IL PICCOLO – MERCOLEDÌ, 05 GENNAIO 2011
Pagina 12 – Trieste
QUASI INTERAMENTE SOTTO TERRA IL TRATTO PROVINCIALE
Tav, 22 chilometri di gallerie sul Carso
Il tracciato da Aurisina e Sgonico scende sul costone per raggiungere Villa Giulia
di PIERO RAUBER
Di sventrare la Val Rosandra non c’è traccia. Primo perché lo sconfinamento è fermo allo studio di fattibilità e le carte si ”interrompono” quindi sotto Villa Giulia, nelle viscere comprese tra via Commerciale, strada per Opicina e via Fabio Severo, incontrando la circonvallazione ferroviaria esistente già collegata alla linea storica fino a Campo Marzio. E poi chissà, un domani fino alla stazione centrale. Secondo perché, in ossequio evidentemente alla recente intesa italo-slovena, quelle stesse carte evocano in «uno scenario successivo… la realizzazione della AV/AC Aurisina-Divaccia mediante un nuovo raccordo». Accordo che dovrebbe, per l’appunto, disegnare il nostro pezzetto transfrontaliero del Corridoio 5 Lisbona-Kiev lungo la ”diretta alta” via Villa Opicina. La Tav, però, qualcosa da sventrare su suolo triestino ce l’ha lo stesso: sono quasi 22 chilometri tra Carso ”puro”, ciglione costiero e alta periferia cittadina. Dei 23 chilometri e 345 metri di tragitto previsti per il momento entro i confini provinciali, infatti, ben 21 chilometri e 669 metri si sviluppano in gallerie. E son gallerie nuove, da fare. A prevederle è il progetto preliminare della tratta Ronchi-Trieste che Italferr (della famiglia Ferrovie dello Stato) ha depositato «per la pubblica consultazione presso» i ministeri dell’Ambiente e dei Beni culturali nonché la Regione in vista della procedura di Via, la Valutazione d’impatto ambientale. Un documento infinito, inoltrato anche agli enti territoriali coinvolti per le osservazioni del caso. Con il ”giallo” che non tutti giurano d’averlo ricevuto per tempo (si legga l’articolo a destra, ndr).
LO SNODO DI AURISINA L’unica parte triestina della Tav immaginata alla luce del sole – e pure questa preceduta da altri 9.705 metri di tunnel, di cui 144 ancora in terra monfalconese, sotto Ceroglie, Malchina e Slivia – porta allo snodo di Aurisina. Qui l’attuale stazione è destinata a farsi sostituire da un moderno «posto di movimento», detto così in gergo tecnico, «che garantisce l’interconnessione tra la linea AV/AC, che termina in corretto tracciato con l’attuale linea per Villa Opicina, e i binari della linea storica Trieste – Villa Opicina». Già perché in prossimità dello snodo di Aurisina – e questo è il cuore del progetto che interessa casa nostra – la strada ferrata che oggi si biforca dirigendosi a destra verso il lungomare (fino alla stazione centrale), e a sinistra verso Villa Opicina (fino alla circonvallazione per Campo Marzio o verso la Slovenia), diventa una… triforcazione. La nuova Tav infatti, dopo aver già lasciato il bivio tradizionale per Trieste centrale, poco prima di Santa Croce e Bristie scavalca un ponte tra la vegetazione, con luce unica di 46 metri, per poi abbandonare anche l’altra tratta tradizionale diretta a sinistra, destinazione Opicina. Quest’ultima, passando per uno svincolo a sua volta nuovo di zecca, supera un viadotto a doppio binario di 13 campate, il più lungo di tutta la Ronchi-Trieste.
