nova di questa settimana.

 

La protezione civile devasta una riserva naturale

Peggio di Attila

 

La Val Rosandra è una piccola, stupenda valle che si insinua fra la città di Trieste e le colline del Carso. Dal 1996 è una riserva naturale, habitat di moltissime specie animali e vegetali e luogo di riposo per i cittadini stanchi e stressati dal lavoro quotidiano, che qui, a pochi chilometri dalla città, possono riposarsi e ritrovare per un giorno quell’equilibrio con la natura che durante la settimana feriale è compromesso dal cemento, dall’asfalto e dal lavoro di tutti i giorni. E’ un luogo ancora in parte selvaggio. In alcuni punti il bosco è fitto e il torrente Rosandra scorre veloce fra gli ontani e i pioppi. Un luogo magnifico. Qui il 24 marzo è stato compiuto un vero e proprio scempio: circa 200 fra volontari e stipendiati della protezione civile sono arrivati con ruspe e motoseghe e hanno indiscriminatamente tagliato tutto ciò che si poteva tagliare lungo gli argini, e non solo, del torrente. Doveva essere un’operazione di bonifica, pianificata già da tempo dalla giunta regionale del Friuli Venezia Giulia, in collaborazione con il comune di San Dorligo della valle (Dolina) e dato in gestione alla protezione civile regionale. Nella realtà si è trasformata in un’azione devastante, non solo per gli alberi e gli arbusti, ma anche per gli animali, in particolare per gli uccelli, che su queste piante hanno i loro nidi, e per gli anfibi, che in questo periodo si riproducono e hanno bisogno di un ambiente umido e fresco dove poi deporre le uova. La Val Rosandra è stata mutilata per sempre: secondo diversi esperti botanici ci vorranno decine di anni affinché si torni a formare un boschetto lungo il torrente e in ogni caso non tonerà come prima. La mancanza del presidio forestale accelererà infatti il disseccamento del suolo e l’erosione delle rive. I motivi di questa operazione nefasta non sono chiari: coloro che hanno organizzato e pianificato l’opera parlano di bonifica dalle piante infestanti e messa in sicurezza del letto del torrente, che però negli ultimi trent’anni era esondato solo due volte, senza peraltro procurare troppi danni. A parte che le due azioni sono diverse fra loro e necessitano strumenti diversi, ma lo sanno questi signori che gli alberi a grosso fusto proteggono gli argini dei fiumi con le radici e li rendono più solidi? Eppure sono cose che si imparano alle scuole medie! E allora perché sono state tagliate, in malo modo, piante ad alto fusto come gli ontani mentre non sono state toccate piante infestanti e alloctone come la robinia? La Regione e il Comune di San Dorligo hanno difeso l’intervento a spada tratta, accusando addirittura coloro che faticosamente hanno cercato di pulire la zona dalle ramaglie lasciate sul terreno di “portare via il legname dopo aver protestato”. Una situazione quasi paradossale. Il rischio di un disastro ambientale ancora peggiore è alto: se nei prossimi giorni pioverà, come dalle previsioni, il torrente trascinerà a valle rami e detriti, con pericolo di frane e smottamenti. Un punto da non sottovalutare, in questa vicenda – volendo fare i malpensanti – è quello del TAV. Cosa c’entra l’alta velocità con l’opera di bonifica di un torrente? C’entra, ma per spiegarlo è necessario spendere due righe sulla situazione del TAV in questo territorio. Ancora non c’è un progetto definitivo e negli anni si sono alternati diversi progetti. Il primo progetto prevedeva che la Val Rosandra fosse attraversata da una lunga galleria, la cui costruzione avrebbe completamente distrutto la valle. Adesso sembra che il tracciato venga cambiato, ma ancora non è detta l’ultima parola, anzi c’è una grande confusione sulla questione. Che questo scempio sia una sorta di “prova tecnica” per far poi passare in modo meno traumatizzante devastazioni di ben più ampia portata su tutto il territorio circostante? Un’ipotesi assurda certo… ma a volte l’assurdità non si discosta così tanto dalla realtà…

 

Monta la protesta

Gli abitanti dei comuni limitrofi e quelli di Trieste hanno reagito immediatamente con indignazione a questo macello. Questa valle era il luogo prediletto per le passeggiate domenicali per tante famiglie, e il fatto di vederla ridotta in questo stato ha fatto scattare un’ampia protesta che si è diffusa prima su internet e poi si è riversata in valle. Domenica 1 aprile si è svolta una manifestazione che ha mobilitato quasi duemila persone, che si sono ritrovate all’inizio della valle, sul ponte di legno che attraversa il torrente e si sono potute rendere conto con i propri occhi di cosa era successo. La mobilitazione non si fermerà. Nelle prossime settimane sono previste altre iniziative, in particolare a Trieste contro la giunta regionale, vero responsabile politico di questa operazione, e contro la protezione civile, esecutore materiale. E’ importante smascherare questi soggetti e mostrare ciò che sono realmente: saccheggiatori e devastatori.

 

redTS