Dal Piccolo
MERCOLEDÌ, 17 NOVEMBRE 2010
PRIMI ESPOSTI PER LE ”FERITE” DELLA PROTESTA
Scuole occupate e atti vandalici, indaga la Procura
Devastazioni al Carli e al Nautico, forzate le macchinette per le merendine. Oggi il corteo
di ELISA COLONI
e CLAUDIO ERNÈ
Dall’impegno civile attorno a cui sono nate le occupazioni delle scuole cittadine, all’ansia di essere coinvolti nell’inevitabile inchiesta che la Procura ha avviato in base ai rapporti della Digos. Una serie di docce gelate si sta abbattendo sui ragazzi che nove giorni fa hanno occupato tutte le scuole superiori della città, denunciando la precarietà degli edifici in cui passano almeno cinque ore al giorno, il progressivo contrarsi dei finanziamenti per l’istruzione pubblica, i troppi soldi stanziati e ancora in crescita per quella privata-confessionale.
L’INCHIESTA La prima ”doccia fredda” è arrivata lunedì con lo sgombero ”consigliato” dalla polizia e da alcuni presidi. La risposta è stata un sit-in in via Carducci che ha bloccato a lungo il traffico. Intanto sul tavolo del Procuratore capo della Repubblica Michele Dalla Costa arrivavano dalla Questura i primi rapporti e le prime segnalazioni su quanto era accaduto all’interno degli istituti. Un fascicolo – atti relativi alle occupazioni – è aperto da giorni e in esso confluiranno anche le relazioni dei presidi. Molte, in astratto, le ipotesi di reato, le stesse che nel corso degli ultimi quarant’anni hanno coinvolto in tutta Italia studentesse e studenti che hanno bloccato con la loro presenza anche notturna negli istituti il regolare svolgimento delle lezioni.
I REATI IPOTIZZATI Non c’è che l’imbarazzo della scelta nei vari articoli del Codice penale: si può ipotizzare l’interruzione di un pubblico servizio, l’occupazione di un edificio pubblico. Se si sono verificati (come purtroppo sta emergendo) episodi di vandalismo, l’ipotesi di danneggiamento aggravato è scontata. Si potrebbe continuare a lungo, certo è che almeno a Trieste nessuna inchiesta penale innescata dalle occupazioni di scuole è mai sfociata in un processo. Troppo difficile individuare le singole responsabilità, come prevede la legge anche per i minorenni. In Italia colpe collettive non esistono e non possono esser perseguite. Esiste invece l’azione penale obbligatoria. La polizia e i dirigenti di istituto riferiscono, la magistratura deve avviare l’inchiesta.
I DANNI Chiusa la parentesi dell’occupazione, quella di ieri è stata dunque una giornate campale, caratterizzata non solo dalla notizia dell’apertura dell’inchiesta, ma anche dalla conta dei danni. Danni alle strutture provocati in questi giorni di protesta, che sono emersi in tutta la loro gravità, in particolare in due scuole cittadine, confinanti e collegate l’una all’altra: il Carli e il Nautico. Qui si sono verificati veri e propri atti di vandalismo, che hanno portato alla rottura di alcuni estintori, al danneggiamento di molti computer, allo squarcio di porte, serrature e finestre. I sette distributori automatici di merendine (quattro al Carli e tre al Nautico) sono stati completamente distrutti. «Il danno che mi è stato arrecato è di 25mila euro – afferma il gestore dei distributori, Paolo Polidori -. Io sono il titolare di una piccola azienda e questa bastonata mi mette in ginocchio: sto ancora pagando altre macchine e adesso mi ritrovo con 25mila euro di danni e mancati introiti. Ho esposto denuncia ai carabinieri e auspico che le indagini portino alla luce i responsabili. I distributori sono stati completamente distrutti: con calci e piedi di porco, e non solo per prendere soldi e merendine all’interno, ma con la volontà di demolire. Ho trovato pezzi delle macchine sparsi qua e là nei corridoi». Alcuni danneggiamenti, seppur più lievi, si sono registrati anche al Deledda. «Nella sede di via Cantù sono stati rotti due cancelli e tutte le serrature », ha commentato la preside Maria Cristina Rocco, presente ieri all’incontro in Provincia (i dettagli nell’articolo a fianco). È andata meglio nelle altre scuole, dove il problema principale è rappresentato ”solo” da sporcizia e disordine.
