TRIESTE: le scuole occupate resistono!

VENERDÌ, 12 NOVEMBRE 2010

 

STILATO UN DOCUMENTO CHE ELENCA TRE OBIETTIVI

«Vogliamo risposte», scuole occupate a oltranza

Tra le richieste degli studenti un tavolo sull’edilizia. Primo incontro con Beltrame e Tommasini

di MADDALENA REBECCA

 

L’attivazione di un tavolo tra studenti e Provincia per capire come e dove vengono spesi i fondi dedicati all’edilizia scolastica. L’organizzazione, ogni sei mesi, di controlli sulla sicurezza nei singoli istituti affidati ad esperti. L’impegno a destinare alle scuole pubbliche tutte le risorse attualmente riservate agli istituti privati.

Sono i tre obiettivi fissati dalla protesta delle scuole superiori cittadine, arrivate oggi al quinto giorno di occupazione (autogestione al Deledda). Tre rivendicazioni messe nero su bianco ieri mattina al termine di un’assemblea al Carducci, dalle quali dipenderà la durata dell’agitazione. Fino a quando non verranno esaudite le richieste, o perlomeno fino a che non arriveranno garanzie serie in grado di far immaginare un loro rapido accoglimento, infatti, i ragazzi sono assolutamente decisi a resistere, e quindi occupare, a oltranza.

Un proposito dal quale, però, potrebbero essere costretti a recedere per cause di forza maggiore. Nelle ultime ore infatti sono diventate sempre più insistenti le voci di possibili sgomberi dei presìdi organizzati dagli studenti. La Digos, sempre secondo le versioni arrivate alle orecchie dei ”rivoltosi”, sarebbe cioè sul punto di metter fine alla protesta plateale per garantire la ripresa delle lezioni, quantomeno all’inizio della prossima settimana.

Nell’attesa i ”barricaderi” continuano imperterriti la loro battaglia, segnando già qualche punto a loro favore. Ieri infatti hanno ricevuto al Volta la visita del direttore scolastico regionale Daniela Beltrame e, poi, si sono incontrati con l’assessore provinciale Mauro Tommasini. «Entrambi sono rimasti a bocca aperta sentendo il racconto delle vergognose situazioni di molti istituti scolastici – spiega Tommaso Gandini del liceo Dante -. Nessuno, per esempio, poteva credere che la scala antincendio del Deledda portasse nel cortile interno dove si trova la caldaia, o che il Nautico avesse navi scuola del tutto inutilizzabili».

Oltre ad esporre il lungo cahier de doleances, ieri i rappresentanti delle scuole occupate hanno chiesto anche risposte sui tre punti inseriti nella piattaforma di rivendicazioni. Risposte che arriveranno forse già la settimana prossima. Tanto Beltrame quanto Tommasini, infatti, si sono impegnati a riconvocare nuovi incontri nei quali coinvolgere anche l’assessore regionale all’Istruzione Roberto Molinaro e tutti i dirigenti scolastici.

 

«Nell’Italia cialtrona delle veline ci sono ragazzi che discutono di Annibale e metodi didattici»

di PAOLO RUMIZ

 

Ero curioso di vedere che faccia avessero i ”sovversivi” che occupano il liceo Petrarca contro i tagli della riforma Gelmini, l’ennesima che smantella la scuola pubblica italiana. Così, l’altro pomeriggio, al volo, ho accettato di tenere una lezione nella sede presidiata. Non era solo una vaga solidarietà per chi spera ancora che le cose cambino nella terra del Bunga Bunga. Era soprattutto curiosità generazionale. Volevo conoscerli, leggerli negli occhi.

Così mi sono inventato una lezione su Annibale, il mio eroe, ho messo nello zaino un po’ di Polibio e Tito Livio, un volumazzo di Arnold Toynbee e persino un libro sugli esperimenti di Archimede (morto nell’assedio di Siracusa, schieratasi con i cartaginesi) e mi sono presentato ai cancelli della scuola per essere ammesso alla palestra, lo spazio deputato delle assemblee e degli incontri. L’invito era nato così velocemente che non c’era stato il tempo per un annuncio o un semplice passa-parola. Arrivavo quasi di sorpresa.

Nonostante questo s’è raccolta all’istante una platea di un centinaio di ragazzi che si sono ordinatamente seduti per terra ad ascoltare. Intorno c’era pulizia, solo qualche segno di bivacco. Insomma, tutto in ordine. Ho spiegato chi ero, poi mi sono arrampicato sulle Alpi assieme agli elefanti del condottiero africano che seminò il terrore a Roma. E qui, posso dirvelo, è stato magnifico. Loro si sono stretti attorno come in un cenacolo greco e man mano che la storia si articolava vedevo accendersi un’attenzione che mai avrei sperato di incontrare.

Da vecchio pessimista e brontolone, ero venuto senza fiducia. E invece ora guardavo i loro occhi attenti, talvolta commossi, e mi sorprendevo a pensare: ma come fanno a essere così belli nonostante noi, nonostante una classe politica che dà loro l’unica libertà di un infinito consumo e di un interminabile happy hour? Come facevano a essere così vivi nonostante la nostra televisione e i modelli che essa propone, l’Italia cialtrona delle veline? Ci pensavo così forte che a volte il pensiero interferiva col racconto annibalico e mi imponeva una piccola sosta per raccogliere nuovamente le idee.

