Repubblica 4 dicembre
IL CASO
Il ministro dell’Agricoltura attacca l’Alto Adige che li ha messi al bando. Ma gli agricoltori minacciano di scendere in piazza: “Così si inquinano le altre colture”
di ANTONIO CIANCIULLO
ORMAI tra governo e Regioni è scontro frontale. Accanto alla sempre più visibile frattura sul nucleare, si sta aprendo un’altra faglia: quella sugli Ogm. Anche in questo caso le Regioni, in maniera sostanzialmente bipartisan, fanno muro contro le decisioni di Palazzo Chigi e Roma aumenta il pressing. È una tensione che sta raggiungendo livelli molto alti. Come testimonia l’ultimo scambio di stoccate.
Ieri l’Alto Adige si è dichiarato Ogm free: con una norma provinciale l’utilizzo dei prodotti transgenici è stato messo al bando. Una decisione che l’assessore all’Agricoltura Hans Berger ha collegato a un quadro più generale: “Il parere negativo della gran parte dei consumatori e di un numero sempre maggiore di Regioni ha convinto la Commissione europea a cambiare la propria strategia, delegando ai singoli Stati la competenza sulle decisioni in materia di Ogm”.
Contro l’asse Regioni-Bruxelles è sceso subito in campo Giancarlo Galan, il primo ministro delle Politiche agricole italiane a decidere una vistosa apertura ai prodotti transgenici nei campi. Galan ha detto che le dichiarazioni di Berger “ricordano molto una campagna promozionale dal sapore turistico”. E ha aggiunto che la “la legislazione attuale consente di vietare la coltivazione solo se si ha motivo fondato di ritenere che un Ogm rappresenti un rischio per la salute umana e per l’ambiente”, cosa l’Italia non è “in grado di dimostrare in maniera inequivocabile”.
Ma gli Ogm possono convivere con i prodotti
tradizionali o rischiano di far saltare il già precario equilibrio dell’agricoltura e del paesaggio? Le Regioni, che propendono per il no, hanno bloccato le linee guida sulla coesistenza. E su questo punto è ancora più esplicita la pressione di Galan in una lettera inviata al presidente della Conferenza delle Regioni, Vasco Errani: “Ove non si riuscisse ad adottare le linee guida sulla coesistenza, per interrompere uno stallo che dura ormai da anni, si porrebbe l’obbligo di valutare tutte le possibili ipotesi alternative per adempiere alla sentenza del Consiglio di Stato n. 183/2010”. Quella che, all’interno di un quadro giuridico molto articolato, spinge in favore degli Ogm.
Una sfida diretta alle Regioni e alle associazioni degli agricoltori. “La nostra è una posizione molto concreta”, spiega Stefano Masini, responsabile ambiente della Coldiretti. “Guardiamo come sono fatti la nostra agricoltura e il nostro territorio: ci sono più di 500 prodotti doc e igp; una rete molto estesa di siti protetti a vario titolo; proprietà estremamente frammentate, con una grandezza media di 5-6 ettari contro i 240 degli Stati Uniti. Imporre gli Ogm vorrebbe dire creare un sistema costosissimo e inutile: una doppia filiera che vada dai campi ai sistemi di trasporto nel tentativo, destinato a fallire, di evitare l’inquinamento dei prodotti tradizionali”.
Di fronte all’ipotesi di colture Ogm imposte dal governo, gli agricoltori hanno deciso di rispondere con ogni mezzo: dalla mobilitazione di piazza ai referendum locali fino alla battaglia legale in base agli articoli del codice civile che vietano “l’esercizio di attività pericolose”. Anche perché il rischio economico per il settore di punta del made in Italy alimentare è consistente. “Negli Stati Uniti il 15 per cento del territorio coltivabile ha problemi con una contaminazione da erbicidi legata all’uso degli Ogm”, conclude Masini.
(04 dicembre 2010)