SCUOLE IN STANBY Questo è ciò che hanno trovato i presidi al loro rientro nelle scuole dopo più di una settimana di barricate. Scuole che, per il momento, non sono tornate alla normalità. Lunedì e ieri, infatti, la situazione generale è stata dominata dalla confusione: alcuni istituti sono rimasti in autogestione, in altri si sono svolte le lezioni, anche solo con uno o due alunni in classe. Certo è che molti, anzi moltissimi ragazzi ieri mattina erano in piazza Vittorio Veneto sin dalle 9, muniti di tamburi e fischietti, mentre i loro rappresentanti discutevano per ore all’interno di Palazzo Galatti.
IL CORTEO E, c’è da giuraci, anche oggi è improbabile un ritorno alla normalità in tutti gli istituti: alle 14.30 partirà da piazza Goldoni il grande corteo organizzato in occasione della giornata internazionale di mobilità studentesca. Alcuni studenti del Dante e del Carducci hanno annunciato che andranno in classe, ma muniti di elmetti per «proteggersi da eventuali crolli». Si presume che la protesta possa rientrare dappertutto solo domani.
MERCOLEDÌ, 17 NOVEMBRE 2010
LA VISITA
Tour al Dante tra bagni chiusi e infissi cadenti
Crepe sui muri e macchie di muffa, lampade tenute su col filo di ferro
Dove il degrado è più evidente
Via Giustiniano 3. L’indirizzo è quello del liceo classico e linguistico Dante Alighieri. Un edificio che può essere preso a emblema di come il ping pong di competenze e responsabilità possa rimandare dei lavori di ristrutturazione già in programma. In questa scuola, infatti, è da tempo previsto un intervento sull’intero edificio, che raggruppa il liceo e l’omonima scuola media: il primo è di competenza della Provincia, la seconda del Comune. Per problemi di misunderstanding i lavori sono fermi e la scuola, per il momento, rimane così com’è.
Per capire che il liceo Dante, così come quasi tutto il ”parco scuole” di Trieste, giace in pessime condizioni, non bisogna fare altro che entrarci. Appena messo piede nel palazzo, crepe nei muri e macchie di muffa spuntano ovunque. Si sale la prima scalinata e si arriva al primo piano, dove lo ”spettacolo” è garantito dai servizi igienici. In quelli maschili due porte sono ”sparite”, un orinatoio è rotto. I bagni al secondo piano – dicono i ragazzi – sono fuori uso da tempo e da circa un mese sono stati chiusi.
E poi è tutto uno scivolare lungo corridoi lunghissimi, che collegano da una parte all’altra il liceo alla scuola media. Dando un’occhiata qua e là all’interno di qualche aula, ecco che spuntano le lampade al neon, legate al soffitto con il filo di ferro, qualche angolo ”ammuffito”, finestre decisamente datate. «D’inverno, quando c’è Bora forte – raccontano alcuni studenti dell’istituto – alcune non possono essere nemmeno aperte. È la stessa dirigenza scolastica che lo dice, con le circolari. Sono vecchie e andrebbero rifatte, ed è rischioso aprirle quando le raffiche sono troppo forti».
Se contro la Bora non si può far altro che tenere le dita incrociate, meglio sperare anche che non piova. In quel caso, infatti, tenere le finestre chiuse non basta: nel Famedio l’acqua piovana si insinua costantemente, ”mangiando” pareti e soffitti. L’unico rimedio è armarsi di qualche secchio e di tanta pazienza.