Che fanno gli altri vecchi brontoloni come me? Non amo la parola ”intellettuali”, ma non so come definire altrimenti le persone che vorrei si togliessero i panni curiali per tenere una lezione ai ragazzi della protesta, una lezione seria su un grande tema della nostra storia e cultura. Glielo dobbiamo. L’altra sera raccontavo lo schieramento delle legioni alla battaglia di Canne, evocavo il senso anche olfattivo di un campo di morte con settantamila cadaveri, ma pensavo anche all’abbandono in cui la mia generazione lascia i giovani da un ventennio.

Parlavo della marcia pazzesca del console Nerone che in pochi giorni portò le sue legioni dalla Puglia alle Marche per affrontare Asdrubale sul Metauro, e intanto rammentavo che, alla loro età, i miei coetanei – me compreso – in caso di occupazione sarebbero stati meno governabili, magari capaci di trasformare i loro licei in un’orgia di vaniloquio e talvolta in un porcaio. Dicevo del veleno preso da Annibale alla fine della sua vita e nel frattempo pensavo che quei ragazzi erano meglio di come vengono dipinti sui nostri giornali.

Ecco. Non vorrei restare il solo ad aver fatto lezione. Chiedo che altri si presentino ai cancelli di questi ragazzi. Sarebbe un segno di civiltà aiutarli e ascoltarli. Farli sentire meno soli. Prenderli sul serio. Uscire dalla logica poliziesca del muro-contro-muro. Specie in una città dove la cultura è scesa a livelli mai visti, una città nella quale persino la musica libera viene criminalizzata, dove la politica che conta è capace di disertare un concerto di Muti ma non di impedire il barbaro ”bum bum” di notte fonda che tanto piace agli esimi amministratori.

A fine storia mi sono fermato a parlare con loro. «Dica che non siamo fannulloni» mi hanno chiesto. «Scriva che lavoriamo, che organizziamo corsi di teatro, dica che domani iniziamo a discutere punto per punto la riforma Gelmini». Un’altra voce: «I genitori ci dicono che l’occupazione non serve a niente, e non nego che abbiano ragione. Ma dopo due anni di presa in giro, due anni senza ascolto, che altra arma ci rimane per far sentire la nostra contrarietà a questi tagli?». E ancora: «Loro si preoccupano del costo della scuola, noi ci preoccupiamo del costo dell’ignoranza». Frasi come rasoiate.

Una giovane bruna dallo sguardo calmo ricordava che un anno fa era stata presentata in consiglio regionale una legge fatta dagli studenti, ma tutto è finito nelle paludi dell’oblio. «Ci dicono che non sappiamo di cosa stiamo parlando, invece lo sappiamo benissimo», spiegava una compagna; «Domani iniziamo a discutere sui metodi didattici adottati all’estero e sul rapporto tra la riforma italiana e le direttive europee». Imparavo da loro, non credevo alle mie orecchie. Poveri ragazzi, truffati, come noi tutti, dopo anni di tasse pagate inutilmente.

Che futuro avranno questi giovani in un paese che taglia le spese su tutto, blocca le supplenze e le gite scolastiche, non ha soldi nemmeno per le fotocopie e la carta igienica, e mette la scuola nella condizione di dover pitoccare contributi obbligatori alle famiglie? Che ripresa economica può esserci senza investimento sulla scuola, la cultura e la ricerca? Cosa resterà della ”Res publica” quando sarà venduto anche l’ultimo soprammobile? Nelle tasche di chi sono finiti i soldi destinati ai nostri figli e nipoti? Ma soprattutto: dov’è finita la nostra capacità di indignarci?

 

MA DISTANTI DALLE FORME DI LOTTA

Petrarca, 42 docenti appoggiano i giovani

 

In una lettera sottoscritta da 42 docenti del liceo classico e linguistico Francesco Petrarca viene espressa «preooccupazione» a seguito dell’occupazione in atto nell’istituto. «Pur avendo noi idee diverse – si legge nel testo – sulle opportunità di certe forme di lotta, facciamo presente che le motivazioni e le preoccupazioni degli studenti sono assolutamente fondate, poiché in questo periodo storico molto si sta decidendo sul destino della scuola pubblica e sull’accesso all’istruzione nel nostro paese». Gli insegnanti ricordano ancora che la riforma per adesso ha agito su due elementi: «Il taglio drastico delle spese… e la riduzione netta di ore di insegnamento». Al Petrarca, viene sottolineato, «il primo anno del Linguistico è passato da 35 a 27 ore settimanali. Ciò ha comportato una riduzione del personale scolastico, insegnante e non, e un peggioramento delle condizioni di lavoro». «La protesta giovanile va guardata con rispetto – concludono – e aiutata a maturare, non ricondotta con la forza o con la svalutazione nell’acquiescenza».