Una foto per la storia
Messaggero Veneto DOMENICA, 06 FEBBRAIO 2011 Pagina 3 – Pordenone
Slogan tra negozianti e clienti attoniti
«Senza i migranti l’Italia non va avanti!». Sguardi di curiosità e disapprovazione
Hanno bloccato la viabilità del ring, hanno invaso il piazzale della questura, si sono riversati lungo i corsi a ritmo di «senza i migranti l’Italia non va avanti», ballando, sventolando bandiere, suonando fischietti e usando i cassonetti delle immondizie come tamburi.
I migranti per un pomeriggio si sono impossessati del cuore della città sotto gli occhi attoniti dei pordenonesi, commercianti in primis. Negozianti e clienti di boutique ed esercizi in cui gli immigrati difficilmente possono entrare a spendere, si sono affacciati alle vetrine guardandoli sfilare con un misto di curiosità e disapprovazione.
I più perplessi i giovani, anche stranieri, che affollavano i tavolini esterni ai bar del centro, bevendo un caffè o l’aperitivo oppure guardando la partita di rugby.
Mentre il sabato pomeriggio andava in scena, tra lo shopping e una puntata al bar con gli amici, i migranti, quelli che si accontentano di un lavoro a giornata a sette euro l’ora, quelli che vivono in clandestinità anche dopo molti anni in Italia perché la crisi gli ha portato via il lavoro, quelli che ce l’hanno con la Questura e con le istituzioni che rendono la loro vita un percorso a ostacoli, manifestavano il loro disagio con slogan e balli.
Non sono mancati gli interventi al microfono, in piazzetta, nelle loro lingue d’origine. Tanti nuovi cittadini, anche se vivono in Italia da molti anni, parlano ancora un italiano stentato. A raccontare con cuore e grande dignità i problemi dei migranti è stata Wendy Manford, 24 anni, ghanese, immigrata di seconda generazione. «Rinnovare un permesso di soggiorno costa 80 euro a persona, famiglie con quattro o cinque figli spendono molto e aspettano molto. Basterebbe che la questura si dotasse delle apparecchiature che usano i comuni per rinnovare le carte d’identità elettroniche e che le Regioni gestissero da sole le procedure che riguardano gli immigrati, e i tempi si accorcerebbero».
C’è poi il problema della cittadinanza. «Negli altri Paesi europei – ha proseguito la giovane studentessa universitaria, che ha lavorato come mediatrice culturale sia per il Comune che per la Provincia – i governi inviano una lettera agli stranieri per chiedergli se vogliono diventare cittadini di quella nazione. In Italia il percorso è lunghissimo e complicato».
E ancora: «Dateci l’opportunità che è stata data ai vostri nonni e bisnonni – ha detto Wendy tra gli applausi facendo appello al diritto e alla dignità dei migranti –. L’Italia è un Paese conosciuto nel mondo perché loro l’hanno fatto conoscere». (m.mi.)