Storie di ordinaria routine scolastica. Il liceo Dante Alighieri è solo uno dei tanti esempi di edifici datati e vetusti offerti dalla nostra città. Certo, come non mancano di far notare dirigenti scolastici e docenti, spesso il comportamento non proprio politically correct di alcuni studenti non aiuta, ma anzi peggiora situazioni già critiche. Ma, al di là di questo, non si può negare che brutture e problemi saltano all’occhio un po’ ovunque. Infiltrazioni, buchi nei muri, aule non usate e riempite di materiali a mo’ di magazzini, scale antincendio che sbucano in cortili chiusi (e in cui c’è mangari anche una caldaia), per non parlare di uscite di sicurezza semi-bloccate, servizi igienici e ascensori mancanti. Un capitolo a parte le paletre. Rare quelle ampie e funzionali. (el.col.)
MERCOLEDÌ, 17 NOVEMBRE 2010
È POLEMICA PER GLI INTERVENTI ALLE STRUTTURE SCOLASTICHE
Bassa Poropat: «Pochi soldi dalla Regione»
L’assessore Molinaro: «I finanziamenti ci sono, denaro speso male»
Molte scuole cadono a pezzi: è un dato di fatto. Ma di chi è la colpa? Per la Provincia i soldi trasferiti da Stato e Regione non sono abbastanza. Per la Regione, invece, i finanziamenti ci sono, e forse è Palazzo Galatti a non spenderli come dovrebbe.
È questo il concetto che ieri ha voluto esprimere l’assessore regionale all’Istruzione Roberto Molinaro. «La Provincia – spiega – è beneficiaria di consistenti assegnazioni finanziarie da parte della Regione. Con il Piano straordinario degli investimenti del 2003 la Regione ha erogato alla Provincia finanziamenti in conto capitale per 4.418.098,63 euro, destinati alla realizzazione di interventi a Petrarca, Oberdan, Volta, Nautico, Carducci e Ziga Zois. È stato poi assunto un impegno di spesa quindicennale che garantisce alla Provincia un ulteriore finanziamento di 7.639.500 euro. Nel triennio 2007-2009, infine, alla Provincia è stato assegnato l’ulteriore importo di 997.350 euro per la manutenzione dello Stefan e la succursale dello Ziga Zois. Inoltre il ministero delle Infrastrutture – continua – ha approvato un Piano straordinario per la messa in sicurezza degli edifici scolastici destinando alle scuole di Trieste 2.118.735,16 euro, cui si è aggiunto il finanziamento di 1.500.000 euro per il Galilei. La Cassa depositi e prestiti ha finanziato, nel 2004, opere di manutenzione per un totale di 846.608 euro, per Petrarca, Ziga Zois, Volta. È il momento che la Provincia chiarisca quanto e come ha utilizzato i finanziamenti concessi».
«Replicheremo punto per punto, dati alla mano – risponde la presidente Bassa Poropat -. I finanziamenti sono inadeguati e insufficienti. Scriverò al governatore Tondo e ai consiglieri regionali per evidenziare la necessità di un intervento straordinario, attraverso la legge Finanziaria, che garantisca maggiori risorse. In ogni caso, auspico che l’istruzione possa essere considerata un bene superiore alla strumentalizzazione politica». Ieri mattina, all’incontro con gli studenti in Provincia, erano presenti anche gli assessori De Francesco e Tommasini, che hanno ricordato che l’ente è impegnato non solo nella manutenzione ordinaria e straordinaria degli edifici scolastici, ma anche nelle spese generali (acqua, luce, gas, affitto delle palestre) e dell’impiantistica.
«Questa amministrazione – hanno spiegato gli assessori – nell’ultimo anno ha raddoppiato la posta relativa alla manutenzione ordinaria degli edifici, passando agli attuali 477.646 euro spesi annualmente». Per quanto attiene invece alla manutenzione straordinaria, sul Piano triennale delle opere 2009-2011 sono stati previsti interventi per oltre 22 milioni. Alcuni lavori sono già finiti, nella succursale del Deledda e del Galilei, al Carli, Dante e Ziga Zois. «Sono in corso di ultimazione – hanno evidenziato gli assessori – i lavori per la realizzazione di aule e laboratori al Volta, mentre in altri casi sono quasi ultimate le procedure di affidamento di gare e appalti per l’avvio dei lavori. Interventi strutturali ancora più rilevanti sono quelli di villa Giulia e dello Stefan. Nell’ultimo anno, tra le azioni avviate dall’amministrazione, c’è poi l’informatizzazione dei sistemi di rapporto tra le scuole e i servizi tecnici della Provincia per conoscere con precisione e immediatezza le emergenze».