IL DOPPIO TUNNEL La Tav, invece, a quel punto s’inabissa verso destra, dentro il ciglione costiero, per non riaffiorare più: siamo all’imbocco della ribattezzata ”galleria 7”, lunga 12.158 metri, con inclinazioni massime del 12,5%, che rappresenta il tratto conclusivo dei 36.634 metri della stessa Ronchi-Trieste. Essa attraversa, stando sempre al progetto preliminare di Italferr, ancora 1.126 metri in Comune di Duino-Aurisina prima di sconfinare per altri 1.176 metri in quello di Sgonico, tra Santa Croce e Campo Sacro, dove tra l’altro il tunnel da unico diventa a doppia canna, per restarci fino all’epilogo del percorso. Dopodiché la nuova Tav corre tutta sotto la cresta carsica che domina il mare: da Prosecco fin dietro Barcola, Gretta e Roiano, deviando quindi nuovamente verso l’alto sotto i pastini di Piscianzi per dirigersi verso il parco di Villa Giulia. È qui che, a 130 metri dal livello di superficie, la nuova Ronchi-Trieste incrocia, senza che i treni superino mai in quel preciso tratto i 60 all’ora, la cosiddetta ”linea di cintura merci”: si tratta della circonvallazione ferroviaria esistente, che di suo garantisce già oggi il collegamento lungo la linea storica alle Rive, fino ala Campo Marzio. Da lì non è specificato quale sarà la velocità massima di crociera consentita, cosa che invece è messa nero su bianco per la tratta ”pura” Ronchi-Trieste: sono 200 orari ad eccezione dell’ingresso e dell’uscita dallo snodo di Aurisina, dove si va dai 60 ai 160, e dello stesso incastro nella ”cintura merci”, dove ci si ferma appunto a 60.
I TEMPI DI CANTIERE C’è scritto al contrario, questo sì, quali dovrebbero essere i tempi di realizzazione per fare tutta la tratta Ronchi-Trieste, inclusa «la variante della linea storica Aurisina – Villa Opicina necessaria» per il compimento della tratta transfrontaliera ”alta”, che con ogni probabilità slitta ancora più avanti. E sono tempi calcolati non da oggi, bensì da quando partirà il primo cantiere del primo lotto. 17 anni e mezzo, mese più, mese meno. «La costruzione dell’opera – si legge infatti nelle carte despositate in Regione e in due ministeri, e presentate poi agli enti pubblici e privati interessati – avverrà in tre fasi distinte», le quali si sviluppano da Ovest a Est. Quindi il completamento della parte triestina chiude l’intera partita. Si parte dal monfalconese. La prima fase – calcolata in 1.120 giorni, tre anni – prevede «il quadruplicamento del tratto di linea storica Venezia-Trieste compreso tra il bivio di San Polo e l’attuale stazione di Monfalcone», con tanto di adeguamento anche di un primo pezzo della Pontebbana, la Trieste-Udine. La seconda fase – stimata in 1.925 giorni, quasi cinque anni e mezzo – è dedicata al segmento fino ad Aurisina, con la stazione di Ronchi connessa all’aeroporto, la trasformazione dello snodo di Aurisina con la prima conseguente «interconnessione», cioè con il nuovo svincolo verso destra direzione strada ferrata tradizionale, sul lungomare, e non solo fino alla stazione centrale di Trieste ma anche, attraverso una sintetica ”ambizione”, fino a Campo Marzio.
La terza e ultima fase è quella che coinvolge più propriamente il pezzo giuliano della Tav: e qui si parla addirittura di 3.249 giorni – nove anni belli pieni – per tutta la ”galleria 7” e le opere di contorno, compresa appunto la variante AV/AC per Villa Opicina. Quella col viadotto a 13 campate prima di Bristie.
Il percorso sfiorerà 108 grotte
Alcune potrebbero creare problemi tecnici. Da rivedere linee elettriche e tubature
Prevista l’eliminazione del passaggio a livello nei pressi di San Pelagio
La Tav su terra triestina dev’essere infilata nella pancia dell’altopiano come fosse una cannuccia da nascondere nell’Emmental. Facendo attenzione ai buchi. Sono ben 108, infatti, le cavità naturali carsiche che il progetto preliminare, per lo meno, sfiora da Lisert a Villa Giulia. E qui sfiora sta per ”rientra” in un raggio di rispetto di circa 200 metri dalla linea del tracciato. Tra i plichi oceanici preparati da Italferr ampio spazio viene dato proprio ai possibili imprevisti desunti dal Catasto regionale grotte e declarati dalla stessa Federazione speleologica triestina, chiamata in causa evidentemente come parte tecnica. Di queste, 39 non interferiscono con il percorso ipotizzato attualmente, 21 «sono quelle a cui rivolgere particolare attenzione in quanto cavità preistoriche o utilizzate nella Prima guerra mondiale o ad alto valore ambientale», 26 «sono quelle per cui viene chiesto, dalla Federazione speleologica, la salvaguardia degli ingressi con opere di protezione». È che poi ci sono anche 22 «grotte che possono interferire con i tracciati e creare problemi tecnici agli scavi». Senza contare che l’entità delle incognite potrebbe pure essere superiore, dato che «solamente il 20% delle posizioni topografiche degli ingressi delle grotte contenute nel Catasto regionale è stato eseguito con tecniche Gps». Nella lista nera spunta ad esempio l’Abisso del ciclamino profondo 70 metri, nei pressi di Aurisina, distante si presume 40 metri dal tracciato, o la Grotta delle Torri di San Pelagio, dallo sviluppo di 214 metri, stimata a 30 metri dai binari. O, ancora, la Grotta Sorpresa e la Grotta del Bidone, nomen omen, entrambe collocate sulla cintura dello snodo di Aurisina, «cavità da riesplorare – si legge nella relazione – e da verificare con sistemi Gps perché ubicata nella prossimità dei cameroni di interconnesione tra le linee Aurisina-Trieste e Trieste-Divaccia». Per questo «la Federazione speleologica triestina chiede a Rfi di essere messa a conoscienza, in anticipo, dei programmi di perforazione a scopo di indagine geologica del progetto, al fine di poter scambiare, nel reciproco spirito di collaborazione, informazioni su potenziali situazioni a rischio». Ma il progetto preliminare – come si desume dalle comunicazioni delle Fs agli enti locali – ”interferisce” letteralmente, tra Medeazza e Aurisina, anche con sette impianti di rete energetica esistente. Sono due linee elettriche aeree dell’Enel, altrettanti segmenti dell’oleodotto interrato della Siot e tre pezzi di gasdotto della Snam. Ultima grana: l’attuale passaggio a livello tra la stazione di Aurisina e San Pelagio è stato nominato e va eliminato. (pi.ra.)
È arrivato ”scaglionato” il plico di Italferr
Ricevuto dagli enti in giorni diversi La versione di Ret
di TIZIANA CARPINELLI
Quando non ci mette lo zampino la burocrazia, a incastrare i bastoni tra le ruote è il lungo ponte natalizio. Solo così si spiega come sono caduti dalle nuvole alcuni amministratori, comunali e provinciali, che fino all’altro giorno ammettevano candidamente di non aver ricevuto alcun plico da Italferr né di manifestare la più pallida idea sui contenuti del progetto preliminare relativo alla nuova linea dell’Alta velocità. Gli organici a minimo regime negli uffici pubblici, forse sommati a lievi ritardi nella consegna della posta, hanno fatto sì che al Comune di Trieste e agli inquilini di Palazzo Galatti rimanesse temporaneamente incognita la lettura della missiva spedita da Italferr. E precisamente la consultazione del dischetto contenente tutte le indicazioni sul tracciato. «Non abbiamo ricevuto nulla» era la dichiarazione-fotocopia che usciva dagli enti locali. Questo, quando invece i colleghi del confinante Isontino stavano già mettendo in moto la macchina organizzativa per approntare le osservazioni da contrapporre al documento. Al fine di segnalare eventuali ”interferenze”, ostacoli e criticità sul territorio non rilevate dallo studio. Insomma, Murphy ne avrebbe da dire. Intanto, stando a quanto trascritto sul bando apparso lo scorso 22 dicembre oltre che su Il Piccolo anche su altri organi di stampa, «chiunque abbia interesse, previa consultazione degli elaborati depositati, può far pervenire entro 60 giorni dalla data di pubblicazione del presente avviso, le proprie istanze, pareri e osservazioni inerenti detto progetto, in forma scritta a tutti gli enti». E allora forse giova ricordare che dal 22 dicembre a oggi sono già trascorsi quattordici giorni, due settimane. Ne restano a disposizione, in vista della Valutazione d’impatto ambientale (Via), ancora quarantasei. Tic tac, tic tac: le lancette scorrono. Il primo dei sindaci a farsi avanti, convocando l’opposizione, già pronto a verificare direttamente sul territorio la portata dell’effettivo tracciato è il sindaco di Duino Aurisina Giorgio Ret, il quale però sulla scadenza dei termini per le osservazioni offre un’interpretazione divergente: «Fa fede la data del protocollo. Io ho ricevuto il plico appena lunedì sera: avevo il personale in ferie. La lettera potrebbe esser giunta venerdì, ovvero a San Silvestro, ma non ho materialmente avuto la possibilità di esaminarlo prima». Ma anche Ret ha ragione: gli enti coinvolti non devono esprimersi in merito alla Via bensì sulle cosiddette ”interferenze” del progetto lungo i territori di propria competenza.