Tra Regione e Provincia, dunque, chi ha ragione? Si ferma nel mezzo il sindaco Dipiazza, che spiega: «Spezzo una lancia a favore della presidente Poropat quando dice che le scuole richiedono investimenti ingenti e che, fino a pochi anni fa, nessuno ha mosso un dito. Per quanto riguarda gli edifici comunali, abbiamo dovuto rimboccarci le maniche: per due anni l’assessore Rossi e io abbiamo predisposto una serie di interventi per tamponare le situazioni più critiche. Poi abbiamo costruito dei piani di intervento massicci. Basti pensare che per la Ruggero Manna verranno spesi 3,8 milioni di euro». (el.col.)
L’ACCORDO
Edilizia scolastica, siglato il protocollo
I presidi si sono rifiutati di firmare il documento: «Non ci hanno coinvolti»
Controlli negli Istituti ogni sei mesi alla presenza dei ragazzi
Due firme su tre: quella degli studenti è arrivata, quella della Provincia pure. Quella dei dirigenti scolastici, invece, no. È finito così l’incontro di ieri mattina a Palazzo Galatti, considerato dagli studenti triestini freschi di occupazione l’ago della bilancia in questo periodo di mobilitazione. Al centro del confronto c’era il protocollo d’intesa sull’edilizia scolastica proposto dai ragazzi alla giunta provinciale e ai presidi. La prima, per mano della presidente Maria Teresa Bassa Poropat, ha accolto le richieste e siglato il documento. I secondi no.
Cosa prevede, dunque, questo accordo? Nella pratica, rinnova e arricchisce l’intesa già siglata il 10 marzo del 2009 da alcuni rappresentanti degli studenti e dalla Provincia. Con la firma di ieri si stabilisce che, in occasione dei controlli effettuati ogni sei mesi dai tecnici dell’ente sulle strutture scolastiche, siano presenti anche i delegati della Consulta provinciale degli studenti e i rappresentanti degli istituti interessati. In secondo luogo il protocollo impegna gli assessori competenti a riferire alla Consulta, tre volte l’anno, sull’andamento dei lavori e degli interventi messi in atto nelle scuole. Infine, istituisce una sorta di conferenza annuale sull’edilizia scolastica (comprensiva della rappresentanza studentesca, dei presidi e dell’amministrazione provinciale) che, prima di ogni bilancio preventivo dell’ente, dovrà esprimere un parere obbligatorio (non vincolante) sull’entità e sull’utilizzo degli stanziamenti previsti.
Per gli studenti presenti nella sala del Consiglio provinciale, dove si è svolto l’incontro, quello di ieri è stato un passo «significativo». «Se non fossimo riusciti a raggiungere l’accordo – ha commentato Riccardo Laterza, della Consulta degli studenti – avremmo dovuto continuare la protesta, individuando nuove modalità. Che i dirigenti scolastici non abbiano voluto firmare l’accordo per noi non è così grave».
A non convincere i presidi sono state le modalità dell’eleborazione del documento, come spiegato dal coordinatore dei dirigenti scolastici Franco De Marchi, che ha spiegato: «Un’intesa, per dirsi tale, deve essere concordata tra le parti. Noi, invece, siamo stati messi davanti al fatto compiuto: non abbiamo potuto analizzare il testo e non abbiamo nemmeno preso parte al precedente accordo, del 2009». I dirigenti si sono comunque ripromessi di portare e analizzare il documento nei rispettivi consigli di istituto. (el.